Attualità

Generazione 2, il nuovo Cloud, sicuro e intelligente, di Oracle

AI e Machine Learning all’interno del cuore pulsante rappresentato dall’Autonomous db, con una trasversalità di funzioni lungo tutta l’offerta di servizi applicativi della società. E soprattutto un livello di security aumentato grazie ad una nuova cloud architecture che protegge i dati degli utenti. Larry Ellison spiega l’età adulta del Cloud Oracle

Pubblicato il 23 Ott 2018

Ellison-PP1

SAN FRANCISCO – Ormai i dati indicano una tendenza inequivocabile: le aziende ricorrono al cloud come leva primaria per mettere rapidamente a punto ambienti informativi flessibili, spesso ibridi, tendenzialmente multicloud, per riuscire a sostenere la complessità dei percorsi di innovazione di business.

In Italia, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2018 il cloud vale 2,34 miliardi di euro, con una crescita del 19% rispetto a 1,97 miliardi di euro dello scorso anno. A livello mondiale, Gartner stima un valore di 120 miliardi di dollari e la crescita sul 2017 è stata quest’anno del 26%.

grafico che mostra Il valore del mercato cloud in Italia
Il valore del mercato cloud in Italia – Fonte: Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano, ottobre 2018

Insomma una maturazione importante, che vede certamente anche le applicazioni mission critical Oltp e i workload più impegnativi, quelli soprattutto legati all’analisi real time dei dati (Insight su data marts, grandi data base e data warehouse) avvicinarsi al modello as a service per questioni di velocità e anche ottimizzazione di costi. Tra l’altro se è vero che le informazioni e i dati sono sempre più l’elemento imprescindibile per disegnare nuove strategie di digital transformation di impresa, ecco che al cuore di questo cosa può esserci se non una database strategy cloud oriented efficiente? Ed è qui che arriva Oracle. Che avrà pure il suo punto di criticità nell’esprimere la massima performance soprattutto quando l’intero stack, middleware, application, hardware è “made in Oracle”, ma che in ogni caso rilascia una database technology allo stato dell’arte e di riconosciuta leadership.

Grafico sull'utilizzo di tool di orchestrazione hybrid e multicloud
L’utilizzo di tool di orchestrazione Hybrid e Multicloud – Fonte: Osservatorio Cloud Transformation della School of Management del Politecnico di Milano, ottobre 2018

Generation 2 Cloud: performance, security, AI e Autonomous db

Quello che sta facendo l’azienda di Larry Ellison, Executive chairman of the Board e Cto Oracle (nonché co-fondatore) è dare ai clienti la certezza di poter usare servizi applicativi in cloud di livello mission critical, in grado di supportare con sicurezza e prestazioni massime il core business aziendale, innervando di funzioni di Intelligenza artificiale e di machine learning tutte le famiglie applicative proposte, Erp, Hcm, Cx (Customer Experience-Crm), Scm.

Larry Ellison, Executive chairman of the Board e Cto Oracle

Ecco allora Ellison, dal palco del Moscone Center di San Francisco, annunciare Gen2 Cloud, la seconda generazione di cloud, basata su due fondamenta: primo pilastro, una “impenetrable barrier” (una specifica architettura di rete dedicata al controllo dei sistemi in cui ogni customer zone è isolata e protetta all’interno dell’Oracle Cloud); secondo pilastro, un Autonomous Robots, in pratica tutte le principali funzioni di quell’Autonomous Db di cui approfondiremo, poco più sotto, le maggiori feature. “Non è possibile una battaglia – ha detto Ellison parlando del preoccupante aumento esponenziale di cybercrime, con furti di dati, tecniche di attacco frequenti e sempre più smart – vedere le nostre persone combattere contro i loro robots: dobbiamo affrontare la sfida tra i nostri robots e i loro robots. AI e machine learning robots scovano ed eliminano le minacce. Per questo scopo abbiamo fondamentalmente ricostruito il nostro cloud”.

Un momento dell’Oracle OpenWorld

Tutti gli annunci finalizzano un approccio in cui l’AI gioca un ruolo centrale, stressando le capacità di contestualizzare, automatizzare, migliorare le interfacce introducendo conversational agents (si va verso uno “human style”, come è stato definito) e in sostanza supportando tutte le operatività degli utenti con funzioni che indicano i percorsi da seguire partendo dalla conoscenza di chi e come sta usando l’applicazione, i suoi bisogni, suggerendo i passi opportuni, il tutto sulla base di una continua analisi di modelli e pattern.

D’altro canto ormai l’AI sta bruciando le tappe ed è un trend che, secondo i principali analisti, è destinato a trasformare alla radice i processi operativi e decisionali di molte aziende. La spesa in sistemi AI, cognitivi e di machine learning, si legge in un recente report Idc, raggiungerà a livello mondiale i 77,6 miliardi di dollari nel 2022, oltre tre volte il valore di mercato stimato per il 2018 che è di 24 miliardi. E anche l’Italia mostra segni di interesse: la spesa delle aziende in queste soluzioni è prevista, nel 2018, intorno ai 17 milioni di euro (+31% sul 2017) e nel 2019 circa 25 milioni (+44%).

