Le acquisizioni, si sa, aprono lunghi percorsi di integrazione e trasformazione organizzativa che a volte lasciano il mercato (della domanda) un po’ sospeso. Non è questo il caso. Non si è fatto attendere molto l’annuncio che mostra concretamente alle aziende cosa farà IBM a seguito dell’acquisizione di Red Hat: trasformare tutto il portafoglio dell’offerta software in soluzioni cloud-native ottimizzate per Red Hat OpenShift e disponibili in diversi ambienti cloud, da AWS a Microsoft Azure, passando per Google Cloud Platform e il cloud di Alibaba, fino ad arrivare ovviamente ad IBM Cloud.
La prima tappa di questa trasformazione vede come offerta soluzioni pre-integrate, le IBM Cloud Paks; già un centinaio le proposte, vendute secondo il modello cloud e la logica del “pay per use”. Eccone alcune:
– Cloud Pak for Data, “pacchetto” che fornisce un’architettura di virtualizzazione dei dati per applicazioni di Analytics, Insights e anche intelligenza artificiale;
– Cloud Pak for Applications, soluzione pensata per accelerare lo sviluppo applicativo;
– Cloud Pak for Integration, integra app, dati, servizi cloud e API ed è disegnato per ridurre i costi (e le problematiche) di integrazione;
– Cloud Pak for Automation, soluzione che permette di automatizzare processi e flussi di lavoro accelerando quindi approvazioni e decisioni (nonché il time to market);
– Cloud Pak for Multicloud Management, piattaforma di gestione degli ambienti multicloud.
In questa prima fase di integrazione, la piattaforma OpenShift di Red Hat viene resa disponibile sul cloud pubblico di IBM ma il passo successivo è portare la piattaforma sui sistemi IBM Z e LinuxONE che, si legge in una nota stampa rilasciata da IBM, insieme alimentano più di 30 miliardi di transazioni applicative al giorno a livello globale. OpenShift è comunque già disponibile sui Power Systems e Storage di IBM.