Per il mercato dei managed service è previsto quasi un raddoppio del giro d’affari dal 2020 al 2027. Statista indica infatti il passaggio da un fatturato globale di 152 miliardi di dollari a 274,2 miliardi di dollari. Un risultato notevole, ottenuto principalmente alla crescente domanda di servizi di sicurezza, virtualizzazione, disaster recovery, connettività e larghezza di banda in un ambiente cloud ibrido. Seppure ragguardevole, questa proiezione è basata sui dati rilevati allo stato attuale delle cose ma, come il passato recente ci ha insegnato, l’imprevisto è dietro l’angolo e può stravolgere il panorama nel suo complesso portando un’ulteriore evoluzione e, quindi, nuove potenzialità di sviluppo. Ma come sono evoluti nel tempo i managed service? E quali sono i più richiesti oggi?
Primi passi nel cloud
Nel mondo IT, il termine outsourcing riporta parecchio indietro nel tempo. Tuttavia, di managed service si è iniziato a parlare in modo più concreto sul finire degli anni ’90, quando le prime aziende hanno iniziato a esplorare il cloud pubblico e i servizi che rendeva disponibili. Ovviamente, all’epoca la connettività del cloud, la sicurezza e la conformità erano ancora grandi incognite per le organizzazioni. Queste aree dovevano subire ancora un lungo processo di maturazione prima che i leader aziendali adattassero il loro modo di pensare e si sentissero a proprio agio con la prospettiva che i loro dati fossero memorizzati, elaborati e gestiti da una terza parte e accessibili via Internet.
In quel periodo, le aziende avevano spesso team IT piuttosto limitati e quindi chiedevano un supporto ai managed service provider per colmare le lacune in esperienza e competenze, soprattutto per la risoluzione di eventuali incidenti e la fornitura di progetti specialistici ad-hoc. Il ruolo del managed service provider (MSP) era più assimilabile a quello di un system integrator che, alla periodica vendita di soluzioni hardware (il canonico aggiornamento ogni cinque o sei anni), associava contratti di servizi di manutenzione gestiti on-premise tra cui il backup, i servizi di patching o la fornitura di licenze hardware e software.
Dall’on-premise al monitoraggio remoto
Poi Internet è evoluta. Ha portato strutture di reti interconnesse e ha permesso il controllo remoto dei sistemi informatici, riducendo la necessità che il personale IT dovesse essere in sede per fornire supporto, gestione e monitoraggio. Questo nuovo modello di outsourcing ha permesso alle aziende di spostare una maggiore responsabilità sul managed service provider, dato che poteva gestire proattivamente gli aggiornamenti di firmware e software. Successivamente, il rapporto con l’MSP si è evoluto per permettere anche una gestione proattiva dell’infrastruttura e della sicurezza.
“Siamo nati nel 2008 – afferma Cesare Bollini, Chief Revenue Officer del MSP BlueIt –. In quel periodo, molte realtà come noi svolgevano un ruolo di delivery di player maggiori, IBM nel nostro caso. Fare outsourcing significava gestire bene i livelli di servizio verso i clienti finali del player di riferimento”.
La rivoluzione SaaS
Sono quindi arrivate aziende come SalesForce a scombinare le carte in tavola e a offrire software che per la prima volta era fruibile solo sul cloud. Si è iniziato così a diffondere il concetto di Software as a Service (SaaS). In realtà, il SaaS in sé non era una novità, perché già da tempo c’erano gli ASP (Application Service Provider) che fornivano servizi di hosting alle imprese. Tuttavia, l’eliminazione del supporto fisico per una fruizione solo sul cloud e le funzioni che introduceva SalesForce hanno indotto le aziende ad approcciare il nuovo modello di utilizzo del software: pagare una cifra mensile per usufruire di un servizio gestito e residente su una serie globale e altamente disponibile di data center.
Oltre al fatto di prevedere una nuova forma di utilizzo, il Software as a Service ha introdotto anche un nuovo concetto in azienda, quello di spostare le spese da Capex a Opex e, quindi, poter fare bilanci IT più accurati.
