La Hybrid integration è evoluta da un semplice concetto a un approccio complesso che abbraccia persone, domini, endpoint e modelli di deployment. Le sfide dell’integrazione in un contesto di trasformazione digitale richiedono piattaforme sofisticate come le HIP (Hybrid Integration Platform), capaci di gestire API, integrare applicazioni e dati, e supportare architetture event-driven.
L’implementazione di successo richiede una strategia olistica che consideri le esigenze future e promuova la collaborazione. Il futuro dell’integrazione vedrà l’emergere di HIP 2.0 con AI avanzata, integrazione low-code, e nuovi modelli distribuiti, richiedendo alle organizzazioni di adattarsi continuamente per sfruttare appieno il potenziale della trasformazione digitale.
L’evoluzione della hybrid integration: dalle origini al concetto moderno
L’integrazione ibrida ha subito una notevole evoluzione nel corso degli anni, passando da un concetto relativamente semplice a uno più complesso e sfaccettato.
Inizialmente, la hybrid integration si riferiva principalmente alla capacità di connettere applicazioni, dati e file tra sistemi on-premises e cloud. Tuttavia, come evidenziato da Gartner (Gartner, Use a Hybrid Integration Approach to Empower Digital Transformation), il concetto si è ampliato fino a comprendere quattro dimensioni chiave:
- Persone
- Domini
- Endpoint
- Modelli di Deployment
Questa espansione riflette la crescente complessità dell’ecosistema IT aziendale e la necessità di soluzioni di integrazione più flessibili e complete.
Sul fronte delle persone, l’integrazione non è più dominio esclusivo degli specialisti IT, ma coinvolge anche i cosiddetti “citizen integrator” – sviluppatori ad hoc e utenti aziendali che ora sono chiamati a sviluppare integrazioni senza dover passare attraverso l’IT.
Per quanto riguarda i domini, l’integrazione si estende oltre le applicazioni, abbracciando partner B2B, dati (per analytics) e processi (per automazione e orchestrazione).
Gli endpoint si sono moltiplicati, passando dai tradizionali sistemi on-premises a includere il cloud, i dispositivi mobili e, più recentemente, la vasta gamma di dispositivi IoT.
Infine, i modelli di deployment si sono diversificati, comprendendo non solo ambienti on-premises e cloud, ma anche modelli embedded che utilizzano deployment headless – ora un requisito per le applicazioni SaaS che necessitano di integrazioni sottostanti per soddisfare le esigenze degli utenti finali.
Questa evoluzione riflette la necessità delle organizzazioni di adattarsi a un panorama tecnologico in rapido cambiamento, dove la capacità di integrare sistemi diversi in modo efficiente e flessibile è diventata un fattore critico di successo per la trasformazione digitale.
Le sfide della hybrid Integration in un contesto di trasformazione digitale
La trasformazione digitale ha posto le aziende di fronte a sfide di integrazione senza precedenti, rendendo l’integrazione ibrida non più un’opzione, ma una necessità imprescindibile.
Una delle principali difficoltà risiede nella crescente complessità dell’ecosistema IT aziendale. Le organizzazioni si trovano a gestire una miriade di applicazioni, dati e processi distribuiti tra ambienti on-premises, cloud pubblici e privati, creando un panorama eterogeneo che richiede soluzioni di integrazione sofisticate. La velocità con cui le nuove tecnologie emergono e vengono adottate amplifica ulteriormente questa complessità. Ad esempio, l’implementazione di capacità di intelligenza artificiale per rispondere più rapidamente alle query dei clienti richiede una connettività senza soluzione di continuità con i dati dei clienti, spesso distribuiti su sistemi diversi.
Allo stesso tempo, iniziative IoT orientate al cliente generano un aumento esponenziale del volume e della velocità dei dati provenienti da migliaia di endpoint, richiedendo la migrazione verso piattaforme di storage e calcolo cloud. Questa situazione ha reso obsoleto il tradizionale toolkit di integrazione, costituito da un set di strumenti di integrazione specifici per attività, incapace di affrontare tale livello di complessità.
Le organizzazioni necessitano ora di approcci più flessibili e scalabili, come le piattaforme di integrazione ibrida (HIP), che possono gestire efficacemente l’integrazione attraverso molteplici dimensioni.
