Il cloud computing non è solo un’innovazione tecnologica, ma è un nuovo stile di computing, in cui applicazioni, dati e risorse informatiche sono a disposizione
dell’utente finale come un servizio. È l’esordio di Paolo Cambarau (nella foto), responsabile Lab Services di Cagliari, Ibm Italia (www.ibm.com/it) sull’argomento. “Il risultato – spiega il manager – è che l’utente finale non percepisce la complessità del sistema che, tramite un uso più efficiente delle risorse, consente una riduzione dei costi e più flessibilità”.
Le possibilità offerte spaziano da servizi di disegno e implementazione di un ambiente cloud privato, a servizi da mettere a disposizione in ambienti cloud pubblici (come Software as a Service, Platform as a Service…), fino a servizi cloud da fornire come nuove opportunità di sourcing di tecnologie informatiche. In tutti i casi, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale: la capacità di virtualizzazione avanzata su tutte le componenti It (server, storage, network), la disponibilità di software di automazione e di services management con la tendenza all’uso di standard, consentono la realizzazione pratica degli attributi che definiscono il cloud computing come rapid provisioning, elastic scaling, flexible pricing, self services.
Se le aziende coinvolte da NextValue (www.nextvalue.it) nella propria ricerca sembravano associare in modo molto stretto il cloud computing alla
virtualizzazione, Enrico Proserpio (nella foto), sales consultant director, Oracle Italia (www.oracle.com/global/it) punta a specificare che “la virtualizzazione è un fattore chiave per il cloud, in quanto abilita l’infrastruttura dinamica e distribuita necessaria, ma il cloud computing richiede più della semplice virtualizzazione. Gestire una cloud significa gestire tutti i cluster e le macchine virtuali, soprattutto dal punto di vista della misurazione del servizio offerto agli utenti; e questa complessità può essere indirizzata soltanto con sofisticate soluzioni software”.
“Cambiando il paradigma di erogazione delle applicazioni e dei servizi – dice Marco Cusinato (nella foto), executive partner di Reply (www.reply.it) – il cloud computing propone nuove opportunità di business sia per i fornitori sia per i clienti”. Ma perché le opportunità si concretizzino, è fondamentale che il problema e la soluzione siano identificati in modo corretto.
Un abilitatore di innovazione competitiva
“Il cloud computing è un abilitatore di innovazione competitiva, in quanto consentirà di trasformare l’It da mero strumento per accrescere l’efficienza e ridurre i costi a elemento sempre più in grado di contribuire alla sperimentazione
di nuovi modelli di impresa”, afferma Lorenzo Gonzales (nella foto), business consultant Hp Technology Services, Hp Italia (www.hp.com). “Puntiamo non solo a sviluppare un’offerta in grado di rispondere alle richieste di servizi cloud proveniente dal mercato, ma anche a creare e concretizzare un approccio olistico, unendo tecnologia e servizi di consulenza. Il nostro obiettivo è di permettere alle imprese di fruire di servizi cloud, comprendendo anche i vantaggi competitivi che il cloud abilita tramite la trasformazione dei modelli di approvvigionamento di servizi e capacità Ict. È molto importante comprendere il valore e i vantaggi del cloud in relazione al business. Le imprese devono essere attente a valutare e misurare il livello di maturità del proprio It, definendo un percorso per introdurre questo paradigma nel tessuto operativo con gradualità, partendo dai processi e dalle persone, supportando e integrando i nuovi modelli in modo armonico”.
“È innegabile che il consumo di servizi ‘in the cloud’ sia un’opportunità su cui le aziende possono far leva per migliorare la propria competitività e sperimentare
nuovi modelli di business”, aggiunge Riccardo Sponza (nella foto), technical evangelist manager della divisione Developer & Platform Evangelist, di Microsoft Italia (www.microsoft.it). “Secondo noi, il cloud computing, per portare reali benefici alle aziende che ne usufruiscono (flessibilità e scalabilità, gestione semplificata, sicurezza e affidabilità avanzati, interoperabilità) non deve essere visto solo come l’esternalizzazione di un’infrastruttura, ma come un ecosistema di servizi, soluzioni e applicazioni integrabili tra di loro e con soluzioni on-premises per creare valore e risolvere problemi di business in modo innovativo e non sempre risolvibili con un approccio più tradizionale”.
