Il settore del Commercio e della Grande Distribuzione sta oggi attraversando una fase di profonda trasformazione, con tutte le complessità che ne derivano, caratterizzata da processi di concentrazione e fusione tra operatori, di contrazione dei consumi, di marginalità in calo, ma anche da cambiamenti nei modelli di consumo e dall’utilizzo crescente di canali alternativi a quelli fisici da parte dei consumatori. Diventano premianti in questo scenario fattori competitivi nuovi: la capacità di posizionarsi all’interno di filiere intersettoriali e geografiche lunghe, con le innovazioni nelle catene logistiche che ne derivano; la capacità di conoscere e profilare il cliente; la velocità nel rispondere alle evoluzioni dei gusti dei consumatori anche attraverso campagne di marketing efficaci; la capacità, infine, di attuare una strategia di vendita e contatto con il cliente basata sull’utilizzo combinato di canali fisici e virtuali che consentano una interazione costante con il cliente e una sua fidelizzazione.
Conoscenza del cliente, flessibilità, time-to-market, interattività e velocità diventano i nuovi paradigmi competitivi dell’azienda sul mercato, ma anche dell’Ict nei confronti dell’azienda stessa. Il caso Ikea, presentato nel corso del Convegno Finaki di giugno, che ha ridisegnato la propria strategia attraverso la combinazione tra l’aumento del livello di integrazione di tutta la supply chain e la catena del valore da un lato e la multicanalità orientata alla vicinanza fisica e virtuale al cliente per creare una “New Ikea Experience” dall’altro è esemplare in questa direzione. Dotarsi di queste nuove caratteristiche competitive diventa ancor più urgente per le aziende del settore in considerazione del fatto che stanno entrando nello scenario competitivo soggetti appartenenti a mondi lontani, come ad esempio Amazon e Google, che intendono coprire tutta la catena di contatto, vendita e distribuzione, anche fisica, al cliente finale attraverso servizi innovativi.
Un altro caso di innovazione e ampliamento della catena del valore è quello di Volvo che fornisce un servizio di consegna di merci acquistate online dal possessore di una “connected car” direttamente nel bagagliaio della sua auto che viene localizzata dal gestore del servizio e aperta attraverso un codice temporaneo che la richiude immediatamente a consegna avvenuta.
È evidente come una trasformazione di questa portata richieda alle aziende del Commercio e della Grande Distribuzione, ma il principio vale in generale per le aziende di tutti i settori, un intervento innovativo contestuale a livello di processi e tecnologie nell’ambito di una strategia complessiva di cambiamento dell’intero contesto aziendale.
Cio: propulsori e registi del ridisegno digitale
Il Cio e la funzione Ict dovrebbero in questo senso fungere da propulsori e registi di un ridisegno in senso digitale dell’azienda sia nella sua organizzazione interna e nel suo modello di funzionamento sia nella relazione con i partner, i clienti e il mercato.
Rispetto a questo obiettivo la situazione reale nelle aziende italiane evidenzia molti gap da superare.
– I budget Ict sono in calo in Italia da alcuni anni e la parte preponderante di essi è destinata alle operations, mentre quella relativa agli investimenti è minima e non è in grado di sostenere interventi innovativi di natura strutturale come quelli richiesti in un percorso di migrazione verso l’azienda digitale.
– I vincoli di budget derivano non soltanto da ragioni economiche, ma da una limitata cultura informatica nelle aziende e da una ancora scarsa percezione da parte del Top Management dei benefici che l’Ict può generare sui livelli di efficienza e competitività dell’azienda, anche se si riscontra una maggiore curiosità verso il digitale.
– La combinazione tra vincoli di budget e scarsa cultura informatica nel Top Management limitano la capacità decisionale del Cio; inducono interventi con ritorni sul breve periodo e sono concepiti più in chiave tecnologica che non di impatto sull’efficienza ed efficacia dei processi.
– Il Cio nel contesto italiano ha una ancora scarsa competenza nell’uso delle tecnologie e applicazioni del mondo digitale e ciò lo pone in conflitto con i responsabili di alcune funzioni aziendali, in primis il marketing e le vendite, che operano a volte scelte in autonomia non condivise con il Cio
– Il disallineamento tra Cio e responsabili di business rende le innovazioni introdotte da questi ultimi spesso episodiche e non coerenti con una visione aziendale sistemica e integrata, in tema di interoperabilità delle applicazioni e standard di sicurezza.
Quanto è importante il ruolo dei vendor nel supportare il Cio nel superamento di questi gap? La risposta a questo quesito può essere tratta dalle due survey, realizzate da Finaki-ZeroUno-NetConsulting in preparazione all’incontro di Taormina (vedi servizio a pag. 6) che hanno evidenziato una differenza importante di punti di vista tra Cio e vendor: mentre i Cio giudicano che il vendor abbia competenze di processo e capacità di fornire soluzioni integrate, ma difetti di visione prospettica, di flessibilità contrattuale e di disponibilità a condividere investimenti su progetti innovativi, i vendor imputano al Cio una scarsa propensione al cambiamento e all’assunzione del rischio, e una relativa capacità di guidare i processi di trasformazione digitale del business.