Un’altra sfida significativa è rappresentata dalla democratizzazione dell’integrazione. Con la crescente pressione per accelerare la trasformazione digitale, le organizzazioni non possono più fare affidamento esclusivamente su team di integrazione centralizzati. C’è una necessità crescente di abilitare l’integrazione self-service da parte delle linee di business, delle filiali e dei team di sviluppo delle applicazioni, e persino degli utenti aziendali. Questo cambiamento richiede non solo nuovi strumenti, ma anche un ripensamento dei modelli organizzativi e delle competenze necessarie all’interno dell’azienda.
Caratteristiche chiave di una piattaforma di integrazione ibrida efficace
Una piattaforma di hybrid integration (HIP) efficace deve possedere una serie di caratteristiche chiave per affrontare le sfide dell’integrazione moderna e supportare le iniziative di trasformazione digitale.
Una HIP dovrebbe essere, secondo definizione, un insieme coeso di prodotti software di integrazione (middleware) che consente agli utenti di sviluppare, proteggere e governare flussi di integrazione che collegano diverse applicazioni, sistemi, servizi e archivi di dati, nonché di abilitare la rapida creazione/composizione di API e la gestione del loro ciclo di vita per soddisfare i requisiti di una gamma di casi d’uso di integrazione ibrida.
Questa definizione evidenzia la necessità di una piattaforma completa e versatile, che includa le seguenti caratteristiche:
- Capacità di gestire l’intero ciclo di vita delle API: le API sono diventate uno degli stili di integrazione più comuni e una HIP deve consentire di creare, proteggere, gestire e condividere API rapidamente e facilmente attraverso diversi ambienti.
- Integrazione di applicazioni e dati: la piattaforma deve essere in grado di copiare e sincronizzare dati tra applicazioni, affrontando una varietà di problemi relativi a formati e standard dei dati. Questo è essenziale per rompere i silos di dati, uno dei problemi più critici che le organizzazioni affrontano nel tentativo di trasformarsi digitalmente.
- Messaggistica e architettura event-driven: per costruire esperienze cliente più coinvolgenti o reagire agli eventi in tempo reale, le aziende devono poter scambiare dati in modo sicuro attraverso il loro ecosistema, da qualsiasi applicazione basata su cloud a quelle on-premise.
- Capacità di trasferimento dati ad alta velocità: una HIP efficace deve essere in grado di inviare, condividere, trasmettere in streaming e sincronizzare grandi file in modo affidabile e ad alta velocità.
- Funzionalità aggiuntive: una HIP moderna dovrebbe includere funzionalità come single sign-on, logging comune, tracciamento, un repository di asset e una dashboard unificata per riunire tutte le capacità e rendere i flussi di lavoro di integrazione più efficienti.
Strategie per implementare con successo la hybrid Integration
L’implementazione di una strategia di integrazione ibrida di successo richiede un approccio che vada oltre la semplice adozione di una piattaforma tecnologica. È possibile, in tal senso, definire i seguenti passi:
- Una strategia efficace inizia con un’analisi approfondita delle capacità di integrazione già presenti nell’organizzazione, valutando in che misura supportano queste quattro dimensioni.
- Il passo successivo è definire le esigenze di integrazione previste dell’organizzazione su tre orizzonti temporali: i prossimi 12 mesi, i prossimi tre anni e i prossimi cinque anni. Questo approccio lungimirante è cruciale in un contesto in cui la digitalizzazione ha ridotto il controllo dei dipartimenti IT sulle iniziative IT-related.
- È essenziale che il dipartimento IT superi i silos e costruisca una valutazione realistica dei requisiti futuri, considerando iniziative come l’adozione di tecnologie IoT da parte del reparto R&D, l’esplorazione di applicazioni SaaS per la gestione dei talenti da parte delle risorse umane, o l’implementazione di applicazioni di gestione della fedeltà da parte del marketing. Tutte queste iniziative richiederanno una qualche forma di integrazione con i sistemi IT core e potenzialmente tra loro.
- L’adozione di un approccio di integrazione agile, combinato con una robusta piattaforma di integrazione ibrida, può consentire alle organizzazioni di potenziare i propri team con tutto il necessario per accelerare le nuove integrazioni riducendone al contempo i costi. È importante notare che questo approccio dovrebbe permettere alle organizzazioni di continuare a utilizzare la propria infrastruttura esistente e gli stili di integrazione tradizionali, introducendo nel contempo nuove competenze, endpoint, casi d’uso e modelli di deployment al proprio ritmo.
