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Hybrid cloud: tutti i dati della ricerca Nutanix – Vanson Bourne

Secondo la quasi totalità degli intervistati (95%) la propria azienda trarrebbe beneficio da un approccio cloud ibrido, ma il 70% dichiara che il processo di trasformazione sta richiedendo più tempo del previsto

Pubblicato il 16 Ott 2020

Hybrid cloud concept

Secondo i dati dello studio, commissionato da Nutanix e realizzato dalla società di ricerca Vanson Bourne, sebbene le aziende continuino a considerare il cloud ibrido il modello IT ideale molte di esse hanno ancora difficoltà nel percorso di adozione con il 70% che dichiara che il loro processo di trasformazione sta richiedendo più tempo del previsto.

Tuttavia, l’obiettivo è chiaro: secondo la quasi totalità degli intervistati (95% dei 650 responsabili delle decisioni in ambito IT di aziende di diversi settori, dimensioni e Paesi internazionali) la propria azienda trarrebbe pieno beneficio da un’implementazione ibrida che fornisca un’infrastruttura e operations IT coerenti tra diversi cloud per eliminare gran parte delle sfide che attualmente si trovano ad affrontare, dai silos operativi alla carenza di personale.

Più nello specifico, nella ricerca che indaga le le principali sfide che le aziende devono affrontare nella gestione di infrastrutture di cloud pubblico e privato è emerso in primo luogo che il cloud pubblico non è sufficiente. Il cloud pubblico ha rivoluzionato il settore IT, offrendo maggiore agilità e più efficienza operativa. E, sebbene sia ideale per alcune applicazioni e carichi di lavoro, non è adatto per altri, portando quindi le aziende ad adottare infrastrutture ibride.

Secondo lo studio, la maggioranza degli intervistati riscontra problemi nell’esecuzione delle applicazioni business-critical, ovvero quelle vitali per l’azienda, sul cloud pubblico, in particolare in termini di affidabilità (75%), portabilità (73%) e costo (72%).

Inoltre, in alcuni casi, semplicemente non riescono a spostarle a causa della complessità o dei costi elevati. Per esempio, la necessità di riprogettare o riorganizzare le applicazioni (75%) e la complessità della migrazione (71%) sono le principali problematiche che impediscono agli intervistati di trasferire le applicazioni.

L’ibrido amplia il divario di competenze IT: sebbene molte aziende fatichino a trovare talenti IT adeguatamente qualificati, la questione si aggrava quando si tratta di professionisti in grado di gestire sia le infrastrutture di cloud pubblico che privato poiché, attualmente, i due ambienti richiedono competenze diverse. Gran parte delle aziende (88%) sta cercando di far sì che il proprio personale abbia le competenze necessarie per gestire un’infrastruttura IT ibrida mentre poco più della metà (53%) considera questo aspetto come un problema cruciale.

Il divario di competenze crea inoltre inefficienze: considerate le diverse competenze richieste per gestire le infrastrutture di cloud pubblico e privato, le aziende spesso devono ricorrere a diversi team creando così dei silo separati, aspetto evidenziato da quasi tutti gli intervistati (95%).

Da considerare che, spesso, ciò ha un impatto sul risultato economico, aspetto ancora più preoccupante in un momento in cui gran parte delle aziende è concentrata sull’ottimizzazione delle risorse. Quasi la metà degli intervistati ha segnalato come motivo di preoccupazione l’aumento delle risorse (49%), l’incremento dei costi (45%), e/o lo spreco di risorse (43%).

La portabilità è un must e non solo per le applicazioni: per molte aziende (88%) le licenze software sono un aspetto chiave di un’infrastruttura ibrida, e gran parte di esse ha riscontrato difficoltà in tal senso (58%) o è incappata nel cosiddetto “vendor lock-in” (58%) nel passare al cloud pubblico. Inoltre, circa i due terzi degli intervistati (65%) sono disposti a prendere in considerazione le licenze in abbonamento per le proprie infrastrutture IT.

Le aziende vogliono flessibilità. Non si tratta più di scegliere tra pubblico e privato, o tra diversi fornitori di cloud pubblico. Le aziende hanno bisogno di una soluzione che fornisca un’esperienza, degli strumenti e delle procedure operative coerenti tra diversi cloud per rispondere a gran parte delle sfide che stanno affrontando e risolvere le inefficienze che stanno riscontrando. Un ambiente ibrido ottimale fornisce la coerenza e la continuità di cui hanno bisogno per ottenere la piena flessibilità di più cloud, sia privati che pubblici.

“Le aziende hanno bisogno di flessibilità – ha commentato Alberto Filisetti, Country Manager di Nutanix – e un aspetto chiave è la decentralizzazione delle risorse per renderle più facilmente disponibili. Utilizzando diversi cloud, siano essi pubblici, privati o edge, le aziende possono portare la loro infrastruttura IT laddove è più necessaria. Ma, come evidenziato dalla ricerca, tale flessibilità è possibile solo con infrastrutture, operations e strumenti coerenti tra diversi cloud. Per questo motivo un ambiente cloud ibrido è la scelta ideale.”

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