Dopo i primi frettolosi entusiasmi verso la strategia cloud first, molte aziende stanno tornando sui propri passi. Tra le ragioni di questo ripensamento ci sono il vendor lock-in, l’aumento dei costi, le preoccupazioni per la sicurezza e la mancanza di controllo sulle modalità di elaborazione dei dati. Invece che fuggire dal cloud, girando i tacchi, c’è chi prova a trovare la propria strada con equilibrio, andando alla ricerca di alternative al cloud pubblico dominato dalle Big Tech.
Questo trend emerge soprattutto in Europa, spinto dal crescente desiderio di sovranità digitale. Lo stesso che ha portato aziende del calibro di AWS, Microsoft e Google ad avvicinare ai propri utenti i controlli granulari sui dati e lo storage. Misure “riparatorie” non sempre convincenti, visto che i loro data center, pur situati su territorio europeo, restano controllati dà realtà oltreoceano.
È in queste crepe di fiducia e (in)sicurezza che una startup svedese vuole insinuare il proprio modello di business. Ha appena raccolto 13 milioni di euro con l’obiettivo di costruire data center hyperscale completamente localizzati in Europa, in tutta Europa.
Il sogno di un cloud sicuro, sovrano e sostenibile
Fondata nel 2022 dall’imprenditore Mattias Åström, Evroc – così si chiama questa pioniera del cloud made in Europe – ha le idee molto chiare e una roadmap fitta di step. L’anno prossimo punta a stabilire un data center pilota nella regione di Stoccolma ed entro il 2025 se ne aggiungerà un altro, presumibilmente nell’Europa meridionale. I suoi piani prevedono poi un totale di otto data center e tre hub di sviluppo software entro il 2028, sparsi in tutta l’Unione.
L’obiettivo finale è quello di creare il “primo cloud hyperscale sicuro, sovrano e sostenibile” in Europa. Partendo da zero, i 13 milioni di euro non basteranno: Evroc ne è ben consapevole e sta già pianificando di raccogliere altri 3 miliardi di euro. Intanto studia la cartina del vecchio continente, per capire dove “piazzare” le proprie strutture. Deciderà basandosi su una serie di fattori, tra cui l’accesso alle energie rinnovabili, il talento ingegneristico, il capitale e il sostegno delle autorità pubbliche. Una cosa è certa: si tratterà di data center a basso impatto ambientale, grazie a un sistema noto nel linguaggio industriale come “eco load balancing”.
La proposta giusta al momento giusto?
I propositi di Evroc sono decisamente ambiziosi, ma non utopistici. È vero, infatti, che si inseriscono in un contesto a loro del tutto favorevole, sia per le crescenti tensioni tra l’Europa e le Big Tech statunitensi, sia per la spinta verso la “sovranità digitale” che anima l’Unione.
Un altro punto a favore di questa startup è rappresentato dagli sforzi che sta mostrando nel voler sviluppare talenti in loco, investendo molto in R&S. Tra data center e hub tecnologici, nei prossimi anni vorrebbe assumere circa 3.000 persone nei prossimi anni.
Passo dopo passo, sia dal punto di vista tecnologico che di risorse umane, Evroc sta avanzando decisa verso dei mercati specifici. Quelli di chi non può mettere i propri dati nel cloud – come banche, ospedali e autorità fiscali – e al momento li sta stipando in server on-premise, molto inefficienti e non sostenibili. La sua vuole essere una valida alternativa anche alle opzioni di cloud computing nazionali presenti in Europa. Per differenziarsi da tutti ha infatti scelto un innovativo approccio “hyperscale”, invece di offrire web hosting, domini, bare metal, “alla vecchia maniera”.