pubblica amministrazione

Cloud nella PA: un risparmio da 5,6 miliardi di euro

A tanto ammontano i minori costi in 5 anni, grazie alla sola razionalizzazione dei Datacenter. Ma i benefici più ampi verrebbero da un nuovo approccio alla governance dell’IT. Il ruolo del Cloud è fondamentale per condividere e standardizzare i servizi, migliorando tecnologia, processi e organizzazione. Una ricerca del Politecnico di Milano.

Pubblicato il 19 Nov 2012

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Si possono ottenere 5,6 miliardi di euro di benefici in 5 anni per il Sistema Paese dalla sola razionalizzazione dei Datacenter della Pubblica Amministrazione italiana.

Un risparmio significativo che tuttavia rappresenta solo la punta dell’iceberg dei benefici ottenibili innovando complessivamente i modelli di governance dell’IT nel settore pubblico. Un obiettivo possibile se si adotta il Cloud computing per la standardizzazione delle applicazioni utilizzate dagli enti pubblici e la realizzazione di processi condivisi. Questi alcuni dei risultati emersi dalla Ricerca sulla Pubblica Amministrazione dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net).

La situazione attuale
Considerando solamente la Pubblica Amministrazione centrale, in Italia si contano oggi oltre 1000 Data Center per un totale di 27.000 server dislocati su tutto il territorio nazionale, su cui operano 7300 risorse umane dedicate. Vanno aggiunti i Data Center della Pubblica Amministrazione locale (tra regioni, enti locali e sanità) che impiegano circa 13mila risorse umane. Tutti insieme i Data Center della Pubblica Amministrazione italiana consumano anidride carbonica quanto 325 mila auto in un anno: 238 milioni di Kg di CO2 per la Pubblica Amministrazione centrale, 278 milioni di Kg di CO2 per quella locale.

“La situazione attuale presenta un’infrastruttura IT in parte obsoleta, con un patrimonio applicativo spesso ereditato dal passato, un ricorso limitato alla virtualizzazione, una mancanza di policy e linee guida per l’efficientamento energetico – ha commentato Mariano Corso, Co-Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service -. Si nota inoltre una grande frammentazione dei Data center sul territorio e un patrimonio umano non adeguatamente valorizzato. In questo modo non si riescono a sfruttare al meglio le opportunità offerte dalle tecnologie, a causa di inefficienze nei modelli di gestione e nella gestione energetica”.

I benefici potenziali
Partendo da questa analisi, la ricerca individua tre possibili scenari. Con un semplice efficientamento che preveda una riduzione degli sprechi di gestione e del consumo energetico è possibile ottenere un risparmio pari a 3,7 miliardi di euro in 5 anni. Diversamente, un consolidamento e una razionalizzazione dei Data Center che preveda anche una virtualizzazione diffusa dei server e una razionalizzazione della spesa, garantirebbe un risparmio pari a 5,6 miliardi di euro in 5 anni per il Sistema Paese. Un valore significativo che rappresenta comunque la “punta dell’iceberg” dei benefici raggiungibili: se si realizzasse un vero cambiamento del modello di governance, in grado di centralizzare a diversi livelli l’implementazione e l’erogazione dei servizi ICT della Pubblica amministrazione, i risparmi raggiungerebbero un ordine di grandezza molto superiore.

Il Cloud per la Pubblica Amministrazione
Esistono diversi modelli per fare in modo che la Pubblica Amministrazione usi il cloud computing. Il Cloud Privato offre infrastrutture, piattaforme e applicazioni erogati in modalità cloud, come servizi interni: offre il grande vantaggio del controllo. Il Cloud Pubblico permette invece ad un ente di accedere attraverso la rete a risorse approvvigionate da un provider di mercato. Altra modello possibile è quello della Community, per cui un ente progetta e realizza dei servizi centralizzati e standardizzati ad una serie di altri enti della PA. Mentre all’estero questa è una modalità ricorrente, in Italia siamo ancora agli albori.
Si segnalano iniziative sporadiche di adozione di Cloud computing per lo più approvvigionato dalla nuvola pubblica per applicativi standard (ad esempio mail o office automation) o limitati a livello infrastrutturale. Per quanto riguarda gli Shared Services esistono iniziative consortili o regionali, ma siamo ancora lontani da una diffusione sistemica sul territorio nazionale. In Italia, per le specificità della realtà locale, si segnalano diverse barriere all’attuazione e diffusione dei servizi condivisi: inerzia al cambiamento organizzativo, legislazione complessa, stratificata e conservativa, elevata autonomia locale con una carenza di leadership centrale, frammentazione dei livelli amministrativi, mancanza di linee guida di supporto ed infine limiti infrastrutturali e patrimonio IT obsoleto.

“Il Cloud spinge verso un cambiamento del paradigma di adozione ed erogazione dei servizi IT, può quindi avere un effetto domino nell’abbattere le barriere e gli alibi all’attuazione e diffusione degli Shared Services – ha affermato Stefano Mainetti, Co-Responsabile Scientifico dell’Osservatorio -. Per far evolvere la Pubblica amministrazione italiana occorre agire contemporaneamente su leggi e regolamenti, sui processi dei singoli enti, sulle scelte organizzative e sulle tecnologie abilitanti. In quest’ottica, la razionalizzazione dei Data Center non è soltanto un beneficio immediato che la PA può cogliere, ma è anche l’occasione di pensare in modo nuovo per ottenere benefici a lungo termine di gran lunga più importanti”.

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