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Il cloud comincia a piacere a banche e assicurazioni, sovranità permettendo

Un report di Capgemini fotografa il modo in cui Finance e Insurance si sono rapportati con il cloud negli ultimi anni. È in corso un avvicinamento prudente a questa tecnologia, con uno sguardo attento alla sicurezza e ai costi, oltre che alla sovranità digitale europea. C’è ancora tanta strada da percorrere ma il settore sembra convinto a provarci

Pubblicato il 07 Dic 2023

Immagine di elenabsl su Shutterstock

Negli ultimi anni il cloud si è trasformato da novità e “nice to have” a “must have”, almeno parzialmente. Questo processo su scala mondiale è avvenuto con modalità e velocità diverse a seconda dei settori e delle aree geografiche, influenzato anche da normative e tecnologie di volta in volta introdotte in modo non uniforme.

Quello bancario-assicurativo rappresenta uno di quegli ambiti che mantiene l’attenzione su di sé per il suo particolare approccio al trend e per le condizioni al contorno che impone all’innovazione, soprattutto dal punto di vista regolamentare.

Ecco, quindi, che si rivela più che mai prezioso il primo World Cloud Report – Financial Services, realizzato dal Capgemini Research Institute. È ricco di spunti e inizia con una buona notizia: il 91% degli istituti bancari e delle compagnie assicurative oggi ha iniziato il proprio percorso di migrazione in cloud. Nel 2020 potevano dire la stessa cosa solo il 37%.

Cosa ci fa il cloud in banca?

Realizzato intervistando manager del mondo delle assicurazioni sanitarie e vita, dei mercati dei capitali, dei pagamenti, del retail banking e del wealth management, il report svela le dinamiche e le preferenze dei due settori. Prima di tutto, offre una doccia di realismo: oltre il 50% ha trasferito nel cloud solo una minima parte delle proprie applicazioni aziendali core. Il settore è ben lontano dalle logiche cloud-native e opta per un approccio “lift and shift”, rischiando spesso di auto limitare la propria capacità di godere dei vantaggi di scalabilità e flessibilità apportati proprio cloud.

L’atteggiamento parrebbe comunque aperto, a quanto emerge dal report, dato che l’89% dei dirigenti pensa che una piattaforma abilitata al cloud sia d’obbligo per beneficiare di maggiore agilità e flessibilità e per potenziare la produttività.

Nel settore banking, per quanto riguarda il wealth management, i vantaggi più evidenti derivano dall’utilizzo di tecniche di rilevamento delle frodi abilitate per prendere decisioni di gestione del rischio data driven. Nel retail, il cloud trova la sua ragion d’essere, oggi, soprattutto quando si deve gestire il rischio di credito, perché in grado di ridurre i tempi di decisione per l’elaborazione dei prestiti.

Le assicurazioni, a loro volta, hanno individuato benefici da parte del cloud nello sviluppo e nell’erogazione di servizi personalizzati a valore aggiunto, per esempio nel campo dell’assistenza stradale. Anche la gestione dei clienti è un campo che può godere ampiamente del cloud e dei vantaggi che porta quasi intrinsecamente con sé.

Facilita, potenzia, velocizza ma il cloud a volte preoccupa. Secondo i due terzi degli intervistati, il problema maggiore riguarda la sicurezza dei dati ma oltre la metà è in allerta anche per gli elevati costi operativi e di trasformazione.

Non vanno trascurate le criticità legate alle normative: le sottolinea il 45% del settore, citando la sovranità dei dati il recente Digital Operational Resilience Act (DORA) che ha reso il sovereign cloud sempre più comune. Questo contesto “sovrano”, sembra stia direzionando le scelte di adozione del cloud, spingendo banche e assicurazioni verso il cloud privato (49%) e verso il cloud pubblico (39%) mentre solo il restante 12% sta scommettendo sull’opzione ibrida, per ora.

AI e ESG attendono il supporto del cloud

Nonostante l’avvicinamento al cloud dell’ultimo triennio, quello di banking e insurance resta un atteggiamento prudente e diffidente. Lo dimostra il fatto che poco coinvolgono nella migrazione i sistemi core di back-end, temendo una user experience di bassa qualità. Dal report emerge infatti che la maggior parte ha investito nel cloud per implementare applicazioni moderne per i propri clienti, facili da usare e basate sull’AI.

Questa tecnologia “prezzemolo” sta conquistando spazio anche in questi settori ed entro due anni potrebbe impattare su tutta la value chain, per lo meno nel 62% dei casi.

Per ora, non si può parlare di adozione su larga scala ma di qualche test di casi d’uso confinata a specifiche task come l’on-boarding dei clienti, l’analisi del credito, la pianificazione finanziaria, il rinnovo delle polizze e il supporto ai customer service.

Secondo il report, la migrazione dei sistemi core interni verso ecosistemi e piattaforme compatibili con il cloud è fondamentale per sfruttare appieno il potenziale e l’efficienza dell’AI e dell’AI generativa, che si tradurrà nei prossimi anni in maggiori opportunità di crescita. In questo scenario, il cloud diventa funzionale e necessario per poter continuare a esplorare appieno le potenzialità dell’AI e dell’AI generativa, con i piedi di piombo e una libertà di azione sempre attenta a sicurezza e privacy.

Molto meno pervasivi, purtroppo, appaiono gli ESG che però iniziano almeno ad essere quasi sempre considerati uno dei fattori di peso nella scelta degli investimenti, nel 95% dei casi. Il cloud può supportare la loro presenza all’interno delle strategie di business del settore nella gestione della rendicontazione ESG rendendo sempre più semplice e veloce il raggiungere e dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi di sostenibilità.

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