Cloud, per supportare lo sviluppo internazionale dell’impresa

L’evoluzione dei sistemi informativi passa dal modello as a service per creare flessibilità, valore all’internazionalizzazione d’impresa nonché migliore controllo dei costi. Ancora una volta però, gli elementi critici sono da ricercare nella complessa revisione organizzativa che ne consegue e nell’individuazione del corretto modello cloud in rapporto alla specificità aziendale e del suo sviluppo competitivo.

Pubblicato il 09 Apr 2013

Per aggredire la domanda sui mercati esteri e accrescere la propria presenza e forza competitiva in mercati sempre più globalizzati, le aziende non possono più credibilmente prescindere da un concreto supporto da parte dell’Ict. Molto spesso, lo scenario architetturale di riferimento nell’azienda non è, però, coerente rispetto alle nuove esigenze competitive ma l’evoluzione dei sistemi It e Tlc verso una maggiore flessibilizzazione e dinamicità dei servizi erogati a supporto dell’impresa implica un percorso di trasformazione complesso e impattante sia sotto il profilo della revisione architetturale sia sul piano del ridisegno dei processi e delle strutture organizzative. Il modello cloud, con l’accesso a servizi on demand, garantisce senz’altro quei livelli di flessibilità e di ridisegno dinamico indispensabili oggi a supportare i complessi percorsi di internazionalizzazione delle imprese. “Ma anche in questo caso, le scelte per l’It e l’organizzazione aziendale non sono così semplici”, esordisce Stefano Uberti Foppa, direttore di ZeroUno aprendo i lavori di un recente Executive Dinner organizzato in collaborazione con Colt.

“Molti sono gli elementi da prendere in considerazione preventivamente, a partire dallo stato dell’arte delle proprie infrastrutture e della loro capacità evolutiva, nonché l’affidabilità, la qualità e la sicurezza dei servizi cloud che andranno ad integrarsi con i sistemi già esistenti. Senza trascurare l’impatto inevitabile sui processi consolidati. Parliamo però di un passaggio ‘quasi obbligato’ per quelle imprese che oggi intendono approcciare o rafforzare un processo di internazionalizzazione grazie al quale guadagnare nuova forza competitiva sui mercati”.

E in questi percorsi, il cloud si presenta come la “naturale evoluzione dell’Ict, passata da trend importanti quali l’industrializzazione, la consumerizzazione e la flessibilizzazione attraverso modelli di outsourcing o strategic sourcing”, commenta Stefano Mainetti, codirettore scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service della School of Management del Politecnico di Milano. “Un’evoluzione che, sul piano delle architetture data center, ha consentito il passaggio dai physical data center (basati su mainframe e blade server) ai virtual data center e ai cosiddetti elastic data center, basati appunto su modelli di cloud computing. Mentre sul piano delle applicazioni si è passati dalle applicazioni monolitiche specifiche per ambienti mainframe ad architetture orientate ai servizi, basate sul web e cloud-based”.

Stefano Mainetti, codirettore scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service della School of Management del Politecnico di Milano

Stiamo parlando di trend in atto verso i quali le aziende decidono di approcciarsi a diversi velocità e ognuna secondo un proprio modello. “Tuttavia, è abbastanza chiaro che il modello cloud privato, pubblico o ibrido, sia considerato ormai un punto di arrivo sia per evidenti esigenze di efficienza It sia, soprattutto, come risposta sul piano dell’efficacia dei servizi It per il business”, aggiunge Mainetti.

Maggiore scalabilità del servizio e riduzione della complessità gestionale dei data center e dei sistemi applicativi, nonché i minori investimenti richiesti a parità di soluzione da implementare sono, infatti, i benefici espressi dalle aziende che hanno già adottato modelli di cloud computing (secondo i dati dell’ultimo Osservatorio Cloud & Ict as a Service della School of Management del Politecnico di Milano). Il rovescio della medaglia, però, è che siamo ancora nella cosiddetta ‘curva di disillusione’ per cui la piena maturità del cloud è ancora lontana. E lo dimostrano i risultati della ricerca dell’Osservatorio relativi alle criticità: difficoltà di integrazione dei servizi cloud con i sistemi già presenti in azienda e ancora una certa immaturità da parte dell’offerta, sono i problemi maggiori.

