Cloud ibrido e intelligenza artificiale. Sono queste “le due forze dominanti che guidano la trasformazione digitale”. A sostenerlo è Arvind Krishna, il nuovo CEO di IBM succeduto a Ginni Rometty nell’aprile scorso, durante il suo discorso inaugurale all’IBM Think Digital, l’appuntamento annuale di Big Blue dedicato a partner e clienti. L’epoca della Rometty alla guida del gigante della tecnologia si è chiusa dopo 8 anni durante i quali, secondo il Wall Street Journal, ha portato l’azienda in una posizione finanziaria più forte grazie alla crescita in aree quali AI e cloud computing. Si deve, invece, a Krishna l’acquisizione per 34 miliardi di dollari di Red Hat, avvenuta nel luglio scorso, la più grande acquisizione di software della storia che ha ridisegnato il mercato di una delle due “forze dominanti” citate in apertura dal CEO, quella dell’hybrid cloud.
IBM Think Digital, da San Francisco al mondo intero
Dopo San Francisco e Las Vegas, città nelle quali si è svolto rispettivamente nel 2019 e nel 2018, il IBM Think 2020 si è trasformato in IBM Think Digital 2020 ed è stato aperto gratuitamente a chiunque avesse una connessione e volesse seguire le numerose sessioni che si sono succedute per due giorni, il 5 e 6 maggio. Secondo gli organizzatori, sono stati più di 90 mila i partecipanti che si sono collegati da tutto il mondo. E, vista la circostanza che ha determinato lo streaming dell’evento al posto dei consueti keynote in presenza, non poteva mancare il riferimento esplicito al coronavirus. L’esortazione di Krishna alle aziende, infatti, è stata quella di costruire una forma di resilienza nelle loro attività e nei loro network in risposta alle sfide senza precedenti dovute al Covid-19. “La storia guarderà indietro a questo momento come a quello in cui la trasformazione digitale del business e della società ha improvvisamente accelerato – ha detto il CEO -. Non c’è dubbio che questa pandemia sia una potente forza distruttrice e una tragedia senza precedenti, ma è anche un punto di svolta critico. È un’opportunità per sviluppare nuove soluzioni, nuovi modi di lavorare e nuove partnership che andranno a beneficio della vostra azienda e dei vostri clienti, non solo oggi, ma per gli anni a venire”.
I 4 imperativi che guidano l’adozione del cloud ibrido
Vi sono 4 motivi di fondo, secondo Arvind Krishna, ovvero altrettanti imperativi, che guidano l’adozione del cloud ibrido: storia, scelta, fisica, legge. A prescindere delle integrazioni precedenti nei propri “operational and security systems”, l’hybrid cloud consiste storicamente nel fare incontrare public, private cloud e on premise. Per quanto riguarda la scelta, con il cloud ibrido le aziende hanno la possibilità di sbloccare il proprio potenziale innovativo, in virtù della libertà di poter optare in futuro per un cloud provider piuttosto che per un altro. Sul fronte della fisica, Krishna ha parlato delle fabbriche in cui “non è possibile far funzionare dei bracci robotici che richiedono un tempo di risposta di 50 millisecondi attraverso il cloud. In molti casi, i sistemi IT necessitano di essere fisicamente vicini ai dati e ai servizi”. Infine, in merito alla legge, ha ricordato le esigenze di compliance dettate dai vari regolamenti in vigore quali, per esempio, il GDPR in Europa o il CCPA negli Stati Uniti. Un imperativo che trova nel cloud ibrido la migliore risposta per venire incontro in ciascuna nazione a un altro imperativo, quello della “sovranità dei dati”.
