“Sette anni fa Groupama ha compiuto una scelta strategica importante: il posto di lavoro doveva essere per tutti virtuale”, esordisce Francesco Mastrandrea, Chief Information Officer di Groupama Assicurazioni.
Realizzato con IBM, quello della virtualizzazione delle postazioni di lavoro è stato un progetto non banale avendo coinvolto fin da subito tutti i dipendenti dell’azienda: “La configurazione aziendale prevede diverse tipologie di utenti e non è stato facile definire un posto di lavoro standard quando vengono utilizzati strumenti e applicazioni differenti: basti pensare che quando abbiamo avviato il progetto avevamo circa 130 image di posti di lavoro che siamo riusciti a ricondurre a meno di 10”.
Una complessità tecnologica che si è affiancata alla necessità di un forte cambiamento culturale: “Questo importante lavoro strutturale ci ha aiutato nel superare un vincolo culturale difficile da scardinare, quello di avere il proprio PC sul tavolo, con la propria stampante”. Complice il fatto che l’azienda doveva trasferirsi in una nuova sede, le stampanti personali (in azienda erano presenti 600-700 stampanti da tavolo) sono state eliminate e il personale ha preso dimestichezza con l’utilizzo di una stampante per piano: “All’inizio ovviamente c’è stata qualche lamentela, ma ci si è abituati rapidamente e il risultato è che si stampa molto meno. Prima era quasi naturale stampare invece di leggere a video, adesso si stampano solo i documenti per i quali è veramente necessario, il tutto con la garanzia della massima sicurezza per i documenti riservati, dato che la stampa si attiva solo con il proprio badge”.
Bisogna ricordare che, sebbene si tratti di pochi anni fa, quando l’azienda ha avviato il progetto per virtualizzare le postazioni di lavoro, e quindi le applicazioni (“tutte, non solo una parte”, precisa Mastrandrea), la fiducia nel cloud non era ancora così generalizzata e quindi l’idea di avere tutti i dati e le applicazioni in un ambiente unico virtualizzato, sebbene su data center on premise, ha inizialmente creato qualche timore: “Ma poi gradualmente ognuno ha trovato i propri vantaggi e oggi questo è il nostro modo normale di lavorare”.
Una migrazione in cloud senza contraccolpi
Un anno e mezzo fa, un’altra decisione strategica importante: la migrazione dell’infrastruttura virtualizzata in cloud.
“La gestione di questa infrastruttura – spiega il CIO – era diventata nel tempo piuttosto complessa con un impegno non indifferente per attività ripetitive come , ad esempio, il patch management e il provisioning di nuove applicazioni. Sempre con IBM abbiamo quindi deciso di far partire la seconda parte del progetto spostando l’intera infrastruttura nel loro public cloud”.
Giusto in tempo, perché il 9 marzo, quando è scattato il lockdown, Groupama stava migrando: “Eravamo a metà del guado, ma grazie al fatto che il modello di virtualizzazione era già operativo da anni, abbiamo solo dovuto guadare il fiume un po’ più in fretta. Abbiamo preso qualche schizzo, ma non ci siamo bagnati: in una notte tutto quello che prima stava nel nostro sito di Roma è passato nel cloud IBM di Milano senza che nessuno si sia accorto della transizione”.
Non c’è stato bisogno della classica curva di apprendimento dato che il personale era già abituato a lavorare su postazioni virtuali e a collegarsi da remoto. Una migrazione quindi completamente riuscita sia dal punto di vista tecnologico sia per gli aspetti organizzativi, per la quale Mastrandrea esprime la piena soddisfazione nei confronti di IBM: “In questo progetto utilizziamo prodotti e soluzioni di IBM ma anche di altri player, per esempio la parte comunicazione è di Cisco e quello che abbiamo apprezzato di IBM è che, anche nei progetti di integrazione, non lascia mai solo il cliente ad affrontare le difficoltà. E questo è un grande valore – sottolinea il CIO – perché la competenza specialistica si trova, ma la capacità di confrontarsi, di mettersi a fianco del cliente per capire cosa non sta funzionando e porre rimedio non è così scontata”.
