Mai come oggi il cloud promette velocità e flessibilità. A distanza di due anni dal primo report focalizzato sull’analisi dei reali costi del cloud, Forrester Research pubblica un documento che funge da vera e propria guida per la realizzazione di un business case, strumento indispensabile per giustificare le possibili scelte It verso il modello cloud, evidenziarne il valore di business, guidare il percorso di trasformazione verso quello che sappiamo essere lo scenario infrastrutturale e applicativo a tendere: l’hybrid cloud.
Dave Bartoletti, principal analyst della società, che ha redatto il documento “Justify your hybrid cloud future with a solid business case”, per prima cosa sottolinea come dalle più recenti analisi condotte emerga un panorama all’interno del quale le aziende si stanno sempre più avvicinando al public cloud per lo sviluppo e il rilascio di app mobili e portali di eCommerce con l’obiettivo di ingaggiare e fidelizzare la clientela. “Non solo – scrive Bartoletti – il cloud si sta sempre più estendendo anche verso i sistemi core delle aziende ed è ritenuto uno dei pilastri attraverso i quali l’It può risultare competitiva, agile e veloce”.
Flessibilità, velocità e minori Tco delle infrastrutture server sono infatti i principali driver che spingono l’It a scegliere il cloud (figura 1) ma, avverte l’analista, prima di muoversi verso il cloud è bene fermarsi e riflettere su alcune questioni: quanto reali e concreti sono i saving; il public cloud è più economico per molti workload ma potrebbe non essere l’unica forma di cloud possibile; non tutto è adatto e pronto per il modello ‘as a service’.
Le giuste app per il cloud
Assodato che non tutte le applicazioni e i workload sono adatti per il modello cloud, soprattutto per quello di tipo pubblico, come ci si può ‘destreggiare’ nella scelta e da dove partire?
“Da un business case – scrive Bartoletti – che deve partire da un’analisi dei workload. Quelli in cui il demand management è ‘a intermittenza’, come per esempio quelli legati allo sviluppo e testing delle applicazioni, si prestano benissimo per il modello ‘as a service’ pubblico. I workload ‘heavy transaction-oriented’, al contrario, possono trovare sì una risposta nel cloud ma di tipo privato”.
Per riuscire dunque a capire, in prima battuta, cosa sia più ‘adatto’ o meno al modello cloud e a quale tipo di ambiente, sono fondamentali l’analisi e la profilazione delle applicazioni dalle quali ricavare un ‘grado di raccomandazione’ (applicazione fortemente candidata, moderatamente candidata o rischiosa per il cloud) che aiuti a capire il più corretto modello di sourcing (cloud platform, cloud SaaS, cloud managed services)(figura 2).
“E’ innegabile che nell’analisi e valutazione si debbano poi prendere in considerazione anche aspetti quali la sicurezza, la compliance e il networking che incide sulla disponibilità e il processing dei dati”, ricorda l’analista. “In un modello ibrido i dati e le transazioni sono ‘spalmate’ sia su servizi interni sia su servizi esterni: per i dati cui si accede sporadicamente la prossimità può non essere un fattore critico, mentre per i dati che alimentano transazioni intensive la non vicinanza dei dati potrebbe rappresentare un problema”.
Gli elementi di un business case
Tenuto conto di queste preliminari considerazioni ed effettuate le doverose analisi, il passo successivo è rappresentato dalla costruzione di un vero e proprio business case, approccio metodologico cui non sempre l’It è confidente. Bartoletti offre alcuni interessanti spunti invitando gli It manager a sviluppare tre differenti piani per:
- utilizzare piattaforme di public cloud (Iaas e Paas);
- migrare le applicazioni verso il modello SaaS;
- sfruttare al meglio i cloud service provider (anche per aspetti come il change management).
“Il primo passo per analizzare il business case di una cloud platform – scrive Bartoletti – è stimare tutti i costi della propria infrastruttura interna. L’offerta dei vendor oggi è massiva e non sempre molto chiara; non è possibile valutare la migliore offerta se non si ha ben chiaro come sono fatti e quanto costano i sistemi interni”.
Una volta accertati questi aspetti è fondamentale predeterminare i costi di un possibile passaggio al modello cloud, privato o pubblico, calcolando il rapporto e il bilanciamento costo/benefici/ritorni di tutti i tasselli tecnologici: capacità computazionale, storage, networking, sistema di management, processi operativi, ecc.
Per riuscire ad avere una buona fotografia di tutti questi aspetti, secondo l’analista è necessario:
- definire la baseline di server configuration, consolidamento, distribuzione dei sistemi operativi;
- identificare i costi attuali di storage e networking;
- chiarire le spese specifiche per mantenimento dell’hardware e gestione del software;
- calcolare i costi energetici non solo dei server ma anche della ‘banda’ consumata per trasferire dati e servizi It;
- calcolare i costi amministrativi e operativi.
“Solo attraverso un’analisi così dettagliata è possibile ricavare un business case in cui riportare, in dettaglio per ciascuna voce/obiettivo che si intende raggiungere (riduzione delle spese capex, efficienza delle spese operative, miglioramento dell’application delivery, consolidamento delle facility, ecc.) i possibili benefici, i costi da sostenere e rischi probabili di un passaggio verso una piattaforma cloud”, sottolinea l’analista di Forrester. “E solo attraverso un business case così ‘solido’ è possibile definire un realistico percorso redditivo”.
Lo stesso vale, naturalmente, per la definizione di un business case utile a determinare la via migliore per migrare le applicazioni verso modelli SaaS, dove gli elementi di analisi variano dagli impatti sui sistemi esistenti, alle problematiche e costi di integrazione, fino alla valutazione delle eventuali operazioni e costo di ‘come back’ qualora si volesse riportare in house le applicazioni.
Infine, anche per la gestione ottimale dei service provider Forrester suggerisce di ricorrere all’approccio del business case non solo per identificare il miglior partner rispetto alle proprie necessità ed aspettative ma anche per poter avere maggiori garanzie ed un più efficace controllo sugli aspetti di management, Sla, business continuity e disaster recovery.