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IaaS e prestazioni on-premises? Le indicazioni di Quanture

Avere tutti i vantaggi del cloud con l’infrastruttura che si ha in casa? Oggi si può grazie all’Iaas on-premises. Tramite questo approccio è possibile affrontare temi complessi come il Disaster Recovery con nuove modalità operative. Ci spiegano come Marco Lazzarini e Giovanni Golinelli di Netmind

Pubblicato il 10 Feb 2022

IaaS

Come dimostrano svariati casi di successo, molte aziende si sono spostate sul cloud ottenendo risultati importanti. Tuttavia, c’è anche il rovescio della medaglia, perché il cloud impone diverse limitazioni. “Infatti – sottolinea Marco Lazzarini, Systems and Storage Engineer di Quanture – seppure sia innegabile tutto ciò che offre in termini di velocità, scalabilità e pay per use, l’utilizzo di un’infrastruttura esclusivamente in cloud, impone diversi limiti rispetto a quella on-prem. Con quest’ultima, ad esempio, si hanno i dati in casa e si è sicuri di determinate performance e flessibilità nell’utilizzo dell’infrastruttura stessa. Sono tutti dettagli che si perdono quando si utilizza un approccio completamente in cloud”.

Esiste, però, un’alternativa che permette di ottenere il meglio dei due mondi, ovvero di unire tutti i vantaggi dell’approccio tradizionale e dell’approccio in cloud in un’unica soluzione. Si tratta dello IaaS, Infrastructure as a Service, on-premises.

Stimare l’infrastruttura necessaria fra 5 anni

Quando un’azienda si trova a dover investire in una nuova infrastruttura, per obsolescenza e per implementare nuovi servizi, di solito ne determina un orizzonte temporale di esercizio che varia da 3 a 5 anni. All’interno di questo periodo è quindi necessario considerare un incremento di risorse, per rendere l’investimento il più efficace possibile.

“Nasce, quindi, l’importante problema dell’overprovisioning – afferma Giovanni Golinelli, Presales Manager, Hybrid IT Architect di Netmind –. Si eseguono delle stime e questo porta a un acquisto iniziale molto importante, con risorse che, nella migliore delle ipotesi, verranno utilizzate nella loro interezza solo dopo alcuni anni. Ma, potrebbero anche non essere mai usate perché, nel tempo, le cose possono cambiare e le previsioni potrebbero essere completamente stravolte dagli eventi”.

Servono più risorse? Arrivano fra sei mesi

La difficoltà nel fare previsioni precise spesso porta a essere conservativi, con il rischio, però, di poter esaurire le risorse. Ci si può, quindi, dover trovare ad affrontare un problema di scalabilità. E aggiungere più potenza di calcolo, più memoria o più storage non è detto sia semplice e agevole con gli strumenti in casa. “Questo per motivi sia tecnici che pratici ­– aggiunge Giovanni Golinelli –. Infatti, dal momento in cui viene stabilito quali risorse devono essere aggiunte all’infrastruttura attuale, a quello in cui effettivamente si è in grado di utilizzare tali risorse, rischiano di passare anche 5-6 mesi. E questo può rivelarsi un problema”.

Con l’IaaS è tutto risolto, o quasi

Tramite l’IaaS si semplificano tutti questi aspetti. L’idea è proprio quella di sgravare l’IT interno da mansioni come, ad esempio, l’aggiornamento dei server e le manutenzioni, in modo tale da dover gestire solo la parte applicativa, quella che rappresenta il core dell’azienda. “L’IT non si deve disinteressare completamente dall’aspetto infrastrutturale – sostiene Marco Lazzarini –, però deve assumere un ruolo di management dell’infrastruttura; quindi, più focalizzato sugli obiettivi da raggiungere con le risorse”.

In tutto ciò, però, c’è un elemento che limita fortemente l’approccio IaaS in cloud: i dati. Non tutti possono essere portati sulla “nuvola” (se ne guardano bene le aziende del banking e del finance) e, quando si può, c’è da verificare se le normative vigenti (prima fra tutti il GDPR, ma non solo) sono correttamente rispettate. In pratica, il fatto di poter tenere in casa i propri dati semplificherebbe molto la vita di tutti.

