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Il futuro di VMware guarda al private cloud



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In occasione dello scorso VMware Explore di Barcellona, Prashanth Shenoy, CMO di Broadcom per le soluzioni cloud, racconta novità e strategie della multinazionale, tra intelligenza artificiale, sovranità del dato e consolidamento della nuvola privata

Pubblicato il 19 nov 2024



private cloud

In un clima decisamente poco fortunato, con la città di Barcellona stravolta dal maltempo e dalle piogge torrenziali, come mai successo in passato, si è svolto a inizio novembre il tradizionale appuntamento VMware Explore, edizione europea. L’evento è servito da occasione per approfondire le strategie aziendali e i principali annunci con Prashanth Shenoy, CMO and Vice President, Marketing, VMware Cloud Foundation. 

Tre cambiamenti strategici con Broadcom

Il Chief Marketing Officer traccia innanzitutto un bilancio sul primo anno dall’acquisizione di VMware da parte di Broadcom, che si è conclusa a fine 2023 ed è costata 61 miliardi di dollari.

“Stiamo perseguendo – racconta – tre importanti cambiamenti. Il primo riguarda la trasformazione del modello di vendita del software, passando dalla licenza perpetua all’abbonamento. Non è stata una sorpresa per i clienti perché da due anni annunciavamo la transizione e il cambio societario ci ha dato la spinta”.

La semplificazione del portafoglio invece rappresenta il secondo passo. “Seguendo il principio – spiega il CMO – di dare al cliente massima flessibilità di scelta, abbiamo costruito un’offerta con 8.964 SKU differenti e 168 bundle. Tuttavia, clienti e partner si orientavano a fatica, non capendo cosa includessero i pacchetti e quale valore potevano portare. Così, siamo arrivati all’estrema sintesi, proponendo due principali linee di offerta, VMware Cloud Foundation e VMware vSphere Foundation, e costruendo on top una serie di servizi avanzati”.

In particolare, come suggerisce Shenoy, VCF si rivolge ai clienti che vogliono abbracciare appieno le opportunità della nuvola, con una piattaforma completa di private cloud. VVF invece è per quanti cercano solamente un prodotto per la virtualizzazione. 

Infine il terzo cambiamento prevede la razionalizzazione della strategia di go-to-market. “Il nostro ecosistema – suggerisce Shenoy – include soggetti differenti: OEM, rivenditori e distributori, hyperscaler e CSP locali. Ognuno aveva ‘la propria versione’ di VMware Cloud Foundation, con un’incoerenza delle offerte in termini di prezzi, servizi e strumenti”. Così Broadcom ha deciso di standardizzare l’approccio al canale e al mercato, garantendo ai clienti finali la portabilità delle licenze da un ambiente all’altro, senza costi aggiuntivi, mantenendo la stessa esperienza e il medesimo prezzo.

Unire i benefici dell’on-premise e del cloud pubblico

Shenoy entra nel dettaglio dell’offerta VCF, chiarendone il posizionamento. “Molti clienti – afferma – si trovano ad affrontare il dilemma tra cloud pubblico e ambienti on-premise. La nuvola pubblica degli hyperscaler offre vantaggi di agilità, ma i clienti hanno visto lievitare i costi negli anni e l’avvento dell’intelligenza artificiale ha sollevato preoccupazioni in materia di privacy e sicurezza. Chi ha optato per la soluzione on-premise, invece, deve affrontare il problema dei silos: server, storage e rete sono gestiti come componenti isolati e le aziende devono agire da system integrator, riscontrando complessità, poca flessibilità e lentezza nell’erogazione dei servizi agli utenti finali. VMware Cloud Foundation intende conciliare i vantaggi di entrambe le alternative con un’unica piattaforma di private cloud: la scalabilità, l’agilità e la semplicità per gli sviluppatori della nuvola pubblica; la sicurezza, la resilienza e il controllo sui costi dei sistemi in-house. Con VCF i clienti hanno la libertà di distribuire i carichi di lavoro ovunque vogliano, nel proprio datacenter o sulla nuvola degli hyperscaler, con la massima portabilità e la stessa esperienza”. 

