In un mercato cloud, di tipo pubblico, dominato oggi da tre vendor principali (Amazon Web Services, Microsoft Azure e Google Cloud), IBM si posiziona come player capace di affiancare le aziende nelle sfide più ardue di trasformazione (e transizione) digitale che vedono i sistemi legacy ancora protagonisti, ma bisognosi di personalizzazioni, strategie di modernizzazione e ambienti ibridi, spesso in ottica multicloud.
Strategia, quella dell’hybrid e multicloud, che dopo l’annuncio del piano di acquisizione di Red Hat prende forma anche in ottica open source posizionando IBM quale player in grado di fornire il necessario ponte tra gli ambienti on-premises e cloud.
Container per portare in cloud applicazioni mission critical
“Le aziende hanno i propri dati sparsi in ambienti, applicazioni e servizi diversi”, esordisce Harish Grama, Vice President & General Manager, IBM Cloud Platform, durante una recente video intervista rilasciata a TheCUBE durante IBM Think 2019 (tenutosi a febbraio a San Francisco). “Spostare le risorse – dove risiedono i dati – non è mai un processo facile, però dopo anni di cloud computing sappiamo che è possibile portare verso il cloud anche le infrastrutture e le applicazioni mission-critical. Ora la sfida è riuscire a raggiungere la stessa flessibilità, con la massima garanzia di sicurezza, anche a livello di servizi applicativi e dati”.
Un’opportunità che, secondo Grama, può oggi essere colta grazie ai container applicativi e, soprattutto, a Kubernetes (k8s), un sistema open source nato per automatizzare la distribuzione, il ridimensionamento e la gestione di applicazioni containerizzate [inizialmente sviluppato da Google adesso mantenuto da Cloud Native Computing Foundation – ndr], per distribuire i container in modo agevole e scalabile ma anche gestire al meglio i carichi di lavoro (distribuiti in ambienti ibridi e multicloud).
“Oggi la sfida dell’IT è riuscire a spostare i carichi di lavoro in un ecosistema tecnologico “modellabile” e “trasportabile” in funzione di specifiche esigenze, sfruttando risorse ed ambienti ibridi a supporto di qualsiasi applicazione e servizio”, spiega Grama. “Non si tratta semplicemente di spostare infrastrutture e applicazioni in cloud ma di sfruttare qualsiasi risorsa possa dare “vitalità” e valore all’applicazione (di qualunque natura essa sia e ovunque si trovi)”.
Un obiettivo oggi reso possibile proprio dalla containerizzazione (e dall’orchestrazione dei container via Kubernetes) che permette di costruire ed eseguire un servizio applicativo on-premise, su un cloud privato o pubblico o in cloud pubblici di differenti partner.
È quello che Grama chiama cloud mission-critical sicuro: “Ora è possibile eseguire la stessa applicazione in locale, in un ambiente dedicato in cloud pubblico, su IBM o in un mondo multicloud”.
La sfida più ardua, oltre alla sicurezza naturalmente, è riuscire a rendere disponibili i servizi applicativi in modo “portatile” (dove servono e quando servono), esattamente come si fa oggi con i dati. Per riuscire ad avere questa “portabilità” è necessario “concentrarsi sui workload, sui carici di lavoro, in modo da capire come va gestita la distribuzione del servizio applicativo”, sottolinea Grama enfatizzando il fatto che un simile cambio di paradigma richiede una nuova visione (e competenze nuove) anche da parte degli sviluppatori.
“Il mondo IT diventa sempre più complesso, ibrido e multicloud; sarà il software a permette di governare tale complessità. Gli sviluppatori avranno sempre più bisogno di un ambiente “pulito” in cui lavorare, una infrastruttura programmabile”, è l’analisi conclusiva di Grama. “Il tutto può racchiudersi in un’unica parola: scelta (avere possibilità di scelta)”.
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Harish Grama, Vice President & General Manager, IBM Cloud Platform a maggio sarà in Italia. È possibile incontrarlo l’8 maggio a Milano, durante l’evento IBM Cloud Tech Up Tour Live@Lab 2019
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