- Una strategia di successo dovrebbe anche promuovere una maggiore collaborazione, democratizzazione e riutilizzo degli asset attraverso funzionalità come i repository di asset, aiutando i team di integrazione a costruire e supportare il volume di integrazioni richiesto dalle iniziative di trasformazione digitale.
- Infine, è fondamentale ricordare che l’implementazione di una strategia di hybrid integration non è un progetto una tantum, ma un percorso continuo di evoluzione e adattamento. Le organizzazioni devono essere pronte a rivedere e aggiornare regolarmente la propria strategia per rimanere al passo con le mutevoli esigenze aziendali e i progressi tecnologici.
Il futuro dell’hybrid integration: tendenze e sviluppi da monitorare
Il futuro dell’integrazione si prospetta dinamico e ricco di innovazioni, con diverse tendenze e sviluppi che meritano attenzione.
Una delle direzioni più promettenti è l’ulteriore evoluzione delle piattaforme di hybrid integration (HIP) verso quello che potremmo chiamare “HIP 2.0”. Queste piattaforme di nuova generazione potrebbero incorporare capacità avanzate di intelligenza artificiale e machine learning per automatizzare e ottimizzare i processi di integrazione. Ad esempio, potrebbero utilizzare l’AI per suggerire automaticamente schemi di integrazione basati su modelli di dati e flussi di lavoro aziendali, riducendo significativamente il tempo e lo sforzo necessari per configurare nuove integrazioni.
Un’altra tendenza significativa è l’aumento dell’integrazione “low-code” o “no-code”, che democratizza ulteriormente il processo di integrazione permettendo anche agli utenti non tecnici di creare e gestire integrazioni complesse attraverso interfacce visive intuitive. Questo potrebbe portare a un’espansione del concetto di “citizen integrator”, con un numero sempre maggiore di dipendenti in grado di contribuire direttamente alle iniziative di integrazione dell’azienda.
L’integrazione event-driven e in tempo reale sta guadagnando sempre più importanza, spinta dalla crescita dell’Internet of Things (IoT) e dalla necessità di reagire istantaneamente ai cambiamenti nei dati e nelle condizioni aziendali. Le future piattaforme di integrazione dovranno essere in grado di gestire enormi volumi di dati in streaming e di orchestrare risposte in tempo reale su scala globale.
La sicurezza e la conformità continueranno ad essere aree di focus critico, con un’enfasi crescente sull’integrazione di funzionalità di sicurezza avanzate direttamente nelle piattaforme di integrazione. Ciò potrebbe includere capacità di crittografia end-to-end, gestione granulare delle identità e degli accessi, e strumenti avanzati per il monitoraggio e l’auditing delle attività di integrazione.
Infine, l’ascesa del edge computing e del fog computing potrebbe portare a nuovi modelli di integrazione distribuita, dove le integrazioni non sono più centralizzate in un unico hub, ma distribuite più vicino ai punti di origine e consumo dei dati. Questo potrebbe richiedere lo sviluppo di nuove architetture e approcci per gestire e orchestrare integrazioni in ambienti altamente distribuiti.
La rivoluzione dell’infrastruttura ibrida distribuita: trend, opportunità e soluzioni
L’infrastruttura ibrida distribuita (DHI) sta emergendo come una soluzione chiave per le aziende che cercano di unificare il controllo su diversi scenari di implementazione, dal cloud pubblico alle sedi on-premises fino all’edge.
Secondo Gartner, entro il 2026 il 50% delle imprese avvierà proof of concept per prodotti DHI alternativi per sostituire le implementazioni basate su VMware e abbracciare l’infrastruttura cloud ibrida, in aumento rispetto al 10% del 2024. Questa tendenza riflette la crescente necessità di flessibilità e agilità nell’implementazione delle applicazioni in modo distribuito, mantenendo un approccio cloud o cloud-inspired.
Secondo l’ultimo Magic Quadrant di Gartner, quelle che seguono sono i 5 fornitori leader nel mercato delle Distributed Hybrid Infrastructure.
