Si riduce il Time to market, si abbassano gli investimenti iniziali, aumentano flessibilità e scalabilità: i vantaggi che il cloud offre alle aziende sono ormai noti, e certamente utili in un contesto di mercato difficile e variabile come quello attuale. Eppure non sempre è facile per le aziende approcciare la nuvola, nonostante i suoi indiscussi punti di forza. Perché? Quali sono le complessità che rallentano il Cloud Journey? Ne abbiamo parlato con Marco Gottardello, Project Manager del system integrator Gruppo Reti: “Il primo problema che si pone è quello del Legacy: aziende che hanno fatto recentemente importanti investimenti non possono pensare di rinunciare alle proprie risorse on premise, e quindi valutano il cloud solo quando si tratta di integrare servizi nuovi”, esordisce il manager.
Le Pmi, invece, “hanno solo da guadagnare nell’evitare soluzioni e risorse proprietarie, le quali finirebbero per rimanere poco aggiornate, e dunque meno efficienti e più vulnerabili sul piano della sicurezza”, ma esiste un problema culturale legato proprio alla security: “Avere tutto ‘vicino’ è percepito come più rassicurante, ma è chiaro che queste realtà sul piano tecnologico non possono investire tanto quanto investe un cloud provider”, dice il manager, che sottolinea anche un altro aspetto a favore della sicurezza nella nuvola: “C’è un fornitore di servizi cloud che per policy impone che nessun dipendente possa avere accesso sia logico che fisico ai dati: il personale che controlla a livello informatico i server non ha concretamente accesso a questi sistemi, e chi fa invece manutenzione non può gestire i sistemi sul piano logico”, approccio che dovrebbe interessare l’It delle grandi aziende, spesso preoccupato proprio dalla mancanza di un controllo diretto sui processi organizzativi adottati dal cloud provider, da cui deriva il timore di un rischio per la sicurezza dei dati.
Gottardello ricorda poi altri ostacoli legati al Cloud Journey; la questione normativa: “Esistono, soprattutto per alcuni settori, leggi legate alla sicurezza dei dati e alla privacy che non si conciliano con la logica della nuvola”; la limitata personalizzazione: “L’offerta cloud si regge sulla standardizzazione, su questo si basa l’economia di scala che permette l’abbattimento dei costi dei servizi offerti: esiste un numero chiuso di tipologie di servizio e di tagli di istanze a cui è necessario adattarsi”; il vendor lock-in: “Soprattutto quando si tratta di Paas, il problema è intrinseco alla soluzione: si sviluppano le applicazioni usando la piattaforma del vendor, i suoi strumenti; è chiaro che questo rende un cambio complicato”. Infine, a proposito dei sistemi informativi: “C’è chi teme che il cloud possa portare le aziende a ridurre drasticamente il personale It. Non è così, la nuvola non è pura semplificazione: una soluzione cloud seguita male è pericolosa, può portare a spendere cifre maggiori dell’on premise”. Il lavoro dell’It, spiega quindi il manager (riferendosi a un futuro che inevitabilmente, nonostante gli ostacoli, “tende alla nuvola”), semplicemente cambierà: serviranno nuove competenze e la capacità di orchestrare al meglio questi servizi, sempre più direttamente impattanti sul business dell’azienda. Un ruolo di supporto fondamentale ai sistemi informativi lo ha proprio il system integrator: come racconta Gottardello, Gruppo Reti si pone infatti sempre l’obiettivo di affiancare il cliente nell’analisi delle sue priorità e di aiutarlo a definire una strategia di integrazione del cloud all’interno dell’infrastruttura esistente che sia tecnicamente valida e al contempo sostenibile economicamente. Senza dimenticare la fase del monitoraggio: sfruttare la flessibilità del cloud significa anche verificare ciò che accade dopo l’attivazione del servizio, rimodellandolo rispetto al variare delle necessità aziendali.