Il punto di arrivo
“Il cloud computing spesso sarà un punto di arrivo di un percorso di innovazione”, afferma Cambarau. “Le aziende che hanno già sperimentato l’outsourcing di alcuni servizi It o avviato il consolidamento e la virtualizzazione dei loro data center, saranno più pronte a cogliere l’opportunità del cloud. Le nuove imprese, che nasceranno nell’era del cloud computing, saranno veri e propri ‘driver’ per la sua evoluzione e diffusione”.
“C’è crescente attenzione da parte delle aziende, anche legata all’attuale situazione economica che ha spinto le imprese verso strutture di costi variabili in funzione delle necessità, verso l’adozione di soluzioni di tipo SaaS associabili all’idea di risparmio e di disponibilità istantanea delle risorse necessarie”, dichiara Gonzales. “Il segmento delle Pmi sta trovando in questa modalità di fruizione della tecnologia un’opportunità per accedere a servizi a elevato valore aggiunto e uno strumento per accrescere la competitività. Oggi questo paradigma inizia ad assumere valore anche per realtà di grandi dimensioni che, possedendo già una buona maturità dei processi di automazione e di virtualizzazione o di utilizzo della governance, sono pronte per il cloud”.
Concorda sulla strategicità del cloud computing per le Pmi anche Dario Regazzoni (nella foto), system engineer manager, VMware Italia (www.vmware.com): “Il cloud computing ha tra i punti di forza la possibilità di offrire a un vasto pubblico i vantaggi economici e gestionali derivanti dalle economie di scala e dall’elevato grado di automazione tipici dei grandi datacenter. Diventa possibile quindi anche per le aziende medio-piccole accedere a servizi It evoluti a basso costo, senza che sia necessario fare elevati investimenti o acquistare sul mercato competenze specializzate. Il tessuto economico italiano è costituito prevalentemente da aziende di medie e piccole dimensioni che, mediante l’adozione di servizi di cloud computing, possono abbassare drasticamente i costi di accesso ai servizi It attraverso un modello di ‘noleggio dinamico’ delle risorse computazionali e/o delle piattaforme applicative di cui necessitano”.
“Nelle medie aziende, si guarda con interesse al cloud computing per la velocità e i bassi costi di avvio dei progetti”, afferma Proserpio. “Un provider pubblico di cloud può rivelarsi, per imprese di questo tipo, strategico. Per le grandi imprese, rivolgersi a un cloud vendor può permettere a piccoli team o dipartimenti di ottenere una nuova applicazione o un nuovo ambiente di sviluppo o test in pochi giorni anziché in qualche mese. Alcune applicazioni hanno un ciclo di vita breve, legato a una campagna di marketing specifica o a un evento speciale: anche in questi casi, un modello pay-per-use è la soluzione perfetta. Per le grandi imprese l’idea di implementare una ‘private cloud’ (o grid) come mezzo per gestire le risorse It è una valida alternativa per ottenere i vantaggi del cloud computing in termini di efficienza e qualità del servizio mitigando le preoccupazioni che una cloud pubblica implica circa la sicurezza, la compliance, le performance e l’affidabilità”.
Il primo approccio è ibrido
Come sottolinea Cusinato, le aziende italiane ed europee che si muoveranno per prime in direzione del cloud computing saranno quelle che per cultura e per business hanno esigenza di scalabilità, potenza di elaborazione, storage dati, sviluppo e testing. “Il primo approccio è verso il cloud computing ibrido”, dichiara il manager. “In questa fase, il cloud non si sostituisce all’attuale infrastruttura It ma l’affianca in occasione di carichi di lavoro variabili o per supportare l’implementazione rapida di una nuova linea di business”.
Gonzales e Proserpio concordano su questo modello ibrido di cloud computing, che rimarrà tale anche nel medio periodo. Si assisterà a una presenza in house di una parte delle risorse tecnologiche unita a un ricorso al cloud computing per le attività che necessitano di standardizzazione e flessibilità. L’evoluzione dipenderà anche dalla strategia aziendale, dall’ambiente It e dalla conciliabilità tra cloud computing e processi di business. Ci sono elementi critici, quali sicurezza, affidabilità e disponibilità del servizio, che possono incidere su specifiche adozioni del cloud in funzione di mercati, settori, imprese, ma questi aspetti non devono frenarne la diffusione.