Amazon Web Services (AWS)
Amazon Web Services (AWS) è uno dei leader nel mercato delle infrastrutture ibride distribuite grazie a un ampio portafoglio di soluzioni tra cui AWS Outposts, AWS Local Zones e AWS Snow Family. Outposts consente di estendere i servizi AWS nei data center locali dei clienti attraverso un’infrastruttura completamente gestita e integrata con il cloud pubblico. Local Zones, disponibili in diverse regioni geografiche, offrono il supporto necessario per i carichi di lavoro sensibili alla latenza, con nuovi servizi per AI generativa tramite istanze EC2. Snow Family, invece, si rivolge ai casi d’uso edge, garantendo operazioni affidabili anche in ambienti con connettività limitata.
AWS si distingue per la sua capacità di fornire un’infrastruttura scalabile e completamente gestita attraverso AWS Outposts, semplificando la gestione e riducendo la complessità operativa.
Tuttavia, AWS Outposts presenta limitazioni nelle operazioni disconnesse, costringendo i clienti a ricorrere ad AWS Snow Family per situazioni di connettività intermittente. Inoltre, il processo di onboarding per AWS Outposts può risultare complesso e lungo, specialmente nella fase di pianificazione e dimensionamento dell’infrastruttura.
- Infrastruttura completamente gestita con AWS Outposts.
- Supporto avanzato per AI generativa tramite istanze EC2 in AWS Local Zones.
- Strumenti di disaster recovery evoluti con AWS Elastic Disaster Recovery.
Broadcom
Broadcom, con il suo prodotto di punta VMware Cloud Foundation (VCF), è un leader consolidato nel mercato delle infrastrutture ibride distribuite. Dopo l’acquisizione di VMware nel 2023, Broadcom ha apportato miglioramenti significativi al proprio portafoglio, introducendo soluzioni come Private AI Foundation con NVIDIA e il sistema di archiviazione disaggregata vSAN Max. VCF è progettato per la gestione di infrastrutture ibride, edge computing e ambienti containerizzati.
L’adozione di VMware Cloud Foundation garantisce un approccio integrato per il cloud privato, pubblico ed edge, con il vantaggio di poter essere implementato sia come appliance integrato che come servizio attraverso vari partner hardware, tra cui Dell Technologies, HPE e Lenovo. La presenza di un’ampia base installata globale di utenti VMware e la disponibilità di un supporto esteso per il deployment su cloud hyperscaler come AWS, Azure, Google e IBM rende questa soluzione particolarmente interessante per chi già utilizza prodotti VMware.
Tuttavia, la transizione da licenze perpetue a modelli in abbonamento ha comportato un aumento dei costi per molti clienti esistenti, spingendo alcune organizzazioni a pianificare la migrazione verso alternative. Inoltre, l’esperienza di supporto tecnico post-acquisizione ha ricevuto feedback negativi, con alcuni clienti che lamentano difficoltà nell’ottenere un servizio adeguato.
- Ampio supporto per VMware Cloud Foundation su varie piattaforme hardware.
- Compatibilità con NVIDIA per soluzioni di AI private.
- Elevata integrazione con hyperscaler come AWS, Azure e Google.
Microsoft
Microsoft si conferma un leader solido grazie all’offerta combinata di Azure Stack HCI e Azure Arc, che estendono la piattaforma Azure verso ambienti locali ed edge. Azure Stack HCI è una soluzione hyperconverged che permette di implementare risorse di calcolo, storage e rete nei data center aziendali, mentre Azure Arc consente la gestione centralizzata di infrastrutture ibride e multi-cloud.
L’integrazione tra Azure Arc e Azure Kubernetes Service (AKS) semplifica la gestione dei cluster Kubernetes, sia on-premises che nel cloud. Questo approccio unificato fornisce un’esperienza coerente attraverso ambienti multi-cloud e hybrid cloud, migliorando la sicurezza e il monitoraggio tramite Azure Monitor e Microsoft Defender for Cloud.
Nonostante i numerosi punti di forza, alcuni clienti trovano complesso gestire l’intero stack hardware e software, specialmente quando si devono utilizzare più strumenti di amministrazione. Inoltre, Azure Stack HCI non è sempre considerato adeguato per grandi implementazioni o migrazioni da cloud privati, mostrando limiti di scalabilità in tali scenari.
- Integrazione completa con Azure Arc per ambienti multi-cloud.
- Supporto avanzato per Kubernetes con AKS su Azure Arc.
