Web 2.0 e aziende: webmarketing ma non solo

Edelman, una delle maggiori agenzie di Pr a livello internazionale, ha avvisato le aziende già nel 2005, dicendo loro: "Attenzione, là fuori si parla di voi. Che lo vogliate o no". Qualcuno, anche in Italia, ha raccolto la sfida, come Ducati e Repubblica, facendo di strumenti come blog e wiki veri e propri tesori di informazioni utili. Ecco come strumenti che sembrano appannaggio del mondo consumer, soprattutto giovane, diventano business

Pubblicato il 04 Giu 2007

Alla fine degli anni ’90, David Weinberger, insieme a Christopher Locke, Rick Levine e Doc Searls, ha scritto e messo in rete il Cluetrain Manifesto (www.cluetrain.com ), in cui con 95 tesi veniva data una visione del Web. “I mercati sono conversazioni”, è la prima tesi, “Queste conversazioni stanno facendo nascere nuove forme di organizzazione sociale e nuovo scambio della conoscenza” recita la nona. E via delineando un mondo fatto di persone, di trasparenza, di intelligenza collettiva.
Contemporaneamente arrivavano sul mercato software per gestire queste coversazioni, i blog, e poi piattaforme per poterli creare e gestire. E i blog sono diventati migliaia e poi milioni, discutendo di tutto, di scienza, tecnologia, cibo, sport, politica, ecc.Nella primavera 2005 Edelman (www.edelman.com ), la maggior agenzia di Pr a livello mondiale, pubblica con Intelliseek (www.intelliseek.com ), il report “Trust MeDIA – how real people are finally being heard”, in cui registra il fenomeno e lancia un richiamo alle aziende: “guardate che là fuori, nella blogosfera, si parla anche di voi. Che lo vogliate o no, si parla di voi. Se voi non ci siete, se ne parla lo stesso”. Da allora si moltiplicano i blog aziendali in cui qualcuno, a volte lo stesso amministratore delegato, come nel caso della Ducati ), entra in Rete in prima persona. Ecco come il sito Ducati presenta la cosa: “Federico Minoli, presidente e amministratore delegato di Ducati, lancia il nuovo Desmoblog, online da venerdì 10 marzo 2006. In questo blog, ovvero un diario online, Federico Minoli racconterà direttamente cosa accade in Ducati e nel mondo dei Ducatisti: le decisioni che riguardano i nuovi prodotti, gli eventi Ducati nel mondo, le strategie aziendali, i “dietro le quinte” dai circuiti di gara e molto altro ancora”. Desmoblog pare abbia molto successo, perché Minoli parla in prima persona, accetta le critiche, discute con i lettori con la massima trasparenza. E questo è il segreto perché il webmarketing, perché di questo si tratta, abbia successo. Infatti, in molti altri casi l’esperimento non ha avuto altrettanto successo: la rete è come l’acqua, in cui i suoni si trasmettono velocissimi e a grande distanza. E i blogger sono attenti, ipercritici, e cattivissimi quando sentono anche soltanto lontanamente sentore di marketing addomesticato, di furbizia da venditore di fumo. E il disastro incombe. Come quando Sony (www.sony.com ) tentò di negare che i Drm, gestori di diritti nei suoi Dvd, fossero potenzialmente pericolosi per gli utenti. Una valanga di commenti worlwide li ha costretti a un precipitoso dietro front.
Ma se l’azienda abbandona l’idea della furbizia le potenzialità sono enormi: se si mette in ascolto, riceve una tale mole di feedback sui suoi prodotti, sulla qualità del servizio, che sono una vera e propria miniera. Una ricerca affidata a una qualsiasi azienda specializzata costerebbe molto, ma molto di più. E c’è da considerare il fatto che il target dei blogger è tutt’altro che ininfluente: i lettori di news che si allontanano dai media tradizionali sono 70 milioni, con un’età che va dai 18 ai 34 anni (fonte: emmebi.blog). Sono esattamente quelli che sfuggono alle ricerche di mercato tradizionali.
La concorrenza tra media mainstream e blog è l’altro tormentone del momento: la concorrenza è di nicchia, ma quasi tutti i grandi media americani e inglesi hanno messo a disposizione dei loro lettori (e degli opinionisti) dei blog per intrattenere relazioni dirette. Qui da noi lo fa Repubblica (www.repubblica.it ).
Ma vi sono due altri aspetti interessanti del social networking per le aziende: le comunità professionali e i wiki.
Le comunità professionali, la più antica è Linkedin (www.linkedin.com ), sono luoghi/servizi in cui una persona può inserire e rendere pubblici il proprio curriculum, le proprie esperienze, evidenziare siti o blog personali, inserire una rete di contatti, cioè di persone che usano lo stesso servizio. Questi poi possono fare un endorsement (cioè esprimere un giudizio sulla professionalità e affidabilità altrui). A questo punto si crea una rete di relazioni di livelli differenti: i contatti diretti, quelli di secondo livello (i contatti di un mio contatto) e via dicendo. Se cerco un partner, un cliente, un profilo professionale, posso fare una ricerca nella piattaforma e verificare se è in contatto con qualche componente della mia rete.
Il wiki, o i wiki (in hawaiano significa rapido), sono in pratica usati dalle aziende per la cooperazione dei team. Ziff Davis Media (www.ziffdavis.com ), editore tecnologico Usa, utilizza Socialtext (www.socialtext.com ), un enterprise wiki, per condividere idee sugli articoli e fissare un calendario per le uscite. Poi è passata alla gestione, coordinamento e programmazione delle richieste quotidiane. Hanno calcolato un risparmio medio di tempo del 25%. Un libro appena uscito di Sperling&Kupfer (www.sperling.it ), “Oltre Wikipedia”, di Jane Koblas, è ricco di spunti per il loro utilizzo.

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