Cloud collaboration: perché sta crescendo, i dubbi delle aziende, e i principali vendor

Un report di Forrester Research fotografa il mercato analizzando le determinanti della domanda e i dettagli dell’offerta di otto fornitori: Ibm, Microsoft, Salesforce.com, Yammer, Box, Google, Cisco e Citrix.

Pubblicato il 22 Nov 2012

La collaboration, cioè l’insieme di funzioni che comprende principalmente video conference, condivisione e co-editing di documenti, messaging e presence, è una delle primissime aree applicative in cui le aziende hanno iniziato a usare servizi cloud. Anche in Italia una ricerca di Idc di qualche mese fa dava la collaboration al secondo posto tra le categorie di software-as-a-service con un tasso d’adozione del 5,9% nelle imprese oltre 50 addetti (al primo posto c’è il Crm con il 6%). È interessante quindi farsi un’idea aggiornata su questo mercato attraverso il recente report ‘The Forrester Wave: Cloud Strategies of Online Collaboration Software Vendors, Q3 2012’, in cui Forrester Research spiega perché la collaboration in cloud sta crescendo, quali sono i dubbi delle aziende su queste soluzioni e quindi con un articolato processo d’analisi seleziona i principali otto vendor del mercato in questo momento.

Il report inizia rilevando l’esplosione in atto nell’offerta di servizi di online collaboration, sia da parte di grandi vendor che di piccole realtà specializzate, che corrisponde a una forte crescita della domanda. In un’indagine di fine 2011 della stessa Forrester su 690 responsabili di applicazioni It (figura 1), il 56% dice di usare già strumenti del genere o di averne pianificato l’adozione entro due anni, mentre il 22% intende sostituire con il SaaS tutte le soluzioni di collaborazione on premise. Perché questo interesse? Perché la collaboration in cloud supporta i cambiamenti di business in atto, risponde Forrester (figura 2). Prima di tutto crea ‘spazi di lavoro’ virtuali comuni, che essendo fuori dal firewall aziendale permettono di coinvolgere fornitori e clienti; poi questi servizi vengono aggiornati molto più spesso delle soluzioni on-premise, e quindi sono sempre al passo con l’evoluzione tecnologica; infine supportano più facilmente i ‘mobile user’, essendo browser-based e sviluppati su piattaforme nativamente mobili come iOS, Android o Html5.

Figura 1 – Utilizzo dei servizi di online collaboration

Fonte – Forrester

Figura 2 – Benefici derivanti dall'adozione della collaboration in Saas

Fonte – Forrester

Sono soluzioni adatte a clienti aziendali?

I fornitori di servizi cloud di collaborazione di solito non offrono suite ampie e complete come quelle on-premise: la maggior parte (figura 3) propone un ‘hub’ online, cioè un servizio di hosting di contenuti accessibile tramite funzioni real-time di comunicazione (video e audio conferencing), social, o di project management (calendaring, workflow). È un approccio che come abbiamo visto attrae, ma crea anche molti dubbi.

Figura 3 – Differenza tra modello on premise e cloud per i software di collaboration

Fonte – Forrester

“Nell’ultimo anno abbiamo ricevuto oltre 70 richieste di approfondimento – spiega Forrester -. I nostri clienti di questi servizi vogliono capire meglio l’adeguatezza all’utenza aziendale, la sicurezza, l’integrabilità con i sistemi esistenti e l’affidabilità del vendor nel tempo”.
Più precisamente, per quanto riguarda l’adeguatezza all’utenza aziendale le aziende chiedono se i vendor di online collaboration hanno sufficienti strutture di supporto e assistenza, infrastrutture in grado di scalare fino a centinaia o migliaia di posti di lavoro, termini contrattuali adatti ad acquirenti aziendali, procedure compatibili con le norme e regolamenti che l’impresa deve rispettare, strumenti di gestione e data recovery per i system administrator aziendali. Relativamente alla sicurezza, i punti che creano più perplessità sono il livello di crittografazione dei dati, i metodi di autenticazione, gli strumenti di controllo di identità e accesso, ma anche la sicurezza fisica e le strategie di disaster ricovery per i data center di questi vendor. Per l’integrabilità con i sistemi esistenti le domande riguardano grado di personalizzabilità, interfacce disponibili, localizzazioni, accessibilità da diversi dispositivi e sistemi operativi.