Si fa presto a dire smart working
Anche se Groupama ha risposto con successo alle esigenze del lavoro da remoto, Mastrandrea mette in guardia dal sottovalutarne gli impatti: “Ci siamo trovati in una situazione di emergenza e l’abbiamo affrontata egregiamente dal punto di vista tecnologico e con la massima disponibilità del personale. Ma non possiamo pensare che quello che stiamo facendo, e come lo stiamo facendo, in questi mesi sia la normalità”, afferma il CIO, che prosegue: “Lo smart working ha bisogno di essere strutturato sotto diversi punti di vista. Un tema è quello della postazione fisica: in ufficio abbiamo postazioni di lavoro ergonomiche, monitor di un certo tipo ecc., in una situazione di emergenza stiamo accettando di lavorare su postazioni domestiche non adatte, ma questo non può essere la normalità. E poi c’è tutto il tema organizzativo perché adesso ci siamo trovati in una situazione in cui tutti lavoravano da remoto e quindi abbiamo inconsciamente adottato tutti lo stesso modo di lavorare utilizzando gli stessi strumenti di collaborazione e condivisione, ma quando metà del personale lavorerà da casa e metà in ufficio, come ci si deve organizzare?”.
Un tema, quello sollevato da Mastrandrea non banale e per affrontare il quale bisogna operare per step, per graduali “aggiustamenti”: “Si parla di modello ibrido, ma è estremamente difficoltoso. Che sia complesso e difficile non significa certo che non si debba fare, tutt’altro, però bisogna tener presente che si tratta di una sfida organizzativa enorme che, per essere vinta, richiede un grande impegno da parte di tutti”. L’azienda sta infatti riflettendo, coinvolgendo anche le parti sociali, su come attuare questo modello.
“Questa gigantesca esperienza collettiva ha sicuramente mostrato l’infondatezza di alcuni pregiudizi sullo smart working”, dice Mastrandrea e in effetti quello che si riscontra dalle numerose survey (ma per quel che mi riguarda anche dalle tante interviste fatte in questo periodo) è che le aziende che guardavano allo smart working con una certa resistenza si stanno ricredendo. Sull’altro versante, il personale ha potuto toccare con mano il miglioramento dell’equilibrio tra vita professionale e vita privata, ma non è detto che quella del lavoro da casa sia la scelta preferita da tutti: “Inizialmente tutti erano contenti di lavorare da casa, ma quando a settembre abbiamo deciso un rientro per due giorni alla settimana, la maggior parte era contenta e aveva voglia di rientrare. Ma non full time. Non credo sia possibile, e nemmeno auspicabile, tornare indietro. Non si può però neanche pensare di affrontare questo nuovo modo di lavorare adottando vecchi modelli”, ribadisce Mastrandrea.
Verso il multi cloud
Chiudiamo il nostro incontro con il CIO di Groupama affrontando il tema del momento: la governance di ambienti ibridi e multi-cloud. “Questo è il tema fondamentale dell’informatica di oggi e dei prossimi anni. Noi a un certo punto abbiamo capito che una gestione di tipo tradizionale del data center non ci avrebbe dato la flessibilità necessari richiesta dal business, oltre ad essere sempre più onerosa e difficile. A fronte di queste considerazioni, abbiamo preso la decisione di migrare in cloud, come ho spiegato, tutta l’infrastruttura di gestione dei posti di lavoro”. Adesso Groupama ha deciso di compiere un altro passo importante, la migrazione in cloud della loro applicazione core, che gestisce il 70% del business dell’azienda: “Capisco la prudenza di chi porta in cloud applicazioni marginali per imparare, ma non è lì che si misura il vero vantaggio del cloud. Il beneficio reale si ha portando in cloud applicazioni core e per questo la nostra scelta strategica va in questa direzione”.
Una migrazione che si concluderà nel 2021 e vede coinvolti anche altri provider, aprendo così il tema di un approccio multi cloud: “Il tema del provider è cruciale perché cela il problema del lock in. Uno dei vantaggi teorici del cloud – ricorda Mastrandrea – è quello di poter spostare i carichi di lavoro da un cloud all’altro, ma è fondamentale con i diversi provider l’apertura e la portabilità per non rendere troppo complicato e oneroso spostare i carichi da un ambiente cloud all’altro”.
Per non incorrere in questo rischio, Mastrandrea ha adottato un modello non convenzionale: “Poiché nel cloud, la gran parte del costo è legata al consumo abbiamo messo la nostra applicazione core in un cloud e un ambiente identico, a basso costo perché da utilizzare solo in caso di necessità, presso un altro provider. Questo mi obbliga come IT a valutare molto bene funzionalità aggiuntive di un provider, implementando solo quelle che possono essere trasferite sull’altro senza problemi”.
Anche quella del multi-cloud è quindi una strada che Groupama compie non tanto per rispondere a una specifica esigenza ma con un approccio strategico, che tiene in considerazione molteplici aspetti, non ultimo quello del lock in e dei costi nascosti.