Luca Armanni, Integration Team, Project Management e Reporting di Nestlé

Luca Armanni, Integration Team, Project Management e Reporting di Nestlé, evidenzia, per esempio, come “problemi di sicurezza, da un lato, e integrazione tra sistemi, dall’altro, siano ancora i principali ostacoli da superare. Il modello private risulta oggi più semplice da seguire perché si connota come continua evoluzione dei sistemi già presenti in azienda e, quindi, meglio governabile sul piano dell’integrazione e gestibile da un punto di vista di rischi e sicurezza, soprattutto dei dati che vi risiedono. Il modello public, invece – aggiunge Armanni -, porta con sé alcune criticità non banali, soprattutto per le applicazioni di tipo core per le quali le esigenze di protezione e sicurezza hanno la priorità”.

Roberto Volontieri, senior advisor Ict di Piaggio Aero Industries

A confermare la scarsa disponibilità di soluzioni ‘pubbliche’ specifiche per le imprese è Roberto Volontieri, senior advisor Ict di Piaggio Aero Industries, che, illustrando agli altri Cio e It manager intervenuti all’Executive Dinner la propria esperienza nata dalla costruzione di un nuovo data center, ha sottolineato “l’inadeguatezza dell’offerta sia da parte dei grandi vendor sia del canale e dei system integrator”. “Nel nostro progetto avevamo esplicitato l’apertura a modelli di cloud computing – spiega in dettaglio Volontieri -, ma non siamo riusciti a trovare un partner in grado di progettare il data center in quest’ottica in modo autonomo. Ci siamo trovati a dover discutere in ‘tavoli allargati’ con un numero eccessivo di soggetti. Benché sicuramente validi ognuno nella propria area, quando gli attori coinvolti sono numerosi diventa troppo complessa e rischiosa la gestione del progetto. Sul piano delle applicazioni, poi, non abbiamo trovato una proposta valida di Saas, almeno non per il nostro core business; cercavamo soluzioni per la gestione dei servizi di manutenzione sulle parti di ricambio, forse un ambito ancoar oggi troppo ‘di nicchia’ per la proposta in public cloud”.

“Anche i big vendor stanno attraversando un complesso momento di trasformazione – risponde Mainetti – e non tutti riescono a ridisegnare organizamente la propria offerta in base ai nuovi modelli ‘as a service’. Sul piano poi della tipologia di software, credo sia ancora presto per riuscire a trovare applicazioni core, magari molto specifiche di un settore, attraverso il public cloud. È una fase di grandi cambiamenti anche per chi sviluppa e offre soluzioni software che deve trovare ‘la giusta quadra’ nel passaggio da modelli di licensing a modelli completamente diversi, basati sul consumo”.

Trasformazione del business, agevolata dal cloud

Proprio perché il cloud si sta parlando di tutti, utenti e vendor, di un delicato passaggio, Mainetti aggiunge: “Non dimentichiamo le difficoltà sul piano organizzativo e di processo. La vera discontinuità generata dal cloud è legata al passaggio, per l’It, da una vista sulla gestione di progetti complessi ad un modello di servizi semplificati. E questo vale tanto per le aziende utenti quanto per i vendor”.

Mimmo Zappi, regional director di Colt

A testimoniare la complessità del cambiamento dalla parte dei vendor è Mimmo Zappi, regional director di Colt. “Noi stessi, negli ultimi 3 anni, abbiamo compiuto una profonda trasformazione. Siamo passati dalla natura di carrier Tlc a quella di service provider di servizi Ict – sottolinea Zappi -. Resici conto della necessità di dare risposte più efficaci al mondo delle imprese, abbiamo intrapreso una strada evolutiva che si è snodata non solo attraverso la riqualificazione dell’offerta ma anche con una ristrutturazione organizzativa, complessa, delicata e oserei dire anche talvolta dolorosa. L’esperienza vissuta ‘sulla pelle’, ci consente però oggi di comprendere meglio gli altrettanti percorsi di trasformazione che vivono le aziende”.

