Va subito ben inquadrato l’obiettivo dell’incontro: partire dalla consapevolezza che la presenza oggi sul mercato di tecnologie Ict “disruptive” quali soluzioni di big data, cloud, ma anche diffusione estrema di mobility e necessità/opportunità nuove di collaboration attraverso i social networks, mettono di fronte i sistemi informativi, e i Cio nello specifico, a un bivio professionale, organizzativo e culturale: essere da freno oppure acceleratore e leader del cambiamento, facendo prevalere la dimensione, da un lato, di rischio e di complessità, oppure, dall’altro quella di vantaggio atteso e nuova opportunità di business. Si tratta, in pratica, di saper accettare la sfida declinando queste tecnologie in una dimensione radicalmente diversa dal passato, per quanto riguarda la tradizionale cultura del Cio: andare cioè oltre la prospettiva tecnologica, prestazionale, di integrazione associata all’esistente architettura dei sistemi informativi, per agevolare piuttosto un utilizzo di queste nuove tecnologie che sia pervasivo all’impresa e soprattutto consenta di accelerare il processo di digitalizzazione. È la strada verso quella che Forrester ha definito “Business Technology”, una digitalizzazione spinta dei processi aziendali che determina efficienza e nuove opportunità di business
La visione business
Oggi le cose stanno cambiando, ma non possiamo nasconderci che, fino a pochi anni fa, la cultura It rifuggiva abbastanza dalla declinazione business. Il “brodo di coltura” era la tecnologia, le caratteristiche architetturali e prestazionali, le complessità di governance e di integrazione da gestire; l’evoluzione della complessa macchina tecnologica. Oggi tutto questo è una parte, e a tendere sempre meno predominante, del ruolo dei sistemi informativi.
Al tavolo di lavoro di Finaki, è emersa, su questo tema, la necessità di favorire, come It, delle convergenze (tra It/Cio – Lob/top management – vendor /system integrator) senza le quali la funzione strategica dei sistemi informativi è disaggregata, parziale e non recepita appieno nel suo aspetto strategico. Si è detto, durante l’incontro: “Se il vendor non rivede radicalmente i suoi modelli interni e il proprio go-to-market, segue la strada a lui più rapida e cerca di disintermediare i sistemi informativi rivolgendosi direttamente ai business manager”. E ancora: “Si fa un gran parlare di ’shadow It‘, quelle tecnologie, hardware e software che entrano in azienda, e che sono sempre meno governate, quando non del tutto sconosciute, dall’It. Ma l’esigenza vera che sta dietro a questo fenomeno – hanno ammesso alcuni Cio – non è quella di indipendenza e di anarchia fine a se stessa, bensì quella di poter lavorare meglio, di poter essere più vicino al cliente finale dell’azienda, di avere maggiore efficacia nel proprio lavoro. Se l’It non capisce questo punto di vista e si ferma alla dimensione tecnologica e architetturale del problema, verrà sempre più marginalizzato”. Quindi, come si diceva, esiste la necessità che i tre attori primari di questo scenario, It-Lob-vendor, condividano un comune disegno di cambiamento finalizzato al miglioramento del business.
Ma è il Cio a dover riposizionare il proprio ruolo: “Quanto rimarrà nei prossimi anni delle tecnologie che oggi sono nelle nostre agende? O meglio: quanto saranno cambiate e come verranno fruite queste tecnologie? Il Cio e i sistemi informativi devono, proprio per questa continua e inevitabile evoluzione, sapersi costruire, alla base, una cultura di analisi, di gestione delle competenze in rapporto a processi sempre più dipendenti dall’Ict. Devono creare fondamenta culturali, di processo, di skill e di organizzazione, molto solide per poter gestire il continuo cambiamento tecnologico, e soprattutto attraverso le nuove tecnologie abilitare nuove occasioni di business, che siano riconosciute, visibili e condivise con le persone che sviluppano e gestiscono il business”.
Posizionamento del Cio: da dove partire per il cambiamento
Si diceva del confronto, franco, avvenuto durante il workshop. E allora, ecco alcune riflessioni e scambi avvenuti tra i partecipanti:
- Il Cio è quello che ci chiede sempre cose nuove, ma in fondo oppone una vera resistenza al cambiamento.
- Il Cio è molto interessato alla tecnologia, molto meno all’applicabilità delle tecnologie nei confronti del business.
- Il Cio fatica a interpretare, a entrare in una condivisione di conoscenza con l’utente.
- Deve essere più forte (il Cio) nei confronti del top management per far capire l’inevitabilità della transizione.
- Siamo ancora, noi Cio, considerati leader delle tecnologie oppure siamo già superati dall’onda dell’It consumerization che ogni giorno sempre di più entra in azienda?
- Siamo davvero in grado di essere leader nella trasformazione dei processi di business e di avere una visione di cambiamento finalizzata alla creazione di valore?
