Caso Utente

Rifocalizzazione per la competizione

Un lungo percorso di riposizionamento e rifocalizzazione per sostenere al meglio la sfida competitiva e poter fare dell’innovazione continua la bandiera della società, anche dopo la vendita di alcune unità di business ad altri attori. Così Sara Lee ha saputo rimettersi in gioco. Ma quali sono i pilastri su cui si fonda l’evoluzione della multinazionale? E attraverso quali elementi l’It è riuscita a supportare il cambiamento e garantire innovazione e crescita?

Pubblicato il 27 Gen 2011

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Il 6 dicembre 2010 si è conclusa la seconda fase di vendita, a livello mondiale, che ha portato Sara Lee, multinazionale con sede a Chicago che commercializza i propri brand in oltre 180 Paesi del mondo, a cedere una parte del proprio business, quello dedicato alla cura della persona, al colosso anglo olandese Unilever (dopo aver ceduto tra il 2009 e il 2010, sempre a livello mondiale, un’altra parte del proprio business a Procter&Gamble). 

ZeroUno ha incontrato poco prima della chiusura di questa seconda importante fase di rinnovamento aziendale Domenico Zaccone (a sinistra), amministratore delegato di Sara Lee Italy, e Luigi Pignatelli (a destra), It manager dell’azienda.
Parliamo di un’azienda che possiede un portafoglio prodotti più innovativo che include marchi nei settori  alimentare, bevande, igiene personale e cura della casa Ball Park, Badedas, Depilzero, Douwe Egberts, Fissan, Glysolid, Hillshire Farm, Jimmy Dean, Kiwi, Sanex, Sara Lee e Senseo,  leader di mercato e apprezzati e usati da milioni di persone ogni giorno.
Nell’insieme questi marchi generano circa 13 miliardi di dollari di ricavi netti con vendite in quasi tutti i Paesi del mondo per una multinazionale che conta più di 41.000 dipendenti a livello globale.
“Il processo di disinvestimento è iniziato in realtà già nel 2004 – racconta Zaccone per meglio contestualizzare lo scenario all’interno del quale si è mossa l’azienda italiana negli ultimi anni – quando Sara Lee era un’azienda con strategie espansive guidate più da logiche finanziarie che dalla ricerca di business adiacenti. Il 2004 è stato l’anno di svolta dal quale è partito un processo di focalizzazione del business, in particolare nelle aree Food, Coffe&Tea, House&Body Care. Questo ha significato, in termini economici, passare da un’azienda da 20 miliardi di dollari di fatturato nel 2004 a un business di 13 miliardi dal 2005 in poi (con l’85% proveniente dal mondo Food)”.

Creare massa critica, un nuovo modello di leadership e rivedere i processi
La contestualizzazione del processo di cambiamento dell’azienda ad anni che sembrerebbero ormai lontani è doverosa perché evidenzia la volontà strategica della multinazionale di strutturarsi sinergicamente al proprio interno con scelte che hanno toccato, in particolar modo, le aree del procurement, delle supply chain operations, delle human resources e dell’Information technology (aree che dal 2004/2005 sono state centralizzate e gestite in modo unificato a livello mondiale).
“Le scelte di maggior focalizzazione del business e centralizzazione di determinate attività – precisa Zaccone – sono poi risultate vincenti anche nelle fasi successive di disinvestimento”.
“Il contesto italiano della società – prosegue il Ceo – ha avuto un percorso storico leggermente diverso. Sara Lee in Italia è nata nel 1992 attraverso acquisizioni e fino al 2000 l’azienda ha focalizzato gli sforzi sull’integrazione dei vari business acquisiti, da quella commerciale a quella amministrativa, dell’It, del personale, ecc. Tra il 2000 e il 2004 l’azienda ha vissuto una fase di consolidamento con un modello di business non così fortemente focalizzato come oggi. Il 2004 è stato invece l’anno in cui, anche in Italia, si è deciso di riprendere le strategie di focalizzazione e centralizzazione della casa madre, dando il via a un processo di rinnovamento che potesse riportare l’azienda a essere competitiva sul mercato del Fast Moving [prodotti di carattere diffuso e ricorrente, caratterizzati da una rapida movimentazione e una larga diffusione sul territorio ndr] che richiede velocità di cambiamento e dinamicità del business”.
E se pensiamo che stiamo parlando di una società la cui massa critica è data da una molteplicità di brand commerciali gestiti attraverso diversi canali distributivi e di vendita, su un bacino di 600/700 clienti è subito intuibile lo sforzo organizzativo di riposizionamento e rifocalizzazione. “Abbiamo dovuto compiere importanti scelte legate ai marchi commercializzati e ai rapporti con i clienti – descrive Zaccone – ma al contempo siamo intervenuti al nostro interno con la costruzione di un modello di leadership innovativo che riuscisse a dare agli individui la possibilità di esprimere il proprio potenziale all’interno comunque di una cornice predefinita a livello globale. Al nostro interno parliamo di “disciplina libera” che ben identifica il contesto aziendale dove ci sono macro obiettivi strategici, condivisi a livello di multinazionale, ma raggiungibili da ciascuna country attraverso la libertà di espressione imprenditoriale e creativa dei singoli individui”.
L’ultimo importantissimo “pilastro” su cui si è fondato il percorso di riposizionamento è quello legato ai processi. “Per dare continuità e stabilità nel tempo e riuscire a competere in un mercato che cambia settimanalmente era fondamentale avere dei processi chiari, strutturati, consolidati e quanto più automatizzati possibile”, racconta l’amministratore delegato. “Credo che per un’azienda come Sara Lee sia più importante non tanto avere la tecnologia d’avanguardia quanto piuttosto riuscire a fare innovazione continua. E questo è possibile solo se alla base ci sono dei processi chiari e ben governati”.

