Il 66% degli enti pubblici italiani utilizza già modelli di Cloud Computing, ma la diffusione è frammentata, con strategie molto diverse e spesso in assenza di un obiettivo definito.
L’approccio verso la “nuvola” della Pubblica Amministrazione deriva nel 27% dei casi da un modello di “Cloud Data Center”, progetti infrastrutturali per razionalizzare i costi operativi dei numerosi centri di calcolo sul territorio. Nel 19% dei casi, da un modello di “Shared Services”, in cui la progettazione e realizzazione di servizi applicativi centralizzati e condivisi sono affidati a un ente pubblico attuatore che li eroga ad altri enti della PA. In un altro 19% dei casi si coniugano “Shared Services” con servizi di “Public Cloud” (l’accesso di un singolo ente a risorse ICT approvvigionate da un provider di mercato), mentre in nessun caso è adottato in modo esclusivo il “modello di Public Cloud”.
La diffusione del Cloud è oggi ancora prevalentemente affidata alla buona volontà dei singoli enti pubblici. Perché l’adozione della “nuvola” esprima tutto il suo potenziale permettendo la riduzione dei costi e abbassando la massa critica degli investimenti e delle competenze necessari, occorre una strategia centrale che stabilisca priorità e regole e promuova la collaborazione tra gli enti.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Cloud per la Pubblica Amministrazione della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi al convegno “Cloud per la PA: pronti al decollo?” tenutosi a Roma.
I fattori critici: connettività, governance, e standard di sicurezza
«Dalla ricerca emerge come, nonostante il ritardo del Paese, il Cloud si stia affermando, ma sia necessaria una governance centralizzata che si faccia carico di definire standard e individuare obiettivi di lungo termine consentendo così agli enti di collaborare tra loro – afferma Mariano Corso, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Cloud per la Pubblica Amministrazione –. Secondo gli enti pubblici, per accelerare la diffusione del Cloud sono necessari innanzitutto un sistema di connettività efficiente (54%), una strategia di Government Cloud di lungo periodo (46%) e la definizione di modalità e standard di sicurezza condivisi (43%)».
I servizi più diffusi nella nuvola per la Pubblica Amministrazione sono Virtualizzazione e storage, Dematerializzazione e conservazione sostitutiva, Office automation eMail e Portali web.
I modelli di collaborazione nel Cloud Computing tra gli enti pubblici sono “verticali” nel 18% dei casi (quando un ente fornisce servizi ad altri enti da esso dipendenti), e “orizzontali” nel 20% (quando due enti dello stesso tipo mettono risorse a fattor comune per ottenere più benefici). Nel 62% degli enti invece non è attiva alcuna collaborazione.
«C’è una crescita di interesse e utilizzo di modelli Cloud da parte degli Enti pubblici – rileva Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Cloud per la Pubblica Amministrazione -. Tuttavia gli Enti e i player dell’offerta richiedono da una parte che siano definiti standard di sicurezza condivisi, dall’altra di superare le difficoltà legate alla cooperazione tra enti e soggetti privati e individuare esigenze comuni su cui sviluppare piani d’azione di lungo periodo».
Due modelli con un denominatore comune: l’aggregazione
Il 41% degli Enti pubblici pensa che per favorire la diffusione del Cloud sia necessaria l’aggregazione di soggetti con la partecipazione di enti pubblici e soggetti privati, o un modello in cui gli Enti attuatori della PA si rivolgano ad un mercato di fornitori certificati (37%). Tale aggregazione però potrebbe essere frenata da difficoltà legate alla cooperazione tra enti pubblici e privati (57%), dalla mancanza di una strategia e dalla difficoltà di identificare esigenze comuni (50%) e da difficoltà normative e legali per la costituzione di un’aggregazione di enti (43%). Ma sono d’accordo anche i provider: un modello di aggregazione di soggetti sia pubblici che privati viene indicato come il miglior modo per favorire la diffusione di servizi Cloud nella Pubblica Amministrazione anche dal 38% dei fornitori di servizi rispondenti alla survey.
A livello internazionale, le best practice mostrano piani strategici di lungo termine e enti ad hoc per l’implementazione. Inoltre i Paesi virtuosi hanno un percorso di razionalizzazione e consolidamento del patrimonio infrastrutturale, seguito da un ripensamento degli applicativi, in ottica di standardizzazione e riuso per consentire interoperabilità tra gli enti e quindi migliorare l’interazione con i cittadini e le imprese.
«In Italia c’è uno spazio di miglioramento che può essere colmato da politiche di aggregazione e collaborazione, ma ora è anche il momento di pensare a un ente attuatore con forte leadership in grado di guidare la definizione e l’approvvigionamento del servizio – conclude Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service della School of Management del Politecnico di Milano –. La maturità raggiunta dalle soluzioni Cloud sul mercato consente lo sviluppo di servizi condivisi convenienti rispettando le normative vigenti».