Il cloud on-premises

Come anticipato, la soluzione ideale è l’Infrastructure as a Service on-premises, che permette di portare in casa delle risorse hardware e gestirle in modalità servizio. Quindi, l’azienda paga, effettivamente, quello che usa e non quello che gli è stato fornito. La gestione è tutta a carico del provider del servizio: l’azienda si preoccupa solamente di poter gestire le sue macchine e, nel caso che serva, di chiedere più risorse. La scalabilità è immediata, non esiste l’overprovisioning e nessun dato viene spostato all’esterno dell’azienda.

“È bene però chiarire cosa vuol dire “in casa” – precisa Giovanni Golinelli –. Se un’azienda ha una sala macchine adeguatamente attrezzata, può avere un armadio rack da aggiungere alla sua infrastruttura. Nel caso ciò non fosse possibile, per “in casa” si può considerare anche la locazione in una data center specifico, dove comunque l’azienda ha pieno accesso e piena proprietà di quello che è contenuto all’interno dell’armadio rack. Questo risolve molteplici problemi legali per quanto riguarda il GDPR”.

Quante risorse mi porto in casa?

In termini di risorse, come viene dimensionato l’hardware da avere on-premises affinché consenta di scalare e affrontare necessità future? “È una delle domande che ci dobbiamo fare in fase di progettualità e capire realmente, confrontandoci con l’azienda, il tipo di evoluzione che si prevede – dice Giovanni Golinelli –. Viene fatto un assessment che determina le risorse iniziali: i dati che ne derivano ci servono come base per i ragionamenti successivi. Questi possono essere integrati con ulteriori risorse, come per esempio nel caso in cui l’azienda abbia già pianificato nuovi servizi. Il progetto che ne scaturirà sarà in grado di erogare da subito il 10-20% in più delle risorse precedentemente conteggiate. Per quanto riguarda la contabilizzazione delle risorse utilizzate viene invece stabilita una soglia minima dell’80%, costantemente verificata tramite il monitoraggio incluso nel servizio. Questo vuol dire che, nel momento in cui l’azienda inizia a utilizzare anche le risorse opzionali fornite in partenza, si opera già una previsione su come potenziare ulteriormente l’infrastruttura. L’obiettivo è fare in modo che i tempi di attesa non siano più di 5-6 mesi: è importante fornire all’azienda risorse sufficienti già nell’arco di un paio di settimane, secondo un vero e proprio modello pay per use”.

Con Quanture anche il disaster recovery è as a service

Sfruttando il principio dell’IaaS on-premises, Quanture ha iniziato a occuparsi anche di disaster recovery as a service. “Il disaster recovery che tante aziende hanno già avviato – evidenzia Marco Lazzarini – è semplicemente un’infrastruttura identica a quella posseduta on-premises dislocata in un altro stabile, piuttosto che in un luogo geograficamente distante dove riaccendere le virtual machine, le macchine o i servizi generali in caso di disastro. Questo comporta un investimento iniziale doppio, con la speranza che la seconda infrastruttura non verrà mai utilizzata, cioè che non ce ne sarà mai veramente il bisogno. In pratica, si fa un investimento importante in termini di costi e di tempo (di configurazione e di gestione) per una cosa che non è detto che verrà mai utilizzata”.

Netmind ha, quindi, deciso di proporre tutta la gestione del disaster recovery come servizio all’interno del modello IaaS. Quindi, l’azienda non si deve preoccupare né della configurazione né di tutte le fasi di test, monitoraggio e adeguamento delle policy. Come detto in precedenza, tramite un processo di assessment viene definita una baseline di risorse in funzione del carico computazionale che l’azienda ha nel data center primario – risorse che verranno pagate solo nel momento in cui l’azienda effettivamente attiverà il suo disaster recovery.

“Quindi – afferma Giovanni Golinelli – una tematica molto, molto delicata e difficile da gestire e da configurare viene interamente gestita da Quanture, senza che l’azienda si preoccupi più dell’infrastruttura tradizionale, né degli aspetti relativi a scalabilità di risorse, velocità, analisi e sicurezza”.

New call-to-action

Un servizio sartoriale

Un cloud pubblico offre molte possibilità ed è molto variegato, “ma difficilmente riesce a seguire un approccio sartoriale sul tipo di risorse che possono essere messe a disposizione di un’azienda, cosa che, invece, può fare un provider come Quanture – conclude Marco Lazzarini –. Potendo creare un’infrastruttura a partire dalle esigenze dell’azienda, siamo confidenti di essere più flessibili e calzanti nel fornire la soluzione più adatta, corredata di un’assistenza professionale e competente h24”.

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