Non sono mancate, durante il dibattito, le testimonianze relative ai molteplici cammini evolutivi aziendali, spinti per lo più dal difficile momento economico degli ultimi anni ma anche dalla ricerca di innovazione e nuova competitività. E in questa ricerca, è più volte emerso il ruolo strategico dell’It come elemento ‘contributore’ alla crescita del valore aziendale, alla crescita del fatturato, per il controllo dei costi, la gestione del rischio o la compliancy.

Sandro Borioni, responsabile Operations and Architectures di Lottomatica

“Lottomatica sta attraversando una grande trasformazione – racconta, per esempio, Sandro Borioni, responsabile Operations and Architectures di Lottomatica -. In questo momento stiamo ‘stravolgendo’ la nostra organizzazione per diventare un’unica realtà che unifica l’anima nazionale con quella internazionale. In questo nuovo ‘assetto organizzativo’ il cloud diventa, de facto, la risposta alle problematiche del business. La velocità con cui il business deve compiere il suo percorso di trasformazione per non perdere vantaggio competitivo (anzi, per poter avere nuovi successi in geografie diverse), spinge l’It a muoversi altrettanto velocemente; l’It deve diventare un ‘pezzo di filiera del business’. La scelta del public cloud è risultata la più efficace non solo per le applicazioni più commodity (e-mail, collaboration, ecc.) ma anche per accelerare i cicli di sviluppo e rilascio del software (reso più agile attraverso alcune scelte di Paas). Sul piano delle infrastrutture, abbiamo lavorato per far evolvere i data center ad ambienti di private cloud in modo da rendere agile e veloce anche l’allocazione delle risorse indispensabili a sostenere un business che, in soli tre anni, è passato da 5 a 16 miliardi di transazioni all’anno… e continua a crescere”.

Luigi Pignatelli, Ict manager di Carl Zeiss Vision

“Il cloud è una risposta al business proprio in termini di agilità – interviene Luigi Pignatelli, Ict manager di Carl Zeiss Vision -. Ma tale agilità è diversa da azienda ad azienda. In alcuni casi, il public cloud non può essere la risposta perché le esigenze di protezione dei dati, dei brevetti, della proprietà intellettuale hanno ‘la meglio’ sulle possibilità di flessibilità offerte dal modello public. Credo tuttavia che, se ben strutturato e governato, l’ambiente di private cloud possa contribuire in termini di agilità, flessibilità e capacità di risposta dell’It al business. Resta sempre di fondamentale importanza l’allineamento tra business e It; quest’ultimo deve comprendere bene quali sono le richieste, gli obiettivi, le necessità, altrimenti anche il più flessibile e performante dei sistemi potrebbe risultare inefficace”.

I servizi Bpaas fondamentali per l’estensione internazionale

Gennaro D’Antonio, Ict Streategy & Architecture di Autogrill

L’It deve però compiere importanti passi anche sul piano organizzativo. È questo, per esempio, il percorso compiuto da Autogrill, raccontato da Gennaro D’Antonio, Ict Strategy & Architecture. “Il percorso evolutivo dell’Ict di Autogrill è iniziato nel 2008 con l’introduzione della metodologia Itil per sviluppare all’interno del Dipartimento una cultura orientata ai processi con una visione primaria sulla qualità del servizio erogato – esemplifica D’Antonio -. Questa revisione interna è risultata molto utile quando, due anni fa, abbiamo deciso di muoverci verso il cloud come opportunità per accelerare il delivery dei servizi resi al business. In alcune aree, come la gestione Hr, abbiamo ritenuto molto valida la proposta di soluzioni di public cloud ma abbiamo dovuto lavorare molto al nostro interno: da un lato, per accrescere le capacità di interpretazione dei business requirements (per poter poi identificare le soluzioni più efficaci), dall’altro, per coinvolgere in prima linea gli utenti e le line of business. Abbiamo definito, per esempio, alcune ‘cloud policy’ cui fa seguito un processo di risk assessment che vede coinvolte, fin dall’inizio, le Lob, in modo da studiare la soluzione più efficace sia sul piano delle esigenze degli utenti sia su quello della sicurezza (anche gli utenti devono capire quali sono i rischi derivanti dall’adozione di soluzioni Saas e le complessità ‘nascoste’ legate all’integrazione dei sistemi che, se non valutate e ponderate correttamente, potrebbero anche ridurre l’efficacia della soluzione stessa)”.

