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Diventare broker di servizi con l’hybrid IT

Nuovi strumenti, cambiamenti culturali e altri ingredienti possono rendere l’IT aziendale più agile e soprattutto più significativa per lo sviluppo del business aziendale. L’evoluzione virtuosa del reparto IT secondo un recente white paper pubblicato da DXC: “Embrace hybrid IT and become a broker of services”

Pubblicato il 20 Feb 2019

Diventare broker di servizi con l’hybrid IT

Sempre più aziende guardano oggi al modello dell’IT ibrida per ridurre i costi, aumentare la business agility e anche per rimediare alla proliferazione di servizi cloud scelti in autonomia dalle LOB, con conseguenti problemi d’integrazione, sicurezza e governance sui dati.

Diventare service broker

Per ottenere questi benefici non basta la tecnologia, serve cambiare modalità di lavoro dei team IT per poter operare come broker di servizi informatici; tema approfondito nel nuovo white paper redatto da DXC dal titolo Embrace hybrid IT and become a broker of services. Cosa significa diventare service broker? Per gli estensori del white paper significa aver cambiato cultura al dipartimento IT, essere in grado di offrire le applicazioni in modalità self service ai business user in modo che questi possano disporne nel momento in cui ne hanno la necessità. Questo significa aver approntato un catalogo con le applicazioni disponibili, erogabili sia on premise sia dall’esterno, comprendendo le componenti d’infrastruttura, middleware e quant’altro occorra.

Il reparto IT deve avere le competenze per capire quali applicazioni migrare in cloud e quali è più conveniente tenere on premise e, come service broker, dovrà supportare entrambe le opzioni, impegnandosi su standardizzazione e razionalizzazione delle applicazioni (aspetti che da soli hanno un potenziale di riduzione dei costi compreso tra il 15 e il 40%).

Adottare la metodologia DevOps

Un altro aspetto è l’adozione di DevOps. Mentre aumenta il numero delle applicazioni business e si adottano strumenti d’automazione per velocizzare le fasi di rilascio e test, diventa critico rendere altrettanto efficiente la gestione operativa nel ciclo di vita del software attraverso l’adozione di metodologia DevOps.

Chi opera come service broker ha inoltre bisogno di ambienti IT più flessibili e agili che permettano di supportare più cloud provider e più tipologie di cloud (Iaas, Paas, Saas oltre ai business process as a service-BPaas), oltre all’IT tradizionale. L’IT aziendale deve infatti poter arruolare qualsiasi nuovo servizio di cloud pubblico o privato nel momento in cui le LOB dovessero averne bisogno.

Rafforzare la governance

La crescita della complessità richiede il rafforzamento della governance, la capacità di applicare policy aziendali, di security e di settore, in particolare negli ambiti più regolamentati attraverso strumenti di service integration e management, tagliati sulle specifiche necessità.

L’IT deve tener d’occhio le prestazioni, i costi dei servizi utilizzati e prevederne le evoluzioni. Deve poter decidere dove è meglio fare deploy, se in cloud privato o pubblico, per applicazioni in sviluppo o in produzione, tenendo in considerazione le esigenze di costo e protezione dei dati sensibili. In ambienti ibridi, che comprendono sistemi on premise e di differenti cloud provider, serve avere visibilità end-to end di cosa accade, serve sapere dove si stanno spendendo i soldi e come poter ottimizzare. L’ultimo aspetto riguarda la rilevanza del supporto che l’IT riesce a dare all’azienda. Diventare service broker significa abilitare il business aziendale, avere quindi dai vertici aziendali una grande responsabilità che si estende alle capacità di restare aggiornati con i cambiamenti del mercato IT. In sintesi, fanno notare gli esperti, per poter adottare il nuovo modo di lavorare è importante il pieno supporto da parte del management, e dare all’IT un ruolo guida nello sviluppo dei cambiamenti culturali e organizzativi aziendali.

*Fonte dell’articolo è il blog di DXC.

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