BARCELLONA – Software defined data center (Sddc). End-user computing. Hybrid cloud. È nell’ambito di queste tre tematiche che si focalizzano gli annunci di Vmware nel corso del Vmworld di San Francisco (fine agosto) e, con ulteriori novità, al Vmworld Europe di Barcellona (seconda metà di ottobre). “Software defined data center, end-user computing e hybrid cloud – ha infatti affermato Pat Gelsinger, Ceo di Vmware – sono i mattoni fondamentali per la costruzione dell’It-as-a-service, la risposta giusta alle nuove esigenze dell’era del cloud e del mobile”.
È trascorso un anno dal Vmworld 2012 durante il quale Vmware ha lanciato la sua visione di Sddc. Da allora una serie di nuove soluzioni (alcune ottenute con acquisizioni) e di servizi (come i primi data-center creati negli Usa direttamente o con partner) hanno permesso alla software house di rendere implementabile questo modello in tutti gli ambiti di un data center, con una sempre maggiore estensione verso l’hybrid cloud. Mike Adams, Group Product Marketing manager VMware, ha spiegato così a ZeroUno i principali vantaggi del Software defined data center: “Li possiamo sintetizzare in quattro punti: efficienza, o la capacità di consentire risparmi a livello sia di Opex sia di Capex; maggiore controllo, con benefici anche a livello di gestione delle compliance; agilità, in quanto permette di aumentare la reattività e la proattività dell’It di rispondere ai bisogni del business; e scelta, perché abilita l’uso di diversi tipi di infrastrutture e piattaforme”.
Gli strumenti per realizzare il Sddc
“Software defined data center significa – ha sottolineato più volte Gelsinger – che la gestione di un’infrastruttura It diventa una questione di programmazione, si basa su policy e riserva uno spazio sempre maggiore all’automazione. Nel corso di questo primo anno, Vmware è riuscita a estendere questo approccio a ogni aspetto del data center: computing, storage, networking e management. “Una buona parte degli strumenti necessari per implementare il Sddc sono contenuti nella Vmware vCloud Suite”, ha aggiunto Adams. È infatti in questa piattaforma che sono inclusi gli strumenti che consentono, sulla base del software di virtualizzazione vSphere, di costruire una cloud privata con funzionalità di automazione del provisioning, configurazione e controllo delle applicazioni basate su policy e analisi dei costi. “A queste soluzioni – ha sottolineato Adams – si sono aggiunti altri due componenti fondamentali: Vmware Virtual San, per virtualizzare lo storage, e Vmware Nsx, per la network virtualization. Inoltre abbiamo introdotto nuove soluzioni per il backup e per il disaster recovery”. Vmware vSan mette a disposizione delle macchine virtuali pool virtualizzati di risorse storage di diverso tipo: dai tradizionali disk array direct-attached alle tecnologie flash, sempre più essenziali a supporto di applicazioni per l’analisi in tempo reale dei big data o per carichi di lavoro transazionali ad alte performance, mentre Vmware Nsx consente di disaccoppiare la gestione delle virtual machine dall’hardware e di spostarle all’interno di una rete nel giro di pochi minuti.
Dalle private cloud all’hybrid cloud in modo trasparente
L’importanza dell’estensione della virtualizzazione anche allo storage e al networking, come nuova pietra miliare nell’implementazione del modello Sddc, è stata enfatizzata a ZeroUno anche da Luca Zerminiani, Systems Engineer Director di Vmware Italia. “Se non si deve più intervenire sull’hardware non solo a livello di server, ma anche di storage e di rete, cambia il modello operativo di gestione delle macchine virtuali”. Questo cambiamento rappresenta, per il manager, la vera rivoluzione del Software defined data center. “Con il Sddc – ha aggiunto Zerminiani – tutto quello che riguarda la gestione delle virtual machine viene inglobato nell’hypervisor, comprese attività come il load balancing o la sicurezza, al punto che ormai non si parla neanche di virtual appliance: tutto viene integrato nell’hypervisor sotto forma di codice. In questo modo, il Software defined data center si configura come l’abilitatore delle hybrid cloud. E con hybrid cloud intendo la portabilità trasparente di carichi di lavoro tra private e public cloud. Questo, ovviamente, è possibile ai massimi livelli se nella cloud pubblica è utilizzato lo stesso stack tecnologico presente in quella privata”.
Vmworld Europe è stata l’occasione anche per annunciare la nascita del primo data center Vmworld vCloud Hybrid Service in Europa, e per la precisione a Slough, nel Regno Unito. “Il target – ha spiegato a ZeroUno Roberto Bullani, country manager di Vmware in Italia – sarà costituito soprattutto da grandi aziende”. Bullani ha tenuto a precisare che la strategia di Vmware nell’offrire servizi per realizzare hybrid cloud “prevede sia la creazione di propri data center sia lo sviluppo di infrastrutture di questo tipo in partnership con service provider”. Quest’ultimo, molto probabilmente, potrebbe essere l’approccio privilegiato in Europa e, soprattutto, in Italia. “Un mercato – ha aggiunto il country manager – dove la maggior parte dei provider di servizi public cloud già utilizzano la nostra tecnologia”.
L’end-user al centro
Grande spazio nella nuova visione dell’It-as-a-service di Vmware, infine, ha l’end-user computing. Dove per end-user si intende l’utente di endpoint che vanno dai pc tradizionali, fissi e mobili, ai device mobili del Bring your own device. E dove le applicazioni spaziano da quelle Windows a quelle web, fino alle soluzioni Software-as-a-service (SaaS). L’obiettivo della strategia Vmware è permettere l’accesso efficiente, sicuro e policy-based alle applicazioni aziendali attraverso qualsiasi dispositivo e, attraverso cloud, da ogni parte del mondo. Va letta in questa cornice l’acquisizione di Desktone, società specializzata in piattaforme Desktop-as-a-service (in pratica la gestione in cloud di dekstop virtuali) basate su un approccio di multitenancy. Con questa operazione Vmware si è dotata di un’ulteriore tecnologia da mettere a disposizione dei propri partner per offrire servizi Daas. Servizi adatti anche a clienti che non dispongono, al proprio interno, di risorse specializzate in Virtual desktop infrastructure (Vdi).