MILANO – Le aziende italiane sono ancora in una fase di osservazione di certi fenomeni e trend tecnologici e, soprattutto, stanno vivendo quel necessario periodo di comprensione non solo della ‘portata tecnologica’ di determinate soluzioni ma anche della loro efficacia all’interno del proprio contesto aziendale e di business. “Già nei prossimi sei mesi vedremo però concretizzarsi diversi progetti interessanti, soprattutto in ambito cloud”, è la visione di Fabio Spoletini, Country Manager Italia e Vp technology France-Italy di Oracle, che incontriamo qualche mese dopo l’Open World 2015 (la kermesse annuale della multinazionale americana) per tracciare la fotografia del mercato italiano rispetto agli importanti annunci rilasciati a San Francisco (dei quali potete trovare un approfondimento nell’articolo Oracle hybrid cloud? Push the button).
“Se non parli di cloud oggi significa che sei già ‘fuori dai giochi di mercato’ (e questo vale sia per le aziende utenti sia per i vendor ed i player Ict)”, osserva Spoletini. “Tuttavia, un conto è parlarne, un altro è riuscire ad essere competitivi attraverso l’offerta cloud. Nei data center aziendali tradizionali c’è sempre stato ‘spazio’ un po’ per tutti i vendor, con il cloud non sarà più così”.
Spoletini fa riferimento ad un percorso di consolidamento del mercato dell’offerta con conseguente processo di polarizzazione che già oggi molti analisti, Forrester e Gartner in primis, stanno delineando su un asso temporale di una decina di anni. “Solo dopo questo sviluppo del mercato, il cloud riuscirà ad essere scalabile ed i fornitori a creare quei fattori differenzianti che consentiranno loro di creare profitto”, è la chiara analisi del numero uno di Oracle Italia. “È inevitabile che in uno scenario tanto complesso anche le aziende utenti stiano cercando di ‘metabolizzare’ gli impatti di tale trasformazione, ma è altrettanto evidente che non potranno rimanere a ‘guardare dalla finestra’ ancora a lungo”.
Il cloud computing non è un Big Bang
Quando chiediamo a Spoletini se questo ritardo del mercato italiano tutto sommato non rappresenti un vantaggio per Oracle che, di fatto, ha ‘reagito’ al cloud con un proprio posizionamento in modo più lento rispetto ad altri competitor, la risposta è diretta e puntuale: “non saremo forse i numero uno ma oggi siamo di sicuro sul podio dei vendor in grado di accompagnare in modo efficace le aziende lungo un percorso di trasformazione che nei prossimi anni vedrà necessariamente coesistere sistemi tradizionali accanto a tecnologie più avanzate e dirompenti. Una simile complessità non tutti saranno in grado di gestirla”.
Va inoltre ricordato che, seppur con qualche rallentamento iniziale, oggi più dell’80% dell’intera offerta Oracle è disponibile via cloud (dall’infrastruttura alle applicazioni, passando per il middleware). “Oracle è un’azienda ‘potente’ che sta investendo milioni di dollari in ricerca e sviluppo”, sottolinea Spoletini, “ma soprattutto ha nel proprio portafoglio ‘il valore dell’ibrido’: il passaggio al cloud non sarà un Big Bang per nessuna realtà. Il cloud a supporto di progetti e servizi It ‘nuovi’ tutto sommato è semplice, oggi bisogna essere capaci di creare efficienza sul ‘vecchio’, e lo si può fare sempre attraverso il cloud”.
Portare ambienti mission critical su sistemi infrastrutturali e piattaforme in cloud è sicuramente l’esempio numero uno di questa ‘transizione’ e ‘coesione’ tra vecchio e nuovo: “il concetto del ‘push the botton’ non è legato al progetto futuristico che ci sarà tra cinque anni – puntualizza Spoletini – ma alla possibilità reale oggi concretizzabile di spostare applicazioni core, attualmente ‘legate’ a sistemi legacy tradizionali, su piattaforme più moderne e performanti senza dover ‘sopportare’ investimenti massivi come accadeva in passato”. Ed è proprio su questi aspetti che, nella visione di Spoletini, si sostanzia la value proposition di Oracle.
Come fare, un ‘pulsante’ per spostarsi in cloud
“La disruption tecnologica offre opportunità win-win sia per le aziende clienti sia per i fornitori”, offre come spunto di riflessione Spoletini. “Grazie al cloud ma, nel nostro caso già con i sistemi pre-ingegnerizzati, la complessità è totalmente ‘inglobata’ nella progettazione e nello sviluppo tecnologico ed è ‘a carico’ del vendor. È attraverso la semplificazione tecnica che si riescono a gestire con semplicità percorsi trasformativi che vedono, come accennato, lo spostamento di ambienti e workload core su sistemi cloud più efficienti anche da un punto di vista di costi”.
Ed è poi sul servizio cloud che Oracle gioca la sua seconda carta ‘di profitto’ (la prima è appunto quella tecnologica). Che tale disegno strategico stia già dando i suoi frutti lo si evince dai progetti italiani di cui Spoletini offre evidenza: “Le soluzioni di Hcm – Human Capital Management, seppur con un lieve ritardo rispetto alle aziende oltre oceano, oggi sono in uso dalla stragrande maggioranza dei nostri clienti in modalità cloud; via Saas anche tutti i servizi applicativi del Marketing, soprattutto nell’ambito del ‘social engagement’. Ma il dato sicuramente più significativo riguarda l’ambito Paas: oggi abbiamo all’attivo una settantina di aziende, di varie dimensioni e settori, che stanno sviluppando progetti core con il middleware in cloud, in particolare porting di applicazioni, testing, backup e recovery. Per alcune di queste realtà l’utilizzo del Paas sta diventando ‘sistemico’, non più solo per progetti di sperimentazione dunque, ma a supporto di componenti o processi core spostati nel cloud pubblico di Oracle”.
La forte connotazione sul cloud da parte della società è inoltre avvalorata dalle continue acquisizioni che sta ‘mettendo a segno’, ultime solo in ordine di tempo quella di StackEngine, startup nata che ha messo a punto un sistema di gestione e orchestrazione dei contenitori Docker acquisita a dicembre 2015, e la più recente, avvenuta a febbraio 2016, di Ravello Systems, azienda israeliana di Infrastructure-as-a-service specializzata in ‘nested virtualization’ (HyperV collocati su Virtual Machine, ossia sistemi virtualizzati che girano su altri sistemi vitualizzati), attraverso la quale Orcale punta proprio a semplificare lo spostamento delle applicazioni anche mission critical su ambienti cloud e tra sistemi virtualizzati e cloud differenti. Insomma, un altro tassello per rendere concreto il ‘push the button’.