Cloud, i primi bilanci

Dopo i primi anni di sperimentazioni, oggi si può parlare di as-a-service sulla base di esperienze concrete, mettendo sul piatto della bilancia risultati attesi e ottenuti. Ecco le testimonianze di alcune aziende durante l’Executive Cocktail milanese organizzato di recente da ZeroUno in collaborazione con Dell e Intel.

Pubblicato il 16 Mag 2014

MILANO – Per la nuvola informatica è arrivato il momento di fare bilanci: con numerose sperimentazioni avviate e diverse implementazioni ormai a regime, è possibile (e doveroso) analizzare i risultati dei progetti di cloud transformation. “Oggi – afferma Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno, aprendo l’Executive Cocktail milanese organizzato in collaborazione con Dell e Intel, che segue i due eventi analoghi realizzati a Roma (vedi articolo correlato Cloud: prepararsi organizzando l’azienda al proprio interno) e a Pisa (vedi articolo correlato Cloud: scelta consapevole ma necessaria)- bisogna ragionare sull’impatto del cloud anche a livello organizzativo d’impresa. In mercati sempre più veloci e competitivi, dove lo Smac (il nexus di social, mobile, analytics e cloud) è un imperativo, l’infrastruttura It deve essere sufficientemente flessibile per rispondere al business: il cloud rappresenta una soluzione, a patto che il Cio diventi orchestratore di risorse, con una visione strategica coerente e lungimirante”.

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A dimostrare l’interesse delle aziende verso il cloud, i dati Assinform citati da Riccardo Zanchi, Partner di NetConsulting: nel 2013 il segmento cresce ancora a doppia cifra (+32,3%), nonostante un mercato It in perdita del 4,4%. Il public registra le migliori performance, mentre gli ambiti applicativi (tipicamente siti web e posta elettronica) si estendono di più verso Crm, Erp, Hr e document management. “Il driver di adozione principale – sintetizza l’analista – è la flessibilità, ed è un aspetto rilevante, considerando che scala al quarto posto il taglio dei costi. La sicurezza continua a rappresentare il maggior ostacolo alla diffusione del cloud, ma spesso è la stessa infrastruttura legacy, costruita a silos, con un parco applicativo customizzato e soggetto a lock-in, a frenare l’implementazione dei progetti. Con il cloud, aumenta la richiesta di competenze nuove, ad esempio figure come il cloud broker o il data scientist, con una prospettiva più business e meno tecnica”.

Le esperienze concrete delle aziende

Le testimonianze delle aziende presenti all’evento sintetizzano le tendenze finora discusse.

“Abbiamo intrapreso il percorso verso il cloud, dal punto di vista sia infrastrutturale sia applicativo – racconta Alessandro Perotti, Responsabile area Development & Implementation di Autogrill -. Dopo un approccio iniziale fast and furious, siamo nella fase di razionalizzazione e automazione: quindi stiamo consolidando le informazioni all’interno dell’azienda, portandole a fattore comune ed eliminando le repliche”. Alla base della cloud transformation di Autogrill, “la possibilità di introdurre innovazione a basso rischio, trasformando i Capex in Opex”; tra gli effetti, “la necessità di formare nuovi skill”. La scelta dei fornitori viene vista da Perotti come un punto critico: “meglio affidarsi ai vendor ‘cloud nativi’, perché sono in grado di facilitare la trasformazione anche da un punto di vista culturale, trasferendo all’interno dell’azienda le metodologie e gli approcci organizzativi corretti verso le tecnologie e i modelli as-a-service”.

La strada verso il cloud però non è semplice: “Abbiamo portato in cloud una parte dei sistemi di offertazione [con cui vengono effettuate le campagne commerciali principalmente verso la clientela retail – ndr] – spiega Mario Gentile, It Marketing e Vendite Manager di A2A -. Tra i principali ostacoli il tema della sicurezza, l’elevata customizzazione dei sistemi esistenti, la struttura It ancora giovane e non organizzata con comitati interdisciplinari, anche se per il cloud abbiamo definito un gruppo di lavoro misto.”.

Facile o no, è evidente comunque che il cloud oggi si fa, non è più solo qualcosa di cui parlare. “Siamo all’inizio del percorso per portare applicazioni e servizi in cloud – testimonia Fabrizio Albini, It manager di The Walt Disney Company Italia -. Nella country italiana, tutti i servizi di Hr sono già stati portati in cloud, mentre a livello corporate stiamo migrando con Microsoft i sistemi di posta elettronica e messaging (entro l’anno il progetto coinvolgerà tutti i 100mila utenti a livello globale). In una seconda fase, verrà migrato anche l’intero parco Office”.

