“Il cloud ha raggiunto l’età della ragione ed è oggi abilitante per la trasformazione digitale delle imprese”, così si è espresso Mariano Corso, Responsabile scientifico, insieme a Stefano Mainetti, dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service della School of Management del Politecnico di Milano all’apertura dell’evento Cloud Transformation: un PaaS per il futuro, organizzato in concomitanza con la presentazione dell’edizione 2017 del Rapporto dell’Osservatorio.
Rapporto che fotografa un mercato in rapida crescita in Italia (24% per tutti i servizi cloud, per il dettaglio sui risultati della ricerca rimandiamo all’articolo Cloud Transformation: un PaaS per il futuro. I dati dell’Osservatorio Cloud 2017 commentati dagli autori) ma anche più maturo nell’offerta e nell’articolazione dei servizi per i quali si moltiplicano le esperienze di adozione nelle imprese. Esperienze di cui è stata data visibilità nelle Tavole Rotonde che hanno accompagnato l’evento e dalle quali emerge come il cloud sia già oggi la soluzione a molti dei problemi d’innovazione e di velocità delle imprese, molto oltre l’esigenza iniziale di risparmiare sugli investimenti IT o di rapportarli all’effettivo sviluppo delle iniziative. Tra le aziende italiane più innovative o “trendsetter” nel linguaggio usato dagli Osservatori, il 15,6% più avanzato ha già portato nel cloud oltre il 50% del portafoglio applicativo. Il 42% lo ha fatto per una quota compresa tra il 10 e il 50% del portafoglio. “È un’onda montante – ha spiegato Mainetti -, ci sono oggi le tecniche e i ‘mattoni prefabbricati’ per ampliare lo spettro delle opzioni. Ogni azienda deve trovare la propria via di migrazione verso il cloud, tenendo in considerazione: dati, persone, workload e livello di maturità. Siamo di fronte a uno scenario che accelera e non ci si può più muovere in modo estemporaneo come nelle prime fasi di migrazione”.
Le esperienze cloud delle aziende
Ha portato la propria esperienza Andrea Ciccolini, Vice Presidente e CIO Emea di Whirpool, impegnato a sviluppare un ruolo dell’IT aziendale che sia sempre più strategico: “Lontano dalla parte infrastrutturale e tecnologica per concentrare le risorse su disegno dei processi e ottimizzazione”. In queste settimane Whirpool sta andando in produzione con l’ERP di SAP in cloud ibrido: “Si aggiunge alla scelta del cloud di Google per l’e-mail e gli altri strumenti di collaboration”. Il cloud aiuterà Whirlpool anche nel contatto con i clienti, sfruttando le tecnologie IoT: “Vendiamo ogni anno 24 milioni di elettrodomestici e appliance collegati in rete e che quindi raccolgono dati; grazie alla loro analisi potremo conoscere l’esperienza dei consumatori e migliorare i prodotti. Siamo certi che il cloud ci permetterà di fare molte più cose nel futuro”.
Il cloud è importante anche per Walter Gnocchi, Responsabile dei sistemi informativi di SMC Italia (società che opera nell’automazione pneumatica) che l’ha introdotto con successo nell’ambito della gestione delle risorse umane. “Il cloud ci ha permesso di mostrare in tempi brevi la soluzione al reparto HR e quindi di farne riconoscere il valore”. Uno degli aspetti più graditi dagli utenti è stato la presenza di processi già configurati secondo le best practice. “Un set di funzionalità pronto per essere usato, più ampio e completo di quello che il reparto HR aveva inizialmente identificato nella stesura dei requisiti – precisa Gnocchi -. La piattaforma cloud ci consente di ottenere nuove funzionalità in poco tempo e con meno sforzo rispetto all’on premise”.
Per Gloria Gazzano, CIO di Italgas, azienda nata da uno scorporo Snam, il cloud è oggi strategico per guadagnare l’autonomia dei sistemi informativi: “Abbiamo già fatto la maggior parte del lavoro e scritto i capitolati – spiega la manager -, sceglieremo in una gara i fornitori e, dall’inizio dell’anno prossimo, prevediamo di avviare la migrazione della quasi totalità dell’infrastruttura IT”. Italgas usa già il cloud per il CRM e le attività di procurement applicativo; intende sfruttarlo anche per far dialogare meglio le isole applicative. Il progetto di migrazione prevede il porting di 800 macchine virtuali entro 6 mesi, 5% con un lavoro di replatforming.
Per Massimo Bertolotti, Director of Innovation e Multimedia Distribution di Sky Italia, da 20 anni nel settore TV, il cloud è ormai uno strumento consueto per la gestione dei metadati associati ai contenuti multimediali (informazioni di contenuto e di programmazione), ma non ancora (almeno nelle modalità più standardizzate) per le attività del core business aziendale. “Non è uno scherzo la movimentazione di oltre 100 mila titoli all’anno, ciascuno sotto forma di file multimediali con dimensioni fino a 10TB che devono essere trasmessi in modo quasi instantaneo!”, spiega. Per Sky il cloud è quindi il prodotto su misura di una stretta collaborazione con l’operatore di servizi: “Significa appoggiarci a grandi provider con cui realizziamo collaborazioni win-to-win per offrire contenuti multimediali e sfruttare risorse esterne in sincronia con ciò che già abbiamo in casa”.