Insomma, le aziende non devono decidere tra le due opzioni, ma possono prendere il meglio di entrambe, come a dire, citando Shenoy, “you can have your cake and eat it too”.

Le due facce della data sovereignty

Con Shenoy è stato affrontato anche il tema, caldissimo soprattutto in Europa, della data sovereignty. La questione viene argomentata da una duplice prospettiva, con riferimento sia alle soluzioni di Generative AI sia alle partnership con i cloud provider locali.

“Utilizzare le applicazioni di intelligenza artificiale generativa nel cloud pubblico – spiega il CMO – significa inviare i dati aziendali fuori dall’organizzazione e sostanzialmente perderne il controllo. Grazie alle alleanze con Nvidia e vari fornitori di LLM, abbiamo creato una soluzione chiavi in mano che permette di eseguire, addestrare e affinare i modelli di GenAI all’interno di un ambiente on-premise completamente isolato, senza che le informazioni vengano trasmesse all’esterno”.

Sull’altro fronte, invece, Broadcom ha stretto accordi con cinquanta CSP, di cui 30 situati nell’area EMEA, per offrire servizi di sovereign cloud basati su VCF. I partner soddisfano i requisiti definiti dalla multinazionale che riguardano la residenza, l’accessibilità, la privacy e il trasferimento dei dati. Come suggerisce Shenoy, Broadcom si considera una sorta di “Svizzera del settore” perché garantisce l’assoluta neutralità nella scelta del cloud provider e questa caratteristica “è molto apprezzata dai clienti, soprattutto in Europa”, che possono così soddisfare i requisiti di sovranità digitale.

Tutte le novità dal VMware Explore

In chiusura, il CMO di Broadcom evidenzia le novità più importanti della multinazionale, che sono state presentate all’evento di Las Vegas e riprese in seguito a Barcellona.

Innanzitutto, è stato annunciato il prossimo rilascio di VMware Cloud Foundation 9: rispetto alle versioni precedenti, la nuova piattaforma è stata arricchita da una suite di servizi avanzati, che ne ampliano le funzionalità, i casi d’uso e le caratteristiche di sicurezza.

“Abbiamo lanciato – prosegue Shenoy – VMware Tanzu Data Service, che offre un insieme di servizi dati pronti all’uso per supportare carichi di lavoro moderni e scalabili, come MySQL, Postgres, RabbitMQ. Abbiamo anche potenziato la nostra capacità di Disaster Recovery e ripristino da attacco ransomware. Da due anni offriamo la soluzione VMware Live Recovery che permette ai clienti di ripristinare i carichi di lavoro VCF in esecuzione on-premises o nel cloud, a seguito di incidente o attacco cyber, con un’esperienza coerente, sicura e semplificata. Oggi, grazie alla partnership con Google Cloud, VMware Live Recovery supporterà anche Google Cloud VMware Engine come ambiente di ripristino isolato (il servizio era già disponibile sulla nuvola di AWS, ndr)”.

Tra le novità, Shenoy cita il rafforzamento della collaborazione con Microsoft per portare i servizi Azure AI sulla piattaforma VCF in locale, cosicché i clienti possano usufruire di funzionalità intelligenti senza che i dati lascino l’azienda. In particolare, è stato annunciato il supporto per Azure AI Video Indexer su VMware Private AI, in esecuzione su VMware Cloud Foundation on-premise e Azure VMware Solution. La soluzione permette di eseguire analisi video e audio e AI generativa su dispositivi del data center o edge.

Infine, il CMO menziona il Private Cloud Modernization Program, a supporto delle aziende che intendono ottimizzare il percorso verso la nuvola. Nello specifico, il programma include tre principali elementi di attenzione: lo strumento Private Cloud Maturity and Optimization con sui i partner possono comprendere lo stato di adoption del cliente e disegnare una roadmap coerente; un workshop gratuito rivolto ai clienti VCF per l’avvio del journey, ovvero un servizio di consulenza che permette di ottenere un piano di adozione prescritto; la certificazione VMware Certified Professional – VCF Architect che convalida le competenze nel disegno delle soluzioni basate sulla piattaforma VCF.

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