“Il cloud computing sarà una componente essenziale per l’intero mercato”, afferma Sponza. “Le start up e le piccole imprese possono sfruttare a tempo zero la disponibilità dell’intera infrastruttura applicativa e di risorse computazionali a basso costo in un modello di business del tipo pay-as-you-go, capace di definire a priori i costi in relazione all’uso delle risorse. Le aziende che sviluppano sofware trarranno vantaggi da questo modello di business e dal riutilizzo del know-how presente in azienda. Le aziende medio grandi potranno abbattere i costi di sperimentazione e realizzazione di nuovi modelli di business con un time-to-market più aggressivo garantendo una gestione di picchi e di scalabilità virtualmente infinita. Le grandi aziende valutano il cloud computing come meccanismo di outsourcing delle funzionalità e servizi di commodity mentre in futuro potranno iniziare l’outsourcing dello sviluppo, del management, del deployment e delle operation di molti aspetti core del proprio business”.
“In futuro potrebbe esserci la coesistenza di almeno tre modelli di delivery della risorsa It: delivery di servizi It in modo tradizionale (per esempio applicazioni ‘mission critical’); delivery di servizi It attraverso Private Cloud (come ambienti di sviluppo e test); delivery di servizi It attraverso Public Cloud (come applicazioni non critiche)”, prospetta Cambarau.
Per Regazzoni è fondamentale che l’It aziendale sia consapevole dell’importanza del controllo di un’infrastruttura cloud e usi nuovi strumenti di governance per sfruttarne pienamente i vantaggi. L’It deve allineare le proprie competenze interne a quanto la strategia di cloud permette di realizzare; una strategia in cui all’It siano affidati il controllo e la garanzia della qualità del servizio nella distribuzione delle applicazioni, mentre il paradigma della gestione del data center si sposta dall’infrastruttura all’erogazione del servizio.
“Il tema della razionalizzazione dei costi con alti livelli di servizio è una carta a favore dello sviluppo del cloud computing”, conclude Cusinato. “Il vero deterrente è il tema legislativo legato a quello della sicurezza dei dati. Penso però che per un Cio italiano seguire e portare in produzione un progetto di cloud computing possa essere uno dei progetti più divertenti e interessanti che il mondo della tecnologia metta a disposizione oggi.”
Hp: dalle soluzioni alla consulenza
L’approccio di Hp al cloud computing, accanto alle soluzioni tecnologiche (come Hp Cloud Assure, Hp, Cloud Print, Hp Blade System Matrix), prevede i servizi di consulenza Hp Cloud Discovery Workshop e Hp Cloud Roadmap Service, studiati per supportare gli utenti di fascia enterprise a considerare il cloud computing come parte integrante della propria strategia It. Il primo di questi servizi punta a supportare le organizzazioni It delle grandi imprese a comprendere meglio il cloud computing come opzione per l’approvvigionamento strategico dei servizi e a usarlo in una strategia di delivery dei servizi It più ampia. Progettato come passo successivo al precedente, Hp Cloud Roadmap Service propone ai clienti attività di pianificazione e adattamento dell’infrastruttura cloud perché diventi parte integrante della strategia aziendale di erogazione dei servizi.
Ibm: un’offerta a 360 gradi
L’offerta di Ibm ha l’obiettivo di coprire a 360 gradi le possibilità del cloud computing, spaziando da nuove opportunità di sourcing di tecnologie informatiche – si va da Lotus Live a Ibm Computing on Demand per utilizzare sistemi per il calcolo intensivo con un modello pay-per-use – fino a tecnologie e servizi per la realizzazione di infrastrutture.
Una prima categoria di tecnologie Ibm per il cloud computing comprende gli elementi di base per la costruzione di una infrastruttura cloud, come il Tivoli Service Automation Manager (Tsam) per la gestione del ciclo di vita dei servizi Cloud e il Tivoli Provisioning Manager (Tpm) per l’installazione e il rilascio di immagini virtuali nel Cloud. Una seconda categoria comprende soluzioni preconfigurate, come Ibm CloudBurst, che ha l’obiettivo di abilitare in modo rapido la realizzazione di una cloud privata.