- Guardiamo al cloud: riposiziona completamente il nostro (come Cio) set di competenze. Andiamo sempre più verso un ruolo di “cerniera” fra attori. Ma a noi, diciamocelo, ancora oggi piace la tecnologia, la system performance…
- I vendor hanno oggettivamente limitate competenze progettuali. Ancora oggi, al di là delle parole, hanno un approccio molto di vendita e non di reale condivisione di percorso di trasformazione. Siamo noi, come Cio, che dobbiamo sapere declinare queste nuove tecnologie in una modalità che orchestri, da un lato, queste nuove tecnologie, e dall’altro gli attori che le propongono (vendor e system integrator). Sulla base di una profonda conoscenza delle esigenze degli utenti e dell’impresa.
E potremmo davvero continuare per tanto.
Sistematizzando, in breve, il punto di partenza del percorso di trasformazione della figura del Cio (Posizionamento attuale del Cio), il gruppo di lavoro, tra i punti salienti ha identificato:
- 1. Resta un ruolo potenzialmente fondamentale che sta subendo spinte interne verso una posizione più innovativa.
- 2. Subisce pressioni dal business mentre il fenomeno della consumerizzazione lo pone in un atteggiamento di continua rincorsa. Non è più considerato leader delle tecnologie.
- 3. È ancora in difficoltà in una declinazione business della propria conoscenza delle tecnologie di base.
- 4. Non è forte abbastanza per promuovere processi di adozione di innovazione tecnologica nell’organizzazione aziendale.
- 5. Difende la propria posizione dietro esigenze di business continuity e operations con piccole incursioni su alcuni temi innovativi.
- 6. È in una posizione di garante di una serie di tematiche importanti (security, compliance) che però agiscono oggettivamente da freno rispetto a un ruolo di innovazione.
Affrontare i fattori inibitori
Se questi sono alcuni dei punti di partenza di una funzione che deve rapidamente cambiare nel proprio modo di essere e nell’essere percepita dal business, quali sono i primari fattori inibitori, resi ancor di più evidenti dall’affermarsi di tecnologie quali cloud, big data, social, mobility, ecc? Guardiamo ancora una volta al confronto emerso in tavola rotonda. Tra i fattori inibitori:
- 1. Skill prevalentemente orientati alla gestione delle infrastrutture mentre servono anche nuove competenze legate a un nuovo approccio architetturale che consenta un ridisegno dei sistemi informativi allineato alle logiche di flessibilità, performance, sicurezza e quant’altro oggi richiesto dal business.
- 2. Timori di perdita di know-how e complessità/paura del riposizionamento delle proprie competenze. Su determinati ambiti a forte complessità ed evoluzione tecnologica (ad esempio la security), si potrebbe ricorrere al temporary management per colmare alcuni gap di competenze (per periodi provvisori di tempo).
- 3. Gap di conoscenze tecnologiche aggiornate rispetto alla disponibilità di mercato (anche lato servizi It).
- 4. Paura di creare nuovi, potenti lock-in, in particolare rispetto al fenomeno cloud.
- 5. Mancanza di una visione strategica nel rapporto tecnologie-business.
- 6. Collocamento organizzativo della funzione It non così strategico, spesso marginale.
- 7. Scarsa cultura digitale delle funzioni business (a parte una fruizione di servizi di derivazione consumer). Scarsa consapevolezza della complessità digitale.
- 8. Ancora in uso un gergo troppo tecnico, poco comprensibile nel linguaggio dell’impresa.
- 9. Esiste un legacy oggettivamente da gestire e far evolvere.
- 10. Servirà sviluppare maggiormente competenze di change management.
Le leve per abilitare un ruolo positivo del Cio
Quali sono allora gli strumenti, culturali, organizzativi e tecnologici per uscire da questa situazione di stallo? Quali i fattori positivi su cui far leva? Ecco, ancora una volta in alcuni punti principali, la sintesi del confronto:
- 1. Consapevolezza di un’oggettiva posizione di vantaggio legata alla conoscenza dei processi aziendali e di come le cose funzionano. Il Cio sa cosa si potrebbe ottenere e migliorare attraverso una maggiore pervasività delle tecnologie in impresa.
- 2. Servirebbe definire una rete di collaborazione tra Cio, per consentire un confronto tra pari e la selezione di scelte tecnologiche adeguate.
- 3. Servirebbe sviluppare ruoli It “embedded” nelle business unit, per agevolare il percorso di digitalizzazione di impresa.
- 4. Va seriamente valutata la possibilità di prevedere una mobilità interna e interfunzionale delle carriere It anche su base temporanea.
- 5. Spingere per un adeguato posizionamento del Cio all’interno dell’Executive team aziendale.
- 6. Servirà una maggiore capacità di scouting sul mercato per identificare nuovi interlocutori emergenti nei nuovi mercati ed ecosistemi.
- 7. Coordinare meglio la filiera dell’offerta facendo leva anche sulle risorse internazionali delle reti dei vendor.
- 8. Tra gli elementi positivi vi è un oggettivo aumento della consapevolezza da parte del business (Ceo) circa la necessità di sviluppare una “digital agenda” per supportare/sviluppare il proprio business.
- 9. Disponibilità di tecnologie e modelli (tra tutti il cloud) che consentono, se opportunamente implementati, di semplificare la gestione dei layer tecnologici.
- 10. C’è ancora, in molti casi, una possibilità di amministrarsi autonomamente il budget (“siamo ancora ministri con portafoglio“).
- 11. L’attuale situazione di crisi e di complessità competitiva “forza” la ricerca di soluzioni innovative.