Infine l’impegno a lungo termine dei vendor: se il fornitore è una piccola azienda, i decisori It vogliono sapere quali prospettive ha di rimanere sul mercato a lungo, se è grande qual è la sua roadmap nel mercato cloud collaboration, in termini di investimenti, coinvolgimento di risorse interne e sviluppatori, costruzione di un ecosistema intorno alla propria piattaforma, ricerca di nuovi clienti.

Come valutare l’offerta

Per rispondere a questi interrogativi, Forrester ha messo in moto un articolato percorso di valutazione degli operatori di online collaboration. Dapprima ha imposto tre vincoli – presenza nella online collaboration da almeno tre anni, esistenza di almeno due clienti con oltre 1000 utenti attivi, importanza del vendor secondo i clienti Forrester -, che ha ridotto la lista a otto operatori: Box, Cisco, Citrix, Google, Ibm, Salesforce.com, Microsoft e Yammer (poi scesi a sette, perché lo scorso luglio Microsoft ha acquisito Yammer). Gli analisti hanno poi esaminato le ricerche degli scorsi anni e interpellato i clienti per mettere a punto uno schema di 38 criteri, raggruppati in 3 ‘cluster’, sul quale hanno analizzato le offerte sul mercato attraverso interviste e questionari ai vendor, prove di laboratorio, demo e discussioni con gli utenti. I 3 cluster di criteri sono l’offerta attuale (ampiezza, localizzazioni, disponibilità ed elasticità del servizio, sicurezza e compliance, facilità di gestione, personalizzabilità), la strategia (target di clienti, politica di prezzi, meccanismi d’erogazione dei servizi, linee d’evoluzione delle funzionalità), e la presenza sul mercato (fatturato, da quanti anni la soluzione è disponibile, numero di clienti e utenti finali attivi, numero di partner nell’ecosistema).

Leader e strong performer

Si tratta di un mercato, sottolinea Forrester, in rapida evoluzione, ma al momento l’analisi rispetto ai criteri citati divide i fornitori in tre gruppi: leader di prima fascia, leader di seconda fascia, e strong performer (figura 4). Nel primo gruppo ci sono Ibm, Microsoft e Salesforce.com per la solidità sia dell’offerta che della strategia nel settore. Le prime due sono abituate a rivolgersi alla clientela business e hanno una consolidata maturità nelle tecnologie hosting; la terza è stata la prima a raggiungere il successo nel software-as-a-service per le aziende (soprattutto nel Crm), su cui ha saputo costruire la sua offerta di collaboration. Il secondo gruppo comprende Box e Yammer, accomunate secondo Forrester dall’essersi fatte strada nelle aziende grazie al passaparola: adottate da singoli ‘knowledge user’ esperti, le loro soluzioni hanno poi conquistato intere aziende grazie alla facilità d’uso. “Sono fornitori ‘cloud native’, che vogliono portare gradualmente i clienti nei loro ‘mondi’ con integrazioni in sistemi on-premise”, si legge nel report di Forrester.

Figura 4 – Come si classificano i vendor di cloud collaboration secondo il modello identificato da Forrester

Fonte – Forrester

Passando agli strong performer, Google è inserita qui perché pur avendo un’impressionante potenza sul mercato e un’offerta molto ampia, propone una visione avanzata a cui molti reponsabili It non sono ancora pronti e cioè l’abbandono del concetto desktop-centric per passare a un ecosistema cloud, ben oltre la collaboration, basato sul browser. Infine ci sono Cisco e Citrix, che in quest’ambito, spiega Forrester, sono partiti da un solo segmento d’offerta (il teleconferencing), e stanno ora ampliando il portafoglio, cosa che richiede grossi cambiamenti in termini di integrazione, personalizzazione, controllo degli accessi ed encryption. “Cisco sta percorrendo rapidamente il percorso, unificando conferencing, instant messaging e funzioni social entro il brand WebEx. Citrix ha appena iniziato, è al lavoro sull’integrazione delle tecnologie acquisite con Podio e ShareFile”, conclude il report.