- Sicurezza e monitoraggio avanzati con Azure Monitor e Defender.
Nutanix
Nutanix si distingue nel mercato con Nutanix Cloud Platform (NCP), una soluzione completa che comprende Nutanix Cloud Infrastructure, Nutanix Kubernetes Platform (NKP) e Nutanix Unified Storage. Il prodotto è apprezzato per la sua semplicità di gestione e migrazione da ambienti VMware, oltre alla portabilità delle licenze su diversi server hardware e cloud pubblici come AWS e Azure.
Il supporto AI-ready con il prodotto GPT-in-a-Box è particolarmente interessante per le organizzazioni che cercano capacità avanzate di intelligenza artificiale senza dover ricorrere a soluzioni cloud-native. Tuttavia, Nutanix non è considerato una vera e propria soluzione cloud-native, limitando il suo appeal per chi desidera un’infrastruttura esclusivamente pubblica.
Inoltre, alcuni clienti possono trovare complicato il processo di acquisto a causa della disponibilità non uniforme dei modelli di consumo as-a-service.
- Facile migrazione da VMware e gestione multi-cloud.
- Capacità AI-ready con GPT-in-a-Box.
- Portabilità delle licenze su server hardware e cloud pubblici.
Oracle
Oracle è un leader nel mercato grazie alla sua offerta Oracle Cloud Infrastructure (OCI) che include OCI Dedicated Region e Oracle Compute Cloud@Customer. Questa soluzione è progettata per utenti con requisiti di sovranità dei dati e necessità di deployment multicloud. La recente aggiunta di funzionalità per AI generativa rende OCI interessante anche per settori regolamentati come finanza e telecomunicazioni.
L’architettura Oracle permette di implementare ambienti completamente air-gapped per applicazioni ad alta sicurezza e disaster recovery. Tuttavia, rispetto ad altri provider, la strategia per AI generativa è meno matura e il marketing di tali funzionalità risulta poco efficace.
Un altro aspetto critico è la percezione negativa di Oracle come fornitore tradizionale, che può disincentivare alcune aziende dall’adozione della piattaforma.
- Interconnessione multicloud con Azure e AWS.
- Supporto per ambienti air-gapped ad alta sicurezza.
- Integrazione avanzata con Oracle Database su cloud ibridi.
Guida alla scelta dell’infrastruttura ibrida distribuita per le aziende moderne
La scelta dell’infrastruttura ibrida distribuita (DHI) più adatta alle esigenze di un’azienda moderna richiede una valutazione attenta di diversi fattori.
Innanzitutto, è fondamentale considerare la scalabilità e la flessibilità della soluzione. Fornitori come Amazon Web Services offrono soluzioni come AWS Outposts che estendono i servizi AWS Regions più vicino ai clienti, consentendo una maggiore flessibilità nell’implementazione di workload sensibili alla latenza. Tuttavia, è importante notare che alcune soluzioni, come AWS Outposts, mancano di supporto per operazioni disconnesse, il che potrebbe essere un fattore limitante per ambienti edge con connettività limitata o intermittente.
Un altro aspetto critico da valutare è l’integrazione con l’infrastruttura esistente e la facilità di gestione. Soluzioni come VMware Cloud Foundation (VCF) di Broadcom offrono un’unica offerta DHI con portabilità delle licenze, semplificando la valutazione e il riconoscimento delle funzionalità DHI. Tuttavia, i recenti cambiamenti nelle licenze e la ristrutturazione dei prodotti hanno aumentato i costi per molti utenti esistenti di soluzioni VMware, spingendo alcuni clienti a cercare alternative.
La sicurezza e la conformità normativa sono altri fattori cruciali. Oracle, ad esempio, offre OCI Dedicated Region che può supportare workload AI in regioni con requisiti di sovranità dei dati. Per le aziende che operano in settori altamente regolamentati, questa potrebbe essere una considerazione importante.
Infine, è essenziale valutare il supporto e l’ecosistema di partner del fornitore. Microsoft, ad esempio, si distingue per il suo ampio ecosistema di partner OEM, inclusi Dell Technologies, Hewlett Packard Enterprise e Lenovo, che offrono implementazioni di Azure Stack HCI. Questo può fornire maggiore flessibilità e opzioni di supporto per le organizzazioni.