Cloud: scelta necessaria ma serve conspevolezza

Importante abilitatore di una strategia di business technology, la scelta e il percorso di adozione del cloud devono però essere ben calibrati: sulla base della strategia di business aziendale globale, l’It deve capire cosa può fare con il private cloud e cosa con il public, con quali risultati e impatti. È quanto emerso nel corso dell’Executive Cocktail organizzato a Pisa da ZeroUno, in collaborazione con Dell e Intel.

Pubblicato il 16 Mag 2014

PISA – L’Executive Cocktail che ZeroUno ha organizzato a Roma con la collaborazione di Dell e Intel, nel quale si è analizzato da più prospettive il modello as-a-service quale elemento di flessibilizzazione aziendale che richiede tuttavia un adeguato percorso di ‘adattamento’ da parte delle aziende, è stato replicato in due tappe successive, a Pisa e a Milano. Questo per capire meglio quale approccio le aziende italiane, nei diversi territori, stanno portando avanti rispetto al fenomeno cloud.

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Nella tappa toscana, Antonio Cisternino, Docente del corso di laurea in Informatica presso l’Università di Pisa, ha posto l’accento sul modello cloud quale risposta efficace anche a problematiche infrastrutturali tipiche del territorio italiano: “In Italia – invita a riflettere il professore – esistono vincoli impattanti rispetto la costruzione di nuovi data center, mancano gli spazi e i servizi di networking non sono efficaci. Rispetto alla dislocazione dei data center, il cloud diventa un modello di riferimento in grado di garantire risposte adeguate anche in merito a un’altra problematica, quella legata all’hardware, non sempre adatto a supportare il software di oggi (che cambia molto rapidamente e richiede alla base infrastrutture sempre più performanti e flessibili). Quanto alla questione della rete e della banda larga, è da anni un argomento ‘spinoso’ per l’Italia, ma la nostra Università rappresenta una eccellenza in merito: abbiamo costruito, in autonomia, una ‘Rete di Ateneo’, posizionando sul territorio un’infrastruttura in fibra ottica proprietaria. Siamo diventati un rarissimo caso in cui un Ateneo è in grado di fornire connettività alla città e anche ai carrier Tlc”.

La scelta dell’Università ha poi consentito di sviluppare un competence center che sfrutta un data center Hpc – High Performance Computing – destinato a garantire risorse tecnologiche alle attività di ricerca in campo medico, dove sono indispensabili caratteristiche di alta affidabilità, capacità di storage e disponibilità/accesso di una grande mole di dati.

Ed è proprio sul concetto di ‘affidabilità’ che si è acceso il dibattito durante l’Executive Cocktail. “Il cloud rappresenta senz’altro una grande opportunità, ma la disponibilità e stabilità della rete sono ancora un forte limite – commenta infatti Lucio Tamagno, Direttore Sistemi It e Logistici di Sogegross -. Nel nostro caso siamo dovuti ricorrere persino a un sistema di connettività satellitare in grado di sopperire alle problematiche lasciate ancora aperte dagli operatori di telecomunicazioni nazionali”.

“La tecnologia cosiddetta ‘in a box’ oggi riesce a superare anche i problemi infrastrutturali ancora presenti soprattutto in Italia – spiega a tal proposito Fabrizio Garrone, Solutions Manager di Dell -. La nostra soluzione Vertex, solo per fare un esempio, è un sistema hardware che coniuga e concentra in un unico sistema tutti i paradigmi del cloud, una sorta di data center in a box che accelera i percorsi evolutivi delle aziende laddove le criticità infrastrutturali potrebbero al contrario rallentare o addirittura frenare le scelte aziendali. Dal punto di vista tecnologico le opportunità non mancano e il cloud è oggi a un buon livello di maturità; tuttavia, bisogna ‘conoscerlo bene’ e introdurlo in azienda significa lavorare e porre attenzione all’integrazione e connessione con le tecnologie già presenti: l’importante è essere ‘lungimiranti’, ossia non creare confini ma lasciare aperte le porte a eventuali ulteriori evoluzioni e innovazioni (lavorando su open standard e connettori di integrazione)”.

Cominciano ad essere numerose le realtà che identificano nel modello as-a-service una vera opportunità di cambiamento, prima di tutto nel ruolo dell’Ict e nella sua capacità di supporto al business.

Il Datacenter all'interno del Dell |Intel Competence Centre per Cloud e High Performance Computing presso l'Università di Pisa

“Il modello di private cloud ha rappresentato per noi un’occasione di evoluzione dell’It aziendale – racconta per esempio Jacopo Di Clemente, Cto di Savino Del Bene -, in termini di velocità e capacità di risposta, e sono convinto che il public lo sia ancor di più, soprattutto per servizi che non ha più senso ‘tenere in casa’, come la posta elettronica, i servizi di communication e collaboration, ecc. Tuttavia, la scelta e il percorso di adozione devono essere ben calibrati: se un’azienda ha una strategia globale, l’It deve capire cosa può fare con il private cloud e cosa con il public, con quali risultati e impatti. L’It deve tuttavia mantenere la propria capacità tecnologica, ma con un ruolo nuovo, di ‘selezionatore’ e ‘integratore’ delle soluzioni più adatte ed efficaci rispetto ai propri bisogni e agli obiettivi di business. Un risultato non certo semplice da raggiungere, dato che implica un cambio culturale importante, anche sul piano delle competenze”.

Sempre rispetto a questa visione interviene Stefano Brascugli, Ict e Organizzazione di Coop – Unicoop Firenze: “Fino a qualche anno fa l’It doveva ‘preoccuparsi’ di identificare le tecnologie più idonee da implementare all’interno della propria realtà aziendale; oggi il business corre molto velocemente e l’It non può più ‘perdere tempo’ nell’implementazione e manutenzione tecnologica; deve essere rapido e flessibile per poter dare risposte efficaci. Ancor più se pensiamo che dal punto di vista tecnologico le soluzioni non mancano. La criticità maggiore, semmai, è nell’interpretazione dei bisogni di business: la loro ‘traduzione’ in scelte tecnologiche non è complessa, ma le ripercussioni sul piano organizzativo e di processo non possono essere trascurate”.

Ed è su queste considerazioni che Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno, chiude i lavori della Tavola Rotonda di Pisa con alcune riflessioni: “Credo che l’immagine e il concetto di ‘bivio’ esprimano perfettamente l’attuale complessità nella quale le aziende e i dipartimenti It devono riuscire a intraprendere il percorso evolutivo necessario per ritrovare nuova competitività: è diventato ormai doveroso identificare ed attuare scelte strategiche di cambiamento, quelle tattiche non bastano più”. Non ci si può più limitare alla governance tecnologica, ma orchestrare la tecnologia, anche in cloud, per proporre servizi a valore di business.


CONTINUA IL CLOUD TOUR ORGANIZZATO DA ZEROUNO IN COLLABORAZIONE CON DELL E INTEL

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