Leonardo Altieri, Ict Service Line Vendita di A2A

La componente di processo diventa fondamentale, secondo alcuni Cio presenti, soprattutto nei percorsi di internazionalizzazione delle imprese. “In queste dinamiche, il cloud abilita e accelera notevolmente i percorsi – sottolinea Leonardo Altieri, Ict Service Line Vendita di A2A – ma, a mio avviso, l’offerta in termini Iaas, Paas e Saas non è sufficiente. Servono competenze, sui business proccess, che purtroppo possono variare da Paese a Paese (la fatturazione in Cina segue processi molto diversi da quelli in Italia, per esempio, così come la logistica o la distribuzione). In quest’ottica, nei percorsi di internazionalizzazione risulteranno davvero vincenti i servizi BPaas, Business Process as a service, perché saranno quelli che consentiranno di ‘adattare’ e innovare i processi rispetto ai contesti di riferimento, velocemente”.

Paolo Sassi, Cio di Artsana

Dello stesso parere anche Paolo Sassi, Cio di Artsana, che aggiunge: “Il cloud si presta a rispondere sia a progetti tattici sia strategici. Nelle decisioni di internazionalizzazione diventa una grandissima opportunità di accelerazione perché consente all’It di agire con rapidità. È vero che la velocità non deve poi ‘provocare danni’ sul piano dei processi e dell’organizzazione, ma credo che le opportunità di agilità e flessibilità che i modelli as a service offrono debbano essere colte proprio quando producono maggior valore (e l’internazionalizzazione del business ne è un esempio). Eventualmente si possono poi rivedere i processi in un’ottica di ottimizzazione e razionalizzazione, ma, intanto, si possono dare delle risposte al business (che apprezza molto!) con risultati concreti in tempi molto rapidi”.

Adiom, una metodologia per il cloud secondo Colt

Colt è una realtà che negli ultimi anni ha compiuto un complesso percorso di trasformazione per passare dalla natura di carrier Tlc a service provider Ict. La società dispone di 20 data center propri dislocati in tutta Europa che a livello di networking poggiano sulla rete proprietaria e interamente gestita da Colt stessa (rete che raggiunge 22 Paesi europei). Attraverso i propri data center, Colt eroga servizi di cloud infrastructure nonché di hosting delle infrastrutture e delle applicazioni. Per accompagnare le aziende verso i nuovi modelli di cloud computing, Colt ha sviluppato una metodologia chiamata Adiom, basata su cinque pilastri: Assessment, Design, Implementation, Orchestration, Management.

La fase di Assessment mira a verificare lo stato dell’arte delle infrastrutture delle aziende clienti ma anche a valutare necessità ed obiettivi sul piano del business. Nella fase di Design la società utilizza componenti e prodotti del proprio ‘service catalogue’ per iniziare a disegnare/modellare la soluzione progettuale più idonea rispetto a quanto emerso dall’assessment. La fase successiva, di Implementazione, è relativa alla realizzazione vera e propria del progetto (migrazione al cloud, spostamento delle infrastrutture, accesso a infrastrutture in hosting, ecc.). La fase cosiddetta di Orchestration serve a mettere in correlazione tutte le componenti e i servizi oggetto del progetto, affinché si possano governare tutti gli elementi coinvolti da un unico punto di gestione. Infine, la componente chiamata Management offre una serie di tools per fornire una visibilità end-to-end dell’intero sistema dei servizi It erogati al business (indispensabile per migliorare e rimodellare l’intero sistema durante il ciclo di vita dei servizi). (N.B.)

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