Roberto Barreri, Amministratore Delegato di M-dis (distribuzione) spiega come il cloud abbia aperto alla propria azienda un nuovo mercato: “Grazie a servizi a basso costo e scalabili, abbiamo potuto affiancare l’attività ‘core’ di distribuzione di 900 testate per 70 editori con la consegna di acquisti di e-commerce. Il mercato della distribuzione editoriale è in contrazione da 10 anni e la possibilità di erogare altri servizi ci consente di sfruttare i nostri 70 hub e fare economie di scala”. Assistita dal partner storico Ilog, M-dis ha utilizzato tecnologia cloud IBM: “Questa scelta ci ha permesso di iniziare i collaudi del ‘pilota’ dopo solo un mese. Ad oggi ci è possibile ritirare e consegnare prodotti acquistati presso 3000 punti attivi entro il termine di consegna di 4 giorni: abbiamo creato la seconda rete di ritiro più grande dopo quella di Poste Italiane”.
Se dal punto di vista tecnologico e funzionale non sembrano esserci problemi a riconoscere l’utilità del cloud, quanto si può essere oggi soddisfatti dai rapporti contrattuali con i provider di servizi? Ciccolini di Whirlpool ha offerto il proprio punto di vista: “Se da una parte è semplice accordarsi sugli SLA, dall’altra è complesso definire con il provider gli impegni a fine contratto per garantire la continuità aziendale e permettere il passaggio ad altro fornitore”. Ciccolini invita a prestare attenzione anche agli aspetti di convenienza: “Dalle analisi che abbiamo fatto, i costi delle subscription per far girare in cloud alcuni software ‘core’ aziendali sono superiori, nel lungo termine, alle alternative interne”. Dall’altro capo della complessità, Gnocchi di SMC vede la necessità di creare un rapporto di collaborazione con il provider, anche extracontrattuale: “Nella stesura del contratto è risultato impossibile inserire ogni dettaglio come abbiamo sempre fatto per l’on premise. Il fornitore dev’essere per noi un partner, perché l’adozione del cloud è un percorso in cui serve essere accompagnati”. Insomma, anche se i servizi offerti in Italia sono diventati più maturi, il fronte contrattuale resta un aspetto dove non bisogna dare nulla per scontato.
Il crescente interesse per il cloud Paas
A Mainetti è spettato il compito di dettagliare l’evoluzione del platform as a service (Paas) la cui rapida crescita ha destato una certa sorpresa tra i ricercatori impegnati nel Rapporto: “Teniamo sotto osservazione un gruppo di 160 aziende italiane che, pur non significative sotto il profilo statistico, lo sono dal punto di vista dell’innovazione nei rispettivi mercati – spiega -. Ebbene tra queste il cloud Paas (36% il livello rilevato di adozione) mostra, sia pure su numeri piccoli, un repentino cambio di rotta nell’uso dei servizi”. Tra le 160 aziende “trendsetter” italiane selezionate dagli Osservatori, il Paas è usato come “formidabile cassetta degli attrezzi” per molte nuove esigenze applicative, spiega Mainetti. Allo stesso modo in cui le esigenze di sviluppo & test (58%) hanno sostenuto la domanda di cloud Iaas e l’ampliamento informativo (62%) quelle di Saas, “i servizi Paas meritano attenzione perché su questo terreno si stanno sfidando grandi fornitori. Sono stati investiti miliardi di dollari per definire nuovi modelli di business e di go-to-market che coinvolgono anche gli ISV”, prosegue il professore.
Tra i servizi Paas più utilizzati ci sono le componenti di foundation: ossia application server, motori DBMS, sistemi di security e middleware serverless. Alcuni vendor hanno aggiunto nella loro cassetta-attrezzi anche i tool per il machine learning, le primitive per chatbot (assistenti virtuali), ambienti analitici, tool di migrazione, ecc.: “Nel cloud Paas è possibile comporre applicazioni innovative e orchestrarle. Sta arrivando per questa via un nuovo modo di realizzare il software d’impresa e quindi il portafoglio applicativo”.
Per Mainetti, il Paas è una scorciatoia per realizzare a costo contenuto software innovativo in grado di scalare in modo elastico, “a tutto vantaggio delle applicazioni di AI e machine learning per manutenzione predittiva, assistenti virtuali, correlazioni dati, strumenti per gestire integrazione di dati e IoT. Accordi tra grandi provider fanno ritenere che le piattaforme cloud possano diventare interoperabili e cooperanti, aprendo la possibilità a futuri progetti multicloud”. Mainetti conferma però l’esistenza di un problema di competenze per lavorare ai progetti con le modalità Agile e DevOps: “Il system integrator può avere un ruolo importante nel portare la necessaria cultura. Non bisogna però credere che tutto sia facile. Le componenti Paas sono prefabbricate e non flessibili come si vorrebbe; occorre quindi accettarne i limiti e prevedere una fase iniziale di sperimentazione. Prima la si fa e meglio si riuscirà a utilizzarne le capacità”.