Il primo convegno dell’Osservatorio 5G & beyond del Politecnico di Milano sancisce l’importanza attribuita alla nascente tecnologia. “Anche altre tecnologie radiomobili hanno avuto un impatto significativo, eppure non abbiamo creato osservatori dedicati – esordisce Antonio Capone Responsabile Scientifico dell’Osservatorio – Crediamo che il 5G rappresenti un cambio di passo, non solo una tecnologia abilitante ma un ecosistema che ridisegna la catena del valore”.
Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, ribadisce: “Il 5G non è una banale trasformazione ma una vera disruption nella sua fase iniziale”.
Una nuova generazione di reti, fra cui il 5G, entra nel bel mezzo di una rivoluzione industriale in corso: “Negli ultimi dieci mesi si è verificata un’altra disruption inaspettata come la pandemia che ha dimostrato l’importanza del digitale e delle reti non solo per reagire ma anche per creare un nuovo futuro”, aggiunge Rangone, sottolineando il ruolo chiave delle nuove reti di telecomunicazione, senza le quali non si abilita la quarta rivoluzione industriale né si creano le condizioni di resilienza per il new normal: ”Reti come sistema nervoso del nostro futuro”. Il 5G è dunque una grande opportunità che va ben compresa nelle sue implicazioni giocando in una logica di ecosistema.
Le cinque cose da sapere sul 5G
Per meglio spiegare in cosa consista la differenza del 5G rispetto ad altre tecnologie mobili che l’hanno preceduto, Capone ricorre a cinque parole chiave, di seguito elencate.
1) La Velocità è importante ma non è l’unico requisito, come ben evidenzia la figura del triangolo ITU, ben nota a chi si sia, anche superficialmente, occupato di 5G. I vertici di figura 1 indicano tre dimensioni fisiche fino ad oggi inconciliabili fra loro come velocità (fino a 10 GB/s, enanched Mobile BB), maggiore affidabilità a minore latenza (fino a 1-2 ms, URLLC), aumento di dispositivi connessi a basso consumo energetico (fino a 1milione per Km2, mMTC). All’interno del triangolo sono evidenziate le applicazioni del 5G.
2) La virtualizzazione, parola nota nell’IT, in ritardo nel mondo reti, ora realizzabile grazie allo slicing che consente di creare sulla stessa infrastruttura fisica più reti virtuali con servizi ritagliati sulla base delle applicazioni. “Amplia le opportunità e ridisegna la flessibilità della catena del valore aprendola a nuovi attori in un modo ancora da scoprire “, spiega Capone.
3) Il calcolo, che si sposta verso i bordi della rete, vicino al luogo dove nascono i dati e dove viene generata la latenza (edge computing). “La rete non è più vista come un insieme di tubi dove fluiscono i bit – sottolinea Capone – Il 5G la trasforma in una piattaforma di calcolo per le applicazioni e i servizi”.
4) L’orizzonte temporale per il pieno dispiegamento delle potenzialità del 5G è di 3-4 anni; il triangolo in figura 1 va visto in un’ottica evolutiva. Ora siamo alla fase 1 (release 15) e solo alcuni dei servizi indicati sono già disponibili. La fase 2, associata alla release 16, è prevista nel 2021 portando con sé maggior affidabilità, bassa latenza, servizi di localizzazione, che abiliteranno le applicazioni industriali più avanzate. Si dovrà aspettare fino al 22 per la fase 3 (release 17) per una nuova interfaccia radio per i servizi mMTC e il supporto dei servizi a ritardo garantito che apriranno la strada a IoT a banda stretta.
5) “I timori per la salute hanno a che fare con fake news e disinformazione”, dichiara Capone. I rischi per la salute derivano dall’interazione delle radiofrequenze con il corpo umano: il 5G impiega frequenze comparabili a quelle degli attuali sistemi. L’ ICNIRP (l’ente che definisce le normative per le radiazioni non ionizzanti) ha aggiornato le linee guida confermando la validità dei limiti. Senza contare che quelli consentiti in Italia sono 100 volte inferiori a quelli degli altri paesi europei.
