CommVault, il futuro è Web-scale

L’approccio architetturale caratterizzato da iperconvergenza e flessibilità si sta diffondendo anche tra le aziende del mid-market. Il vendor si pone a collante del sistema, come storage layer per la gestione dei dati attraverso ambienti It eterogenei

Pubblicato il 29 Apr 2016

Secondo Gartner, entro il 2017 il Web-scale It (un insieme di tecnologie e processi – software defined, OpenStack, Api, DevOps ecc. – per un’elevata flessibilità delle infrastrutture) sarà l’approccio architetturale di riferimento per il 50% delle imprese globali. Sarà dunque questo lo scacchiere dove si sposterà la partita dei vendor? CommVault (607,5 milioni di dollari il fatturato 2015, +24% la software revenue delle licenze software nel terzo trimestre 2016 chiuso lo scorso 31 dicembre) sembra non avere dubbi.

Bob Hammer, Ceo e Fondatore, CommVault

“Oggi le aziende – spiega Bob Hammer, Ceo e fondatore della società – devono fare i conti con sistemi legacy e silos, mentre si indirizzano verso il cloud e infrastrutture iperconvergenti [per recuperare elasticità in risposta alle esigenze del business, ndr]. Si va verso la federazione degli ambienti, dove coesistono sistemi legacy, virtualizzati e cloud, mentre l’It si riconfigura a blocchi, con pool di risorse integrate, scalabili orizzontalmente e all’occorrenza”. Ecco quindi il concetto di Web-scale, che supera la scalabilità verticale: per espandere la capacità computazionale, non si aggiungono più singoli asset (un server o una memoria), ma cluster preconfigurati di componenti (unità di calcolo, storage, networking, software). Secondo il Ceo, il nuovo framework va affermandosi negli Usa e prenderà presto piede anche in Europa. “Se finora era appannaggio dei grandi fornitori di servizi cloud, come Facebook, Google e Amazon, oggi sta entrando nei sistemi It aziendali del mid-market”.

Il piatto è ricco, ma qual è esattamente il ruolo di Commvault? Hammer chiarisce: “Movimentare i dati tra diversi ambienti presuppone uno strato per il data management affidabile. Le migrazioni si affrontano avendo il controllo del patrimonio informativo: bisogna conoscere le tipologie di informazioni, da quali applicazioni sono state generate, dove risiedono, se e come sono state criptate ecc. In questo contesto, Commvault è lo storage layer, a garanzia di una corretta gestione dei dati, in ottica di sicurezza e compliance”.

Rodolfo Falcone, Country Manager per l’Italia, CommVault

“Il nostro fattore differenziale – interviene Rodolfo Falcone, Country Manager per l’Italia – è il single index, una indicizzazione univoca che restituisce visibilità su qualsiasi tipologia di dato, ovunque si trovi e indipendentemente dalla tecnologia di origine. Le abitudini nella governance It stanno cambiando e noi siamo in grado di supportare la trasformazione: i datacenter tradizionali non sono più sostenibili e le soluzioni cloud offrono una risposta alle esigenze di flessibilità e costi, ma alimentano nuove problematiche di sicurezza. Servono strumenti per proteggere i dati dal punto di vista degli accessi e dell’autenticazione, ma anche attraverso funzionalità di cifratura e criptazione”. L’undicesima versione della piattaforma CommVault (precedentemente Simpana) lanciata lo scorso ottobre, si caratterizza per alcune innovazioni che vanno in questa direzione: focus su tecnologie snapshot per aumentare la disponibilità dei dati; approccio aperto e standard per eliminare il lock-in; sicurezza end-to-end e lungo l’intero life-cycle dell’informazione; orientamento ai sistemi iperconvergenti. Hammer e Falcone infine vedono negli analytics un campo di applicazione privilegiato, da affrontare con un approccio verticale (a partire dal settore Helthcare), mentre per quanto riguarda specificatamente l’Italia, la sfida sarà agganciare le aziende di grandi dimensioni a fronte di un mercato di medie imprese dove CommVault è già ben posizionata.

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