Un momento dell’Oracle OpenWorld

Ma se il public cloud, questa la tesi di Oracle, è un modello elaborativo ormai imprescindibile, è altresì irrealistico che tutte le applicazioni possano essere portate rapidamente in public. Per far girare mission critical workload serve disporre di servizi applicativi sia sulla nuvola pubblica sia presso i clienti (Cloud @ Customer, il modello per cui i servizi Oracle Cloud vengono gestiti completamente da Oracle nel datacenter del cliente) e possibilmente su una o più piattaforme hardware performanti (nel caso di Oracle, gli Exadata, sistemi alla base dell’Oracle Cloud con architettura ottimizzata per specifici workload e per il db Oracle sotto il profilo storage, elaborazione e networking; sono superserver oggi usati da realtà enterprise con forti esigenze prestazionali, tipo gestione di datawarehouse da petabyte di dati, in transazioni finanziarie o per applicazioni business critical tipo Sap, Oracle Fusion, Salesforce). Gen2 Public Cloud è disponibile da subito, la versione Cloud@Customer dall’estate 2019. Al cuore di tutto questo Oracle posiziona l’Autonomous DB: annunciato allo scorso Openworld con la versione 18C, ora questa db technology diventa mainstream e trasversale a tutta l’offerta.

Un momento prima di un keynote all’Oracle OpenWorld

Il cuore, l’Autonomous Db. Anche per Oltp e Data warehousing

“L’Autonomous Db è on top al Gen2 Cloud” ha detto Ellison. “E’ il componente fondamentale di una nuova architettura cloud in cui la security è built-in, dal core all’edge”.

Una serie di caratteristiche importanti concretizzano il concetto di “Autonomous” (e intelligente) db: tra queste, ad esempio, riproduce i workload di produzione su un data base di test separato per escludere eventuali effetti collaterali sulle applicazioni mission critical; sfrutta al meglio le caratteristiche architetturali degli Exadata quali smart flash cache, il formato colonnare automatico nella flash cache; l’Exafusion Communication sulla rete ultra veloce InfiniBand; oltre alle patching automatiche, il data base si protegge con una crittografia automatica “always on”; all’avvio il db stabilisce una configurazione “triple mirrored” in un datacenter cloud regionale ed ovviamente ha un recovery automatico dei dati per preservarlo da qualsiasi failure di sistema (nel server o nell’intero datacenter). Questo singolo set di caratteristiche tecnologiche viene quindi reso disponibile ottimizzato per differenti workload: tra questi per l’Oltp (lo scorso agosto lo stesso Ellison ha annunciato la disponibilità di Oracle Autonomous Transaction Processing che migliora il response time, incrementa le performance transazionali ottimizzando i percorsi dei dati mentre funzioni di machine learning migliorano e affinano di continuo i workload) e per il data warehousing, con l’Oracle Autonomous Datawarehouse Cloud (disponibile dallo scorso marzo, ottimizza le query Sql e il loading di dati, crea automaticamente data summary, fa un costante self tuning, si indirizza a utilizzi di information management e insight per business analytics con data mart e data warehouse, per data lakes quando ci siano esigenze di query su ogni tipo di dati mentre le funzioni di autogestione e di self securing del data base rendono molto più semplice ai data science lavorare in modo sperimentale estrapolando set di dati altrimenti segregati in silos operativi per ragioni di performance e sicurezza). Con queste caratteristiche, l’Autonomous db evita all’It di dover programmare downtime del db per aggiornare le patch di security, operazione che avviene ora in autonomia, in real time, con disponibilità continua, recovery e upgrades con il db on line e Sla, garantiti da Oracle, del 99.995%, meno di 2,5 minuti di downtime al mese compreso il patching (un cartellone appeso in una sala dell’evento recitava, su questo punto: “No ridicolous exceptions”). A questo va ad aggiungersi la Oracle Security and Management Cloud Platform, che sempre attraverso machine learning rileva e separa i pattern normali di dati da quelli considerati anomali mentre il Db classifica i primi, memorizza le query regolari e automaticamente fa il self tuning.

Un momento dell’Oracle OpenWorld

Nota di chiusura: ovviamente tutto ciò è una tendenza generalizzata sul mercato, per offrire alle aziende una migliore fruibilità e sicurezza nell’utilizzo dei servizi cloud. Proprio di recente, ad esempio, Sap ha chiuso una serie di importanti accordi con Microsoft per Sap Hana su Azure e con Google per supportare la propria suite applicativa sulla Google Cloud Platform (GCP). Mentre continua, sullo sfondo, la crescita di Amazon (AWS), che Ellison ha ben presente, avendo dedicato una parte del proprio key note speech alla comparazione prestazionale e di prezzo tra i propri servizi Cloud e quelli di Aws. Immaginatevi le percentuali…. La posta in gioco è alta: garantirsi la fedeltà di un importantissimo bacino di clienti enterprise cresciuto negli anni attorno alle tecnologie Oracle, ai quali oggi viene data, in continuità con le prestazioni e l’innovazione tecnologica di sempre, la visione di un cloud mission critical, per non far sentire loro “il canto di altre sirene”. Di fatto lo scenario in prospettiva, se si supereranno i naturali blocchi di lock-in provati dai vendor, sarà una direzione marcata di ambienti utente multi cloud in cui l’alternativa al “blocco unico” delle tradizionali piattaforme applicative fino ad oggi utilizzate sarà un mesh di applicazioni e servizi indipendenti, combinabili tra loro e che potranno diventare il modello “fluido e dinamicamente combinabile” dei sistemi informativi di domani.

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