Il doppio ruolo di Microsoft

Fornisce sia servizi public cloud dai propri data center, sia tecnologie per le cloud private. “Il cloud dev’essere un abilitatore del business, non una nuova offerta”. I progetti in Italia rivelano una domanda trasversale: i casi Malossi, Limoni e Provincia di Lecco.

Pubblicato il 30 Mag 2012

Nel mercato cloud, Microsoft si posiziona come fornitore sia di servizi public dai propri data center, sia di tecnologie software per il private. L’offerta comprende soluzioni per comunicazioni integrate (Microsoft Unified Communications), gestione e virtualizzazione (Windows Server, Hyper-V e System Center), sicurezza (Windows Server e Forefront), sviluppo e Platform-as-a-service (Windows Azure, Windows Studio) e software-as-a-service (Office 365, Crm Online).
“Il cloud per Microsoft dev’essere un abilitatore del business, non una nuova offerta, per cui non abbiamo un prodotto di elezione ‘per il cloud’ e non distinguiamo tra erogazione dal cloud o installazione in casa: i prodotti sono gli stessi”, ci spiega Giovanni Zoffoli (nella foto), direttore marketing enterprise di Microsoft Italia. “L’azienda utente deve poter scegliere se vedere il cloud come elemento di continuità o di discontinuità: nel primo caso la condizione è poter continuare a utilizzare le tecnologie che ha in casa e su cui ha investito, cambiando solo le modalità di fruizione e di pagamento; nel secondo caso l’azienda valuta che il continuo adeguamento dell’infrastruttura e del software al mutare delle proprie esigenze è troppo oneroso, come investimenti e come gestione, ma così accetta di fruire di infrastrutture e di software standard, rinunciando a parte delle possibilità di personalizzare”.
Il percorso verso il cloud si differenzia anche per le dimensioni aziendali, “le grandi in genere stanno valutando se fare un cloud privato o ibrido, per le Pmi l’obiettivo è più a livello di software-as-a-service”, dice Zoffoli, ma nella percezione di Microsoft non ci sono comparti più ricettivi di altri: “Nei casi cloud realizzati in Italia possiamo citare organizzazioni grandi e piccole, pubbliche e private – osserva Zoffoli -. Malossi, per esempio, è un produttore di parti speciali per moto da corsa che fattura 20 milioni di euro, per metà all’estero: non riusciva più a gestire internamente i siti di e-commerce verso i distributori nelle varie parti del mondo, e ora li sviluppa e li eroga come servizi cloud tramite Windows Azure. La catena di profumerie Limoni invece è già una grande azienda, da oltre 300 milioni di euro, e sempre su Azure ha sviluppato gli applicativi cloud per la gestione dei 500 punti vendita, mentre la Provincia di Lecco ha adottato l’e-mail in cloud con la prospettiva di allargare il progetto all’intero pacchetto Office 365”.
Un percorso, quest’ultimo dalla e-mail a Office 365, che sta caratterizzando molte delle richieste di servizi di public cloud Microsoft, spiega Zoffoli: “Al di là delle applicazioni di produttività, c’è grande interesse per la parte di collaborazione e condivisione, con il portale SharePoint e Lync Server per videoconferenza, VoIP, messaging e presenza”. In media, però, in Italia la propensione per il cloud non è forte, conclude il direttore marketing enterprise di Microsoft Italia: “Faccio un esempio: la normativa italiana è abbastanza severa sugli aspetti di collocazione e sicurezza del dato, ma le aziende si pongono il problema solo in fase avanzata di valutazione del cloud e spesso si bloccano. In questo senso il fornitore deve cercare da una parte di diffondere consapevolezza – e Microsoft per esempio ha tenuto ultimamente alcuni incontri di ‘cloud security’, con interventi di legali e specialisti di It Security – e dall’altra di contribuire a risolvere il problema, e infatti siamo tra i diversi fornitori cloud che hanno chiesto alla UE una regolamentazione omogenea per tutti i Paesi della Comunità su questi aspetti”.

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