I profili degli otto vendor

  • Ibm. L’offerta comprende tool di collaborazione esterna e interna ed è stata di recente ribattezzata SmartCloud for Social Business. Viene erogata come servizi cloud da una rete di data center distribuiti in tutto il mondo con opzioni di hosting dedicato o multi-tenant. Buona parte delle funzioni è accessibile da mobile tramite app native basate sulle principali piattaforme: iOS Apple, Android e BlackBerry. L’ambiente Social Business Toolkit permette customizzazioni e ampliamenti funzionali.
  • Microsoft. L’offerta è Office 365, su cui sta investendo molto per portare le funzioni di collaboration in cloud allo stesso livello qualitativo di quelle on-premise, in modo da dare totale libertà di scelta ai clienti. Inoltre sta collaborando con enti e organismi normativi, e in particolare con l’Unione Europea, per recepire norme e standard di conformità e sicurezza in modo da rassicurare i potenziali clienti.
  • Salesforce.com. La soluzione di social collaboration si chiama Chatter e si basa sulle competenze di sviluppo, compliance e sicurezza per cui è rinomata grazie alle piattaforme ‘core’ di Crm SaaS (Salesforce Crm) e Platform-as-a-service (Force.com), con cui Chatter è nativamente integrata. A conferma dell’impegno nella collaboration c’è la recente acquisizione dello specialista di web conferencing Dimdim. In dote porta anche un consolidato ecosistema di sviluppo cloud e un app marketplace nato per rivolgersi alle aziende.
  • Box. Specialista californiano con un fondatore-Ceo di soli 27 anni, ha iniziato nel 2005 offrendo servizi di File Sharing al mercato consumer, e passando poi al target aziendale. Per rassicurare i responsabili It punta soprattutto sulla consolidata rete di data center distribuiti, su strumenti di gestione sofisticati e su app per l’accesso mobile. Tra i clienti ha Procter & Gamble (18.000 posti di lavoro), e ha tra i propri investitori Sap e Salesforce, oltre a vari fondi. Recentemente ha rifiutato un’offerta d’acquisto di 700 milioni di dollari di Citrix, e si sta espandendo in Europa.
  • Yammer. Nel luglio 2012 è stata acquisita da Microsoft per 1,2 miliardi di dollari. Punta soprattutto sull’integrazione delle proprie soluzioni con i sistemi esistenti (ha accordi con Sap, NetSuite e Salesforce.com), nonché su sofisticati tool di administration, multiple domain management, controllo degli accessi e gestione centralizzata del provisioning degli utenti finali.
  • Google. Ha dato il via al mercato cloud collaboration lanciando Google Apps Premiere Edition nel 2007, molto innovativa per il modello (una suite completa di produttività e collaboration basata sul browser) e per il prezzo di soli 50 dollari per utente/anno. Insieme a Salesforce (Crm) e Workday o NetSuite (Erp), Google Apps è un caposaldo per migliaia di aziende che hanno ‘installato’ il sistema informativo nella cloud, anche grazie agli strumenti di gestione, e alle certificazioni di sicurezza (Fisma, Iso 27001) ottenute.
  • Cisco. Ha esteso il nome WebEx del servizio di web conferencing all’intera offerta di collaboration. Fin dall’inizio ha realizzato una robusta infrastruttura di data center e sicurezza su cui ora fa leva per l’ampliamento della suite, basata su WebEx Connect (messaging e video chat) e WebEx Social, nuovo nome della soluzione social Quad. Sono disponibili app per la fruizione di WebEx Meeting Center e Connect per tutte le principali piattaforme mobile.
  • Citrix. La divisione Online Services (Osd) è in fase di transizione: partita dalle soluzioni GoTo (accesso remoto e webconferencing) ora sta integrando le acquisizioni ShareFile e Podio (team collaboration), che dimostrano l’interesse per questo mercato. Recentemente ha annunciato StorageZones per ShareFile, una modalità di gestione cloud in sicurezza del file sharing degli utenti finali.

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