Process orientation
Passare da un’azienda strutturata sulle singole funzioni a un modello basato sui processi di business non è certo stata un’impresa facile, ma l’individuazione e l’attuazione dei processi chiave sono stati passaggi fondamentali per costruire il successo della società.
“Abbiamo individuato al nostro interno nove processi chiave – evidenzia Zaccone – che sono: il processo di pianificazione del business di lungo periodo (triennale) e quello di pianificazione annuale, che identificano obbiettivi di business e iniziative per raggiungerli; il processo di sales & operations planning, fondamentale per governare correttamente l’andamento del business stesso, a partire dalle previsioni di domanda alle logiche di gestione dell’offerta; il processo di price & promotion, di assoluta importanza per un’azienda come la nostra perché le logiche di prezzo e di promozione sono quelle su cui si fonda la profittabilità dell’intera azienda; il quarto processo lo abbiamo chiamato great activation e sottintende tutte le scelte e le operazioni necessarie ad attuare in concreto le strategie di business, a tradurle cioè in azioni. Il quinto e il sesto processo sono legati alla gestione del portafoglio clienti e del portafoglio dei marchi, fondamentali perché legati a strategie commerciali declinate in modo diversificato a seconda del canale distributivo e di vendita. Il settimo è il processo legato all’innovazione per garantirne la continuità con un time-to-market (a partire dall’idea fino al prodotto distribuito) di 24 mesi circa. L’ottavo processo lo abbiamo chiamato order to cash individuato affinché anche le operazioni di incasso fossero quanto più automatizzate e strutturate possibile in un contesto di procedure condivise, anche a livello di ruoli e responsabilità. L’ultimo processo fa riferimento alla gestione dei talenti che ha consentito di abbassare drasticamente il turnover delle persone, molto alto fino al 2004”.

L’It: inevitabilmente di supporto al business
In tutto questo lungo percorso di rinnovamento, dal quale potremmo simbolicamente estrarre le parole e i messaggi chiave come focalizzazione, consolidamento, velocità di cambiamento e agilità, disegno globale con azioni locali, complessità, definizione e abilitazione dei processi di business, un ruolo fondamentale lo ha avuto il dipartimento It che “assume particolare importanza anche nell’attuale fase di transizione che vede le divisioni non Food di Sara Lee confluire in Procter&Gamble e Unilever”, aggiunge Zaccone.
“In tutto il processo di rinnovamento la componente tecnologica è stata di primaria importanza – osserva Luigi Pignatelli, It manager dell’azienda italiana – perché fattore abilitante e di supporto a questo cambiamento e alla crescita”.
I pilastri su cui si è basata la strategia It sono legati ad alcune importanti scelte di fondo: “Innanzitutto abbiamo deciso di affidare in esterno la componente puramente tecnologica dei sistemi – osserva Pignatelli -. Scelta che ci ha permesso di essere maggiormente flessibili e di poterci meglio adeguare alle dinamiche del business, passando da provider tecnologico a supporter e provider di servizi, con persone del dipartimento It che, oggi, hanno conoscenze di business e ne comprendono le necessità e condividono gli obiettivi”.

Perfezionamento continuo
È stato ovviamente un processo lungo e non facile che ha coinvolto le risorse interne e ha “costretto” il dipartimento It a “cambiare pelle” e a ragionare con un approccio di continuous improvement, altro pilastro di riferimento. “Ragionare nell’ottica di continuo perfezionamento e revisione è certamente oneroso ma fondamentale affinché si riescano a definire e consolidare al meglio i processi It che devono essere perfettamente amalgamati ai processi di business”, fa notare Pignatelli sottolineando come questo sforzo iniziale di cambiamento, anche pesante, abbia poi portato dei benefici tangibili sia a livello di dipartimento dei sistemi informativi sia cross aziendale.
Oggi l’It si basa su due filoni principali di azione: la strategia architetturale e il demand management.
“In relazione al disegno architetturale agiamo in una logica di business cercando di prevedere quello che sarà il demand delle operations per poi costruire l’architettura di riferimento con le adeguate scelte tecnologiche – racconta Pignatelli –. È chiaro dunque che il processo di demand management, condiviso con il business, ha un ruolo determinante. Dal punto di vista puramente tecnologico, una scelta vincente è stata, indubbiamente, la decisione di affidare all’esterno la gestione dei sistemi – conclude Pignatelli –. L’agilità e la flessibilità del nostro dipartimento viene poi anche da logiche di “pay per use” e, in quest’ottica, ritengo che il cloud computing ci farà guadagnare ulteriori livelli di flessibilità, oggi pressoché indispensabili per far competere la nostra azienda sul mercato”.

Leggi anche “Future Cio: informazioni, intelligence e business” con i trend delineati da Gartner per i prossimi dieci anni che impatteranno sul ruolo del Cio.

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