La parola d’ordine? Standardizzione

Fabrizio Garrone, Solutions Manager di Dell, porta come esperienza significativa di cloud proprio il percorso della sua azienda iniziato nel 2008. “Siamo partiti dalla standardizzazione a livello corporate, che ci ha permesso di dismettere qualcosa come circa 6mila applicazioni, per passare all’automazione. Oggi, tutti i 100mila dipendenti worldwide di Dell dispongono di un’unica immagine di pc; tutte le applicazioni vengono distribuite in modalità web-based con sistemi automatici. Predisposta l’infrastruttura, siamo stati in grado di passare in cloud le nostre applicazioni: ad esempio, abbiamo adottato Salesforce per il Crm”. Ma sulla nuvola non ci va tutto: “Siamo comunque una realtà produttiva – prosegue Garrone -, per cui manteniamo al nostro interno gran parte dei sistemi informativi: da qui l’esigenza di fare dialogare applicazioni on premise e in cloud, nonché la scelta di acquisire Boomi, una soluzione sulla nuvola che permette l’integrazione tra gli applicativi interni ed as-a-service”. “Le infrastrutture – interviene Marco Soldi, Marketing Development Manager di Intel – vanno costruite in un’ottica di razionalizzazione, affidandosi a vendor che lavorano su tecnologie standard. Il mondo a silos permette una risposta veloce e immediata, ma non consente di soddisfare le molteplici esigenze aziendali. Gli standard, invece, seguono le future necessità infrastrutturali e applicative a supporto del business, oltre ad abbattere i prezzi”.

La standardizzazione, ad esempio, ha giocato un ruolo prioritario in Edipower, che, da realtà frammentata sul territorio, ha intrapreso nell’ultimo decennio un processo di centralizzazione e quindi di razionalizzazione dei processi, come illustrato da Emanuele Andrico, It Manager Core Business della società. In questo percorso, anche il ruolo di orchestratore dei Sistemi Informativi è stato cruciale: “L’allineamento con il business, diventato negli anni molto più esigente, è la bandiera del’It – continua il manager -. La capacità di una vista lungimirante per anticipare le richieste future è fondamentale anche per guadagnare credibilità agli occhi del management”. In Edipower il cloud è visto come una soluzione per rispondere con efficacia e rapidità alle necessità aziendali, anche se Andrico sottolinea una certa impreparazione iniziale: “Stiamo evolvendo e dobbiamo riuscire a trovare la giusta quadratura tra soluzioni on premise e cloud: non necessariamente i sistemi informativi devono essere al 100% sulla nuvola”.

Non è questione di tecnologie, ma di skill e timori

Individuare le aree da portare in cloud non è tuttavia l’unico nodo da sciogliere. Secondo Antonio Rosato, Ict Manager di Idea Capital Funds, i problemi di ordine tecnologico si possono superare (le soluzioni ci sono); più difficile invece vincere le remore psicologiche e creare nuove competenze.

Un altro problema centrale, riportato da Marcelo Petenao, Corporate Solutions & Compliance Manager di Prysmian, riguarda una certa ‘impreparazione’ dal punto di vista contrattuale. Spesso infatti ci sono clausole importanti comunicate in modo poco evidente o nascosto, segnalate attraverso pagine e pagine di link (da qui le riluttanze delle divisioni legale e Purchasing ad abbracciare il modello cloud, come lamenta il manager).

Ma ci sono anche altre difficoltà oggettive, come segnalano i presenti in sala. In Ilme, piccola realtà produttiva lombarda a conduzione padronale, c’è ancora scetticismo sul passaggio al cloud, ma a preoccupare di più Marco Varini, Responsabile Sistemi Informativi dell’azienda, è la diffusione della banda larga. “Il problema della connettività in Italia è un dato di fatto – sostiene Garrone – e bisogna valutare le diverse soluzioni cloud anche in funzione delle reti: non solo cloud pubblico, ma un mix di tecnologie che possono includere anche sistemi di ‘cloud in a box’ [soluzioni preingegnerizzate che racchiudono tutte le componenti di un private cloud, ndr]”.

Sul tema della sicurezza, Garrone ammonisce: “Attenzione a scegliere le offerte e gli Sla erogati; le garanzie si pagano e andare eccessivamente al risparmio difficilmente permette di ottenere i livelli di servizio desiderati”.

Infine, tra gli ostacoli che frenano la diffusione cloud, Nicla Ivana Diomede, Capo servizio progettazione e sicurezza Ict dell’Università degli Studi di Milano, solleva questioni di natura legale, connesse alla presenza di normative disomogenee nei diversi paesi in materia di privacy protezione dei dati. La soluzione, suggerisce Diomede, è affidarsi a un partner esperto, e non bisogna dimenticare che molto spesso i problemi di compliance sono già insiti nei sistemi informativi aziendali esistenti.

Tuttavia, per quanto di complessa realizzazione, il cloud si profila come un passaggio obbligato per restituire dinamicità all’azienda, come afferma Silvia Re, It Manager di Jti – Japan Tobacco International, parlando del progetto pilota portato avanti dalla country italiana della multinazionale che sarà poi esteso a livello europeo; “deve però trattarsi di un percorso a piccoli passi fondato sull’analisi delle necessità di business”, precisa la manager italiana.


CONTINUA IL CLOUD TOUR ORGANIZZATO DA ZEROUNO IN COLLABORAZIONE CON DELL E INTEL

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