Nell’articolo Un solido business case per giustificare l’hybrid cloud, abbiamo visto quali sono, secondo Forrester, le applicazioni e i carichi di lavoro più adatti al modello cloud e quali gli elementi che devono essere presi in considerazione per definire un business case di hybrid cloud. Concludiamo il nostro breve excursus sullo studio Justify Your Hybrid Cloud Future With A Solid Business Case pubblicato da Forrester e scaricabile dal suo sito, andando a indagare qual è la migliore opzione da perseguire, nell’ambito dei diversi modelli cloud, sulla base delle differenti esigenze aziendali.
Oltre che essere interessante e rispondere di per sé a molti degli interrogativi che si pongono oggi ai responsabili delle infrastrutture, architetture e operazioni IT, di fronte alla possibilità di migrare verso l’hybrid cloud, il documento include anche degli utilissimi link ad alcuni tool predisposti da Forrester che permettono di condurre analisi più approfondite in modo guidato.
Come avevamo già segnalato, Forrester stimola ad andare a fondo (attraverso la redazione di business case circoscritti ma molto analitici) sui reali benefici del:
- gestire le applicazioni on-premises
- oppure su una delle tre alternative cloud: public cloud, as-a-service (SaaS)
- attraverso Cloud Service Provider (un’opzione che prevede l’implementazione presso un CSP di un modello architetturale simile a quello che tradizionalmente verrebbe attuato in una colocation, un modello di outsourcing in cui le infrastrutture sono localizzate tutte presso un provider, che fornisce lo stesso servizio ad altre aziende e che, oltre a erogare risorse server, storage e networking, fornisce anche servizi gestiti, managed services, che si aggiungono all’Infrastructure-as-a-service, IaaS, e/o al PaaS, Platform-as-a-service).
Forrester rileva come, nell’era della digitalizzazione, del mobile, dell’Internet of Things (IoT) e nel secondo decennio dell’epoca cloud, ormai sia gli utenti sia i provider sono consapevoli che ogni valutazione dell’opportunità o meno di migrare al cloud non deve prendere in considerazione solo l’aspetto dei risparmi economici, ma anche quelli delle performance e della flessibilità che l’IT in cloud offre. Senza dimenticare anche quelli relativi alla sicurezza e alle compliance.
Alcuni dei principali criteri di valutazione
Da sempre il cloud è considerato sinonimo di risparmi in termini di investimenti in conto capitale (Capital Expenses, Capex) per l’acquisto di infrastrutture. Questi sono già stati effettuati dai provider, che li ammortizzano spalmandoli fra più clienti. Ma negli ultimi anni anche i prezzi di molte soluzioni, che prima erano molto costose, sono diminuiti. Forrester sottolinea come oggi i “fondamentali” dell’It cambino continuamente, e quindi occorra prestare più attenzione a tutti gli elementi di costo di un It on-premise, motivo per cui la stessa società di consulenza ha messo a punto un tool dedicato. Nel valutare la convenienza di una migrazione al cloud, occorre quindi considerare accuratamente non solo i risparmi in Capex, ma anche quelli in Opex (Operational Expenses), quali quelli che si possono ottenere utilizzando risorse di compute, storage, middleware delle public cloud, on demand, per soddisfare le esigenze del team che sviluppano e testano applicazioni in settori quali systems of engagements, ecommerce, mobile e IoT, dove è cruciale il time-to-market.
Un’altra area nella quale occorre prestare molta attenzione nel giudicare i vantaggi o svantaggi del cloud – sia in termini economici, sia di agilità e flessibilità – è quella delle suite di produttività e di business utilizzate dagli utenti. Un’alternativa alla loro implementazione on-premise è quella delle soluzioni erogate in SaaS. Forrester suggerisce di prestare attenzione a come possono variare i costi nel momento in cui dovessero aumentare il numero degli utenti o le funzionalità. Prima di migrare a soluzioni in SaaS, insomma, bisognerebbe aver effettuato un attento assessment di quello che c’è già in casa, o comunque verificare se non convenga, invece che utilizzare una soluzione SaaS, acquisirne una tradizionale e installarla on-site o su uno spazio dedicato presso un Cloud Service Provider. Quest’ultima opzione, entro certi limiti, può risultare interessante anche per alcune applicazioni transazionali o systems of records (Erp, database clienti, sistemi di fatturazione, etc.). In entrambi i casi è importante, sottolinea Forrester, includere nei criteri di valutazione non solo i risparmi in termini di infrastrutture, ma anche i costi di connessione Wan (Wide area network) fra azienda e Csp, nonché quelli di integrazione fra ambienti in cloud e on-premises.
Ultimi, ma non per importanza, i criteri legati alla business continuity, alla sicurezza e alla compliance alle normative. Anche nel caso di migrazione al cloud, è necessario prevedere architetture di disaster recovery che potrebbero richiedere l’implementazione di istanze identiche in zone separate di uno stesso CSP o in un contesto multi-cloud. Quanto alle compliance, sono da valutare eventuali rischi di violazione delle normative relative alla data-sovereignty (norme che stabiliscono in quali paesi possono essere memorizzati determinati dati, ad esempio quelli relativi ai clienti; la necessità di queste regole nasce dal fatto che i dati in formato digitale sottostanno alle leggi del Paese in cui si trova il sistema storage in cui sono archiviati), per evitare che i costi anche di un singolo incidente possano vanificare i risparmi tanto attesi.