Le questioni chiave dell’era Covid-19 e come rispondervi
L’epidemia ha impresso un nuovo ritmo nella trasformazione a cui oggi sono chiamate le aziende, con conseguenze immediate e nel lungo periodo. Se prima occorrevano anni per realizzare questa trasformazione, adesso i percorsi di cambiamento sono stati compattati in pochi mesi. Sono molte le questioni chiave che il Covid-19 ha portato alla luce e che le imprese devono affrontare. “Come può la supply chain – ha esemplificato il CEO – diventare più resiliente per resistere agli shock globali?”. O ancora: “Quali carichi di lavoro bisognerebbe spostare nel cloud pubblico? Quali task è possibile automatizzare così da focalizzare la forza lavoro su attività a maggior valore? Come proteggere l’infrastruttura IT, compreso il remote working? Come utilizzare l’AI per gestire il massiccio aumento delle chiamate?”. Tutte domande alle quali le organizzazioni possono rispondere scegliendo piattaforme tecnologiche che rappresentano “la base per il vantaggio competitivo del 21° secolo”. Per spiegarlo, Krishna ha citato il caso di CLS Systems, un’infrastruttura globale dei mercati finanziari che regola più della metà delle transazioni in valuta estera a livello mondiale e che è cliente di IBM: durante l’epidemia la sua piattaforma ha dovuto affrontare un’impennata senza precedenti della domanda, riuscendo a governare operazioni per un valore di 13 trilioni di dollari.
Come trasformare l’assistenza in sanità, il caso Anthem
Sul palco di IBM Think Digital, Arvind Krishna ha data ampio spazio a un’altra best practice, Anthem, la più grande compagnia assicurativa che opera nella sanità statunitense con 40 milioni di iscritti, intervistando Rajeev Ronanki, Senior Vice President e Chief Data Officer della società il quale ha illustrato, fra le nuove risorse messe a disposizione degli assicurati, Sydney. Si tratta di un’app che, sfruttando l’intelligenza artificiale, trasforma tutti i dati degli utenti in informazioni personalizzate per gestire al meglio la end-to-end experience dell’utente. Fra le soluzioni di IBM utilizzate per realizzare l’architettura, Anthem si è servita di OpenShift, la piattaforma open source di Red Hat, insieme a Kubernetes per l’orchestrazione dei container. In questo modo gli sviluppatori sono stati in grado di creare un ecosistema flessibile, friendly, agile e sicuro. Anche sul versante della supply chain, la collaborazione con IBM è servita a fornire coesione, interoperabilità, scalabilità in particolare nell’integrazione con le componenti di terze parti. Arvind Krishna ha voluto rimarcare il percorso fatto in Anthem da un’assistenza reattiva a una proattiva, predittiva e personalizzata, spingendosi a prevedere che “ogni azienda diventerà una AI company, non perché può, ma perché deve”.
Le novità all’IBM Think Digital: Watson AIOps, Cloud Satellite, edge e 5G
L’ultima parte dell’intervento del CEO si è concentrata nel lanciare le novità di casa IBM. Anzitutto Watson AIOps che comprende una vasta gamma di funzionalità e servizi basati sull’intelligenza artificiale e progettati per aiutare i CIO ad automatizzare le loro infrastrutture IT in maniera tale da “ridurre immediatamente i costi ed essere più resilienti”. Watson AIOps utilizza l’IA per auto-rilevare, diagnosticare e rispondere alle anomalie IT in tempo reale. Costruito su Red Hat OpenShift per funzionare in ambienti cloud ibridi, lavora con le tecnologie che sono al centro degli ambienti di lavoro distribuito, come Slack e Box, oltre a essere integrabile con soluzioni di IT monitoring quali Mattermost e ServiceNow.
Il secondo annuncio coinvolge gli ISV (software independent vendor) e i SaaS (software as a service) provider affinché possano integrare la loro offerta nei servizi finanziari del cloud pubblico di IBM per presentarsi a clienti come le banche con requisiti stringenti di sicurezza, resilienza e compliance. L’annuncio è strettamente connesso a quello di Cloud Satellite, un ampio catalogo, integrato con Kubernetes, per accedere al public cloud di IBM semplificando le attività di visibilità e controllo.
Il tassello finale dell’offerta di IBM punta a sfruttare le opportunità di 5G ed edge computing. Grazie a OpenStack e OpenShift le aziende potranno gestire autonomamente i carichi di lavoro su un volume enorme di dispositivi edge. Un’occasione soprattutto a favore delle telco, per orchestrare rapidamente le funzioni di rete virtuale e container così da garantire servizi in linea con un mercato di consumatori sempre più esigenti.