5G, opportunità e criticità: ci vuole un ecosistema
Siamo all’interno di un percorso, partito lo scorso anno con le sperimentazioni avviate dal Mise, seguite dai primi lanci commerciali. Oggi sono 10 le città e 30 i comuni più piccoli connessi con il 5G e ci si aspetta un massiccio investimento per ampliare le coperture. Con la release 17 che completerà gli aspetti tecnologici, si prevedono, dopo il 2022, miliardi di dispositivi connessi.
Affinché tutto ciò si realizzi, serviranno investimenti in infrastrutture, la co-progettazione per gestire le applicazioni per i diversi settori verticali: “Va però evitato il rischio di dispersione di progettualità per il lancio di smartphone per mercato consumer che non rappresenta il target principale del 5G – avverte Capone che suggerisce un percorso in cui l’infrastruttura si costruisca per strada – Si potrebbe partire con una logica B2B senza aspettare la piena maturità della tecnologia prima di provarla”. Serve intelligenza per progettare applicazioni in grado di supportare l’evoluzione, cogliere le opportunità della tecnologia nel momento in cui si rendono disponibili, gestire l’applicativo anche con “buchi” di copertura fra una tecnologia e l’altra.
Un ruolo centrale sarà svolto dalla creazione dell’ecosistema. “Stiamo smontando il mondo tradizionale delle telecomunicazioni per ricomporlo e collegarlo in modo diverso; ruoli tradizionali si stanno ridisegnando e nuovi attori stanno entrando – spiega ancora – Serve dunque ridefinire l’ecosistema da diversi punti di vista, oltre quello delle tecnologie della connettività; servono altri ambiti come cloud, robotica, realtà aumentata, etc. Serve una co-progettazione con la capacità di condividere, con attori che prima erano clienti, i requisiti che le applicazioni richiedono”. Non si può d’altra parte ignorare che la qualità alta e garantita richiede investimenti, spesso co-investimenti, nel contesto delle applicazioni dedicate, servizi 5G tagliati per le applicazioni ad alto valore che andranno standardizzate per poter ammortizzare gli investimenti stessi.
5G: come valutare i quali benefici
Per valutare i benefici, l’Osservatorio ha definito una metodologia che deve partire dalla comprensione delle capability della nuova tecnologia e dalle possibilità del ridisegno del processo che abilita ma va oltre, come sostiene Giovanni Miragliotta, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio. “Serve un’analisi dettagliata dei requisiti dal punto di vista delle performance, del livello di servizio, della robustezza – spiega – Ma nell’esame dei casi d’uso non ci siamo limitati a valutare il recupero economico e la maggiore efficacia del processo ma abbiamo cercato di capire l’impatto complessivo sul modo di lavorare, sulle persone, sulla società”.
Nel 2019 la metodologia è stata sviluppata e testata (in collaborazione con la Fondazione Bordoni e Vodafone) e sono stati analizzati casi d’uso per arrivare a una prima quantificazione del valore, lavoro proseguito nel corso del 2020.
Due sono gli esempi: l’ambulanza connessa nel caso debba soccorrere un paziente infartuato e il remote commissioning per il pilotaggio da remoto di una gru portuale.
Nel primo caso, con dati limitati alla Lombardia, si è calcolata una riduzione del tempo di intervento del 10% con la conseguente maggior produttività dell’ambulanza a la diminuzione del mortality rate.
Nel secondo caso, oltre ai benefici per i processi, si è analizzato l’impatto sul modo di lavorare, valutando la maggiore autonomia, il minore stress, la sicurezza derivante dalla supervisione di personale esperto a distanza.
“Quando si misura il valore si deve anche confrontare con il costo/opportunità di stare fermi”, conclude Miragliotta con l’invito a partire subito anche in modalità sperimentale senza aspettare che lo scenario sia maturo. Allora sarà tardi.