Arrivano gli hyperscaler
La popolarità di IaaS (Infrastructure as a Service) e di SaaS aumentava costantemente, attirando l’attenzione dei brand più blasonati dell’IT. Era perciò solo questione di tempo prima che crescessero in importanza e attrattiva i servizi forniti da piattaforme cloud pubbliche come Amazon Web Services, Google Cloud Platform e Microsoft Azure (i cosiddetti hyperscaler).
Oggi, abbiamo solo l’imbarazzo della scelta tra modelli che supportano IaaS, PaaS (Platform as a Service) e SaaS e forniscono una miriade di offerte di servizi integrati. Non c’è più bisogno di acquistare hardware o licenze software come investimenti una tantum e le risorse di calcolo possono essere consumate on-demand. Non serve più creare e mantenere infrastrutture IT in-house. Questo ha spostato l’attenzione per le risorse IT dalla potenza di calcolo on-premise all’accessibilità, all’uptime e alla velocità della rete. Il cloud computing crea vantaggi significativi per le aziende di ogni dimensione. E la varietà di offerte ha potato all’adozione del multicloud.
“È però nata la necessità di capire come muoversi tra i vari cloud, perché non sono tutti uguali e ognuno offre vantaggi e benefici in termini di potenza di calcolo, storage e anche costi – sottolinea Cesare Bollini –. Non solo l’MSP può aiutare a ottenere il meglio dal multicloud in sé, ma grazie a una gestione puntuale e un’ottimizzazione effettuata da personale esperto può consentire di raggiungere valori ottimali di velocità e agilità nella migrazione da un cloud all’altro”.
Per Bollini, l’MSP dovrebbe svolgere il ruolo di advisor mettendo a frutto le sue esperienze per suggerire, in base alle aspettative e alle capacità di un’azienda, sia cosa fare sia anche cosa non fare per intraprendere un cloud journey strutturato.
Il cloud ibrido, la scelta più diffusa
Nonostante i vantaggi offerti dal cloud, diverse applicazioni e servizi tradizionali non possono però essere dismessi. Così molte organizzazioni stanno spostando workload attraverso distribuzioni cloud ibride, consumando applicazioni basate su SaaS e servizi PaaS come web e database, ma spesso mantengono alcune applicazioni legacy all’interno dei propri data center, dando vita a un cloud ibrido.
“Oggi le aziende scelgono il cloud perché sono consapevoli dei benefici che possono ottenere – precisa Cesare Bollini –, ma hanno bisogno di un supporto per gestire l’eterogeneità di un’infrastruttura complessa come quella che nasce quando si crea un cloud ibrido e si vogliono tenere sotto controllo i livelli di servizio, la sicurezza e i costi”.
Le tecnologie che differenziano i MSP
Gli MSP attuali possono essere di grande aiuto alle organizzazioni, con i loro investimenti in competenze specifiche e in sofisticati strumenti di gestione del cloud e dei servizi. Un modo con cui possono aiutare le aziende a essere più efficienti è fornire servizi di automazione. Questi riducono gli errori, le vulnerabilità e il time-to-value. “Nell’era del multicloud, c’è la necessità di differenziarsi nella capacità di gestire i vari cloud – conclude Cesare Bollini –. Si deve saper operare in maniera intelligente, efficiente e automatica. Come permette per esempio il Cognitive Managed Service, una modalità di gestione che prevede decisioni prese in automatico da tool specifici anziché da persone. Questo rende i processi più efficienti, più efficaci e più rapidi. Con anche il vantaggio di un efficientamento dei costi”. Infatti, i set di strumenti di automazione più sofisticati possono identificare l’offerta più economica tra più piattaforme di cloud provider per un tipo di risorsa specifica da eseguire in un determinato periodo, orchestrando il processo di provisioning.
Il valore dell’automazione per il cloud
Sono disponibili molti casi d’uso inerenti all’automazione. La tecnologia cloud non solo ne beneficia, ma fornisce anche il motore per realizzarla. I MSP possiedono l’esperienza per aiutare le aziende a identificare le aree del loro business che possono beneficiare dell’automazione del cloud per ridurre i costi, aumentare l’efficienza e sviluppare nuovi processi aziendali che richiedono un minore intervento manuale.