Con la sfida per il Cloud Computing ormai entrata nel vivo per un gran numero di aziende, il centro dell’attenzione si sposta gradualmente dal quando integrare la tecnologia alla ricerca della soluzione per assecondare meglio le esigenze aziendali nel rispetto del budget di spesa. Di conseguenza, anche sul fronte dell’offerta è il momento di un primo bilancio, per calibrare meglio il servizio proposto ai clienti.
Da tali presupposti è partita l’idea di un’indagine da parte dell’Intelligence Unit dell’Economist, dal titolo “Preparing for next-generation Cloud: Lessons learned and insights shared”, commissionata da Hitachi Data Systems. Lo studio, dal quale emerge che sicurezza e privacy si confermano una volta di più come aspetti prioritari quando si parla di Cloud Computing, si basa sul contributo di 232 responsabili IT su scala mondiale, intervistati sulle sfide affrontate nei primi anni di adozione del Cloud e sui problemi sorti. Il 43% di essi è membro del consiglio di amministrazione o comunque una figura a livello CIO, e la metà circa opera in aziende con fatturato superiore ai 500 milioni di dollari. Il 28%, sono realtà europee, tutte con già all’attivo significative esperienze in materia.
Cinque risultano le aree di maggiore utilizzo del Cloud, a partire dal Web hosting, nel 61% dei casi, seguito da File storage (59%), applicazioni aziendali (59%), e-mail (44%) e applicazioni desktop (44%). Una tendenza importante rilevata è lo spostamento di interesse dagli strumenti utili a costruire o adattare da sè applicazioni Cloud, verso l’adozione di applicazioni specifiche e le relative risorse, anche umane. L’obiettivo primario da raggiungere resta comunque l’aumento della disponibilità, perseguito nel 55% dei casi, mentre il 53% è interessato a un maggior controllo dei costi. Esattamente la metà chiede una maggior efficienza dei dipendenti, mentre appare meno prioritaria la scalabilità (44%).
Nei primi tempi di adozione, i problemi non sono mancati. Il 67% degli intervistati ammette infatti di aver dovuto fare i conti con qualche tipo di incidente in grado di influire sull’operatività. Soprattutto, si parla di mancata disponibilità di un servizio Public Cloud o tempi più lunghi del previsto per integrare nuovi servizi. Il 36% riconduce però la ragione a problemi tecnici interni, mentre solo il 29% attribuisce le responsabilità al fornitore. In ogni caso, nella maggioranza delle situazioni, 55%, i problemi sono stati limitati, mentre solo il 9% ha accusato seri inconvenienti e un altro 34% li ha definiti di media entità.
Le maggiori preoccupazioni restano però indirizzate altrove. Ammonta infatti all’87% il numero di aziende pronte a individuare in sicurezza e privacy le priorità. Esattamente la metà indica inoltre nella perdita di dati la prospettiva peggiore. In particolare, il 46% si dice preoccupato dall’eventualità di perdita dei dati relativi ai clienti, mentre il timore di violazione della privacy è sentita nel 36% dei casi. I timori sono legati soprattutto al rischio finanziario (40%), manifestato sotto forma di perdita di entrate. Preoccupa anche il pericolo di dover affrontare spese impreviste (32%). Il 17% inoltre segnala il timore di non raggiungere il ritorno (ROI) previsto per il progetto.
L’esperienza maturata negli ultimi anni permette tuttavia di affrontare la realtà con maggiori garanzie. CIO ed esperti IT chiamati in causa hanno infatti affermato di avere le idee chiare sulla tecnologia. Così come sui potenziali benefici e le modalità di integrazione, apprestandosi quindi a superare la fase di sperimentazione. Resta tuttavia un 29% che ha evitato problemi grazie a una maggiore conoscenza dell’offerta proposta dal fornitore. Il centro della discussione si sta quindi spostando dai semplici calcoli economici verso argomenti più pratici, come la capacità di reagire per tempo alle richieste del mercato e rendere più agile la propria organizzazione.