Microsoft: cloud=software plus service
Il modello di cloud computing di Microsoft è parte integrante della visione Software Plus Service con cui l’azienda punta a garantire un modello coerente che permetta di realizzare soluzioni di business capaci di sfruttare le strutture It delle imprese integrandole con i servizi online in modo facile e innovativo.
L’offerta del cloud computing di Microsoft si compone di due elementi: la Business Productivity Online Suite (BPOS) che rende fruibile tramite i DataCenter Microsoft basati in Europa a Dublino e Amsterdam prodotti e tecnologie (come Exchange Online 2007, Office Communications Online, Live Meeting e SharePoint Online) e la Windows Azure Platform, piattaforma di cloud computing con cui le aziende possono realizzare soluzioni applicative e servizi a uso interno o verso clienti e business partner.
Oracle: database, middleware e applicazioni
Oracle propone, in ambito virtualizzazione (tecnologia basilare per una proposizione cloud), sia Oracle VM, che consente di dar vita a macchine virtuali multiple su un’unica macchina fisica, sia tecnologie di clustering quali Oracle Real Application Clusters (RAC), Oracle TimesTen, Oracle WebLogic, Oracle Coherence e altre, che consentono a macchine fisiche multiple di presentarsi alle applicazioni come un solo sistema.
Nell’area delle applicazioni SaaS, Oracle rende disponibili applicazioni sotto forma di servizio su abbonamento, come Oracle Crm On Demand, Oracle Beehive On Demand (collaboration) e Sourcing On Demand (procurement).
Sul fronte tecnologico, diverse grandi aziende hanno iniziato a costruire le proprie cloud private utilizzando il database e il middleware Oracle; molti fornitori di soluzioni in modalità SaaS utilizzano la piattaforma Oracle per costruire le proprie cloud pubbliche.
Reply: un ecosistema di servizi
Reply crede nella creazione di un ecosistema di servizi, che sfruttino tecnologie del Web 2.0 come mash up, strumenti di collaborazione e social networking, device mobili. Queste tecnologie, unite tra loro o con i sistemi già presenti in azienda, danno origine a ulteriori strumenti a valore aggiunto per il business.
L’offerta che Reply propone in modalità SaaS si rivolge soprattutto a realtà medio-grandi. Il modello di cloud computing di Reply va dal Software as a Service (ne sono un esempio Click Reply, la piattaforma proprietaria per il Supply Chain Execution e TamTamy, piattaforma di Social Networking aziendale), a quello Infrastructure as a Service (IaaS) per portare ‘in the Cloud’ anche architetture con un elevato grado di complessità.
Reply sta anche studiando le Application Platform as a Service (APaaS) per capire al meglio quali vantaggi strategici possano portare ai clienti.
Il concetto di cloud computing di VMware si basa sull’adozione di tecnologie e processi di automazione delle attività di gestione dei datacenter che permettano di svincolare le applicazioni, in ogni fase del loro ciclo di vita, dalle risorse fisiche. I perni sui quali ruota la proposizione tecnologica della società per la virtualizzazione e il cloud computing sono vSphere 4 e la suite di prodotti di automazione del datacenter vCenter, con cui è possibile creare un vero e proprio sistema operativo per il datacenter che permette di costruire cloud interni e distribuire l’It come servizio; è possibile aggregare e gestire gruppi di infrastrutture hardware e software – risorse computazionali, storage e rete – come un solo ambiente operativo. Con VMware le aziende possono gestire i loro data center come cloud interni in grado di interoperare con cloud esterni tramite un’unica interfaccia di gestione basata su protocolli di interoperabilità basati su standard aperti. Con VMware è possibile per i service provider fornire servizi di cloud computing ‘in affitto’ a cui le aziende possono accedere per estendere la capacità computazionale dei loro data center, realizzare servizi di disaster recovery, gestire ambienti di test e sviluppo.
VmWware: svincolare le applicazioni dalle applicazioni fisiche