Attualità

Dati in cloud per ricostruire l’Ucraina, futuro campione digitale nei rapporti tra cittadini e PA

Proseguire studi e ricerche, preservare proprietà immobiliari, assicurare business continuity, ricostruire un’intera nazione semi distrutta come quella Ucraina. È raro vedere il valore del cloud in condizioni così drammatiche, in cui il salvataggio dati diventa letteralmente vitale per milioni di persone e centinaia di imprese. Il vice Primo Ministro, anche Ministro per la Digital Transformation, Mykhailo Fedorov, ammira il salto compiuto dal proprio Paese, soprattutto nel rapporto tra cittadini e PA. Un salto che sta trasformando la nazione in un laboratorio GovTech e che tutti dovrebbero farsi trovare pronti a compiere

Pubblicato il 23 Dic 2022

Ucraina digitale

“Salvare interi database, con milioni e milioni di dati, è un intervento che non ha prezzo. Il digitale ci permette di non ripartire a costruire da zero e di farlo più velocemente”. Le parole del vice Primo Ministro dell’Ucraina, anche Ministro per la Digital Transformation, Mykhailo Fedorov proiettano in uno di quegli scenari a cui si guarda quando si migra al cloud. Uno dei più impensabili e meno augurabili, in cui il rischio di perdere tutto è tangibile e impatta su un’intera nazione. Non su un’impresa, non solo sul business, ma su vite umane già messe in pericolo dalla guerra “fisica”. Pronunciate durante la sua presenza al re:Invent 2022, evento organizzato da AWS a Las Vegas gli scorsi giorni, sono l’occasione per fare il punto sull’accordo stipulato tra questa azienda e il governo ucraino, guardando al domani.

Oltre 10 petabyte di dati migrati in cloud

Il primo passo di apertura verso il cloud è stato normativo. Fino all’inizio del 2022 la legge ucraina imponeva la conservazione di alcuni dati governativi e del settore privato all’interno del territorio nazionale. Per mettersi nelle condizioni di poter salvarli, avvertendo un peggioramento del contesto geopolitico, il governo ha approvato una legge che consentisse il trasferimento di questi dati in cloud. Per il rotto della cuffia, una settimana prima dello scoppio vero e proprio del conflitto. Una scelta doverosa ma non per questo da considerare meno coraggiosa, seguita dal lancio dell’appello pubblico che ha dato inizio alla collaborazione con AWS.

Tra le prime a rispondere, infatti, l’azienda ha fatto leva sui precedenti interventi in termini di cybersecurity a supporto dell’Ucraina, per stabilire rapidamente comunicazioni sicure con i funzionari dei ministeri governativi e i rappresentanti ucraini in tutta Europa. Dal confronto è nato un pronto intervento: l’invio sul territorio di una serie di dispositivi AWS Snowball, hardware di elaborazione e archiviazione rinforzati, per effettuare “fisicamente” la migrazione dei dati in cloud. Per preservarli.

Finora sono stati trasferiti oltre 10 milioni di gigabyte di dati essenziali provenienti da 27 ministeri ucraini, 18 università ucraine, decine e decina di aziende e da K-12, una realtà di remote learning, essenziale per garantire formazione a centinaia di migliaia di bambini sfollati. Il flusso continua: sono tuttora in corso altre 61 migrazioni di dati governativi verso AWS e altre ne seguiranno.

Formazione, ricerca e imprese: con il cloud non si ripartirà da zero

Ciò che rende la migrazione al cloud dell’Ucraina oggi unica e cruciale, è l’opportunità che offre di osservare cosa significa preservare i propri dati a livello nazionale. La sua esperienza, ancora in corso, mostra cosa è e sarà possibile fare grazie all’operazione salvataggio, in chiave soprattutto umana e sociale.

I dati conservati, infatti, sono una essenziale base per la ricostruzione di tutta la nazione e anche delle singole vite dei suoi cittadini.

Gli studenti possono proseguire gli studi altrove, certificando quanto fatto finora attraverso titoli di studio e programmi universitari che validano la loro formazione. Gli scienziati, oltre a conservare i risultati raggiunti nella ricerca, possono continuare a lavorarci. Uno dei temi “protetti” grazie all’azione di AWS è, per esempio, quello sulla qualità dell’aria e sui livelli di radiazioni vicino alle centrali nucleari presso le zone di conflitto.

Ogni proprietario di un bene immobiliare, inoltre, con la migrazione in cloud del Catasto di Stato, ha la possibilità di accedere in remoto a informazioni quali l’area, la posizione e il profilo della proprietà. Ciò significa accelerare la ricostruzione, evitando complessità, errori e ingiustizie. L’impatto è notevole anche per le imprese private, “vittime di guerra” ma fondamentali per il rilancio dell’economia, ora nelle condizioni di non dover ripartire da zero. Imprese manifatturiere e agricole, ma anche del mondo finance, hanno affidato al cloud il proprio patrimonio informativo in fretta e furia, per metterlo in salvo. Tra di esse c’è anche la più grande banca privata ucraina, PrivatBank, che in meno di 45 giorni ha migrato 270 applicazioni e 4 petabyte di dati dei clienti residenti su 3.500 server con sede in Ucraina.

Ucraina laboratorio GovTech del futuro

“Siamo soliti pensare che le guerre siano così: tutto viene distrutto e bisogna ricostruire dal nulla. Ma migrando verso la sicurezza del cloud, il governo e i suoi servizi ai cittadini hanno avuto la meglio” ha commentato Liam Maxwell, direttore del team Government Transformation del settore pubblico di AWS e volontario negli sforzi di AWS per aiutare l’Ucraina. Fedorov ha confermato, spiegando che “l’infrastruttura digitale si è dimostrata la più resiliente”.

Se l’emergenza Covid ha costretto il mondo intero a un “salto digitale”, la guerra ha reso l’Ucraina uno degli stati più innovativi, connessi e tecnologici. Ciò può valere sia per le singole organizzazioni private che per la PA. “Il rapporto tra governo e cittadini è totalmente cambiato. Si è creato un collegamento digitale che ora ci salva e che in futuro ci permetterà tante azioni di ricostruzione e rilancio. Per questo continueremo a investirci”.

Ucraina, futuro laboratorio di GovTech, quindi, ma anche un remind sull’importanza di non farsi trovare infrastrutturalmente impreparati. La scelta di migrare al cloud può essere fatta anche all’ultimo minuto ma metterla a terra in pochi giorni non è sempre possibile. Senza dover per forza immaginare una guerra -e ora la si ha davanti agli occhi – sarebbe necessario domandarsi se si è davvero pronti per una migrazione del genere. La PA, in primis, ma anche le aziende, stanno creando i presupposti per poter essere eventualmente aiutati? È sgombra da ostacoli “un’uscita di emergenza” o, come spesso accade, risulta ostruita e inaccessibile?

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