MILANO – Che il modello cloud abbia definito nuovi parametri di accesso e fruizione della tecnologia è ormai evidente a tutti, quello che ancora resta da capire è l’evoluzione dei servizi gestiti in funzione del cloud, partendo prima di tutto dall’assodato concetto che ‘l’outsourcing non è cloud’. A spiegarlo a ZeroUno è Paolo Angelini, direttore della divisione Business Technology & Data di Dedagroup, il quale parte dai numeri per far capire prima di tutto le potenzialità insite nella nuova tipologia di managed services: “inizialmente la metà dei progetti seguiti dalla nostra divisione era di natura ‘tradizionale’, non nel senso delle tecnologie, dove il cloud ha un ruolo sempre più crescente, ma dalla prospettiva dell’approccio (ossia il modellamento di infrastrutture e ambienti a supporto di determinate applicazioni); il restante 50% era invece caratterizzato dal supporto di determinati workload e applicazioni attraverso soluzioni di sourcing infrastrutturale differenti (hosting, outsourcing, public cloud). Oggi questo rapporto è decisamente cambiato ed il 65% dei progetti è interessato da nuovi modelli di ‘cloud sourcing’ e servizi gestiti ad esso connessi (indicatore primario di una costante esternalizzazione delle infrastrutture data center aziendali)”.
La crescita costante da parte delle aziende verso scelte di sourcing infrastrutturale di tipo cloud non è poi così sorprendente in sé, “sono ormai numerosissime le aziende che ‘devono fare i conti’ con sistemi data center obsoleti o quanto meno non più in grado di reggere le nuove esigenze del business”, conferma lo stesso Angelini: “ci sono progetti a livello applicativo così ‘impattanti’, come la migrazione da soluzioni proprietarie a soluzioni standard o l’evoluzione di queste ultime verso ambiti di mobility, sistemi di pagamento, portali di e-commerce, oppure l’adozione di nuovi sistemi di intelligence, in particolare sul fronte dei Big Data Analytics, tali da ‘costringere’ le aziende a rivedere necessariamente lo strato infrastrutturale su cui tali applicazioni e progetti poggiano”. Ciò su cui Angelini invita a riflettere è il retroscena: “se è vero che il cloud offre una risposta efficacissima a questi nuovi bisogni, è anche vero che dalla prospettiva della gestione ed orchestrazione degli ambienti, e delle applicazioni stesse, le cose si complicano”.
Ed è qui che entrano in gioco i managed services, soprattutto nella gestione di ambienti di tipo ‘private’ ma hosted presso i data center Dedagroup, o ‘public’ ma con un certo livello di ‘personalizzazione’, “opzioni che riusciamo a garantire grazie alla nostra ‘natura aziendale’ – ci tiene a precisare Angelini -; noi non siamo un cloud service provider ma accompagniamo le aziende in percorsi e progetti di evoluzione complessi”.
I servizi gestiti di Dedagroup si estendono anche al middleware e alle applicazioni, “ma è evidente che per riuscire a ‘liberarsi’ o spostare con tanta semplicità certe architetture applicative all’esterno o su ambienti cloud si debba prima lavorare sulla standardizzazione e la virtualizzazione”, fa notare Angelini. “Il servizio di Ams – Application Management Support per la gestione di un Erp una volta migrato in cloud, solo per fare un esempio concreto, è fattibile solo se si tratta di una soluzione standard; un Erp custom, anche ammesso di riuscire a virtualizzarlo con costi contenuti, difficilmente sarà gestibile da qualcuno fuori dall’azienda”.