Dunque il cammino da percorrere verso la Digital Enterprise è lungo e complesso e va necessariamente inquadrato all’interno di un progetto basato su una visione sistemica, da cui discendano linee guida e tempi di realizzazione precisi, tenendo bene a mente il principio che digitalizzazione non significa automatizzare i processi esistenti utilizzando un approccio tipico dell’”era Ict”, ma significa trasformare processi, modelli organizzativi e operativi, approccio al cliente e al mercato utilizzando tutto il potenziale innovativo del mondo digitale.
Il Cio deve riappropriarsi di una funzione di leadership dell’innovazione digitale, acquisendo innanzitutto nuove competenze, oltre a migliorare quelle attuali in area tecnologica. Ma per fare questo deve agire su vari fronti.
Un’indicazione importante a questo fine deriva dalle società di recruiting che per conto delle aziende più innovative ricercano Cio dotati di un mix di competenze, oltre a quelle “digitali”: da quelle di business a quelle manageriali, a quelle di ruolo.
Non si tratta quindi soltanto di una figura di Digital Information Officer attento a costruire un front end efficace ed efficiente verso il cliente finale, ma di un Digital Enterprise Officer, dotato di competenze molteplici, propulsore e regista di un’innovazione strutturale dell’intero sistema aziendale in chiave digitale.
È questa una figura di Cio “Revenue Driven” che supera quella più tradizionale del Cio Efficiency and Cost Driven che per realizzare obiettivi così sfidanti deve avere il coraggio della discontinuità e dell’assunzione del rischio, attraverso un insieme di iniziative e di azioni che coinvolgono tutta l’azienda e che ne consolidino la credibilità.
Le proposte
Le azioni individuate durante il workshop che possono essere intraprese e attuate nel breve dal Cio nell’ambito della propria azienda sono le seguenti:
- elaborare un piano digitale sistemico (Digital Design) per la realizzazione della Digital Enterprise che privilegi la realizzazione di progetti che diano risultati di grande visibilità interna sul breve e medio periodo;
- stabilire un dialogo con i colleghi responsabili di business finalizzato al concept e alla realizzazione di progetti, attraverso un approccio co-innovativo che renda sinergiche le rispettive competenze e la costituzione di team misti, riducendo o eliminando così la funzione del Demand Manager;
- aumentare il grado di conoscenza e di consapevolezza dei vantaggi derivanti dall’innovazione digitale attraverso la partecipazione dei responsabili di business a study tour e a workshop interni;
- acquisire una maggiore capacità di ascolto del cliente interno e migliorare la comprensione del problema e della velocità di risoluzione di esso o della realizzazione di un’idea innovativa;
- investire tempo nella relazione con i responsabili di business, in particolare il Cmo e il Top Management, recuperando tempo e risorse dalla gestione operativa dell’Ict.
Questo insieme di azioni richiede che anche la funzione Ict venga innovata al proprio interno passando dal paradigma Ict a quello digitale come fattore costitutivo. L’agenda del nuovo Cio deve prevedere l’acquisizione in tempi brevi di nuove competenze e la capacità di:
- concepire e supportare progetti finalizzati a creare e sviluppare la customer experience interna ed esterna in un contesto digitale;
- estrarre valore dal patrimonio di dati aziendali e di analizzare grandi basi di dati mettendoli al servizio delle strategie aziendali;
- migliorare l’interazione tra tecnologie e comportamenti nuovi; qualcuno ha parlato in questo senso di un Cio come Digital Anthropologist;
- collaborare con le startup per utilizzarne il potenziale innovativo;
- agire come broker di soluzioni, applicazioni e tecnologie, avendo una vista completa sulle problematiche tecnologiche e una comprensione contestuale di quelle business, derivante quest’ultima dalla collaborazione con i responsabili di funzione;
- coordinare interventi sui front end e back end, tra tecnologie e servizi digitali e ambiente legacy.
Si tratta, in definitiva, di una reinvenzione dell’Ict, motore di una reinvenzione dell’azienda in ottica digitale, che trova alimento nelle disponibilità del Cio ad assumersi il rischio della discontinuità, sperimentando e utilizzando direttamente varie forme digitali (Sensor, Mobile, Social), osservando i modelli d’uso degli strumenti digitali da parte dei giovani e capitalizzando l’uso innovativo che nella loro vita privata fanno di questi strumenti gli stessi dipendenti.
Ma la risorsa fondamentale, per la realizzazione di questa trasformazione strutturale, è la creazione di nuove competenze e l’innovazione di quelle esistenti. In sintesi la transizione delle aziende italiane verso l’era digitale dipenderà dalla diffusione al proprio interno della cultura digitale a tutti i livelli e dalla qualità delle competenze di coloro che vi operano.
*Giancarlo Capitani, Presidente e Amministratore delegato di NetConsulting