Tavola rotonda

Intelligent edge: esperienze, progetti e ostacoli da evitare

Nell’ambito di un evento online sull’Intelligent Edge organizzato da Accenture in collaborazione con ZeroUno si è tenuta un’interessante tavola rotonda con rappresentanti di Accenture, di Cisco, di quattro primarie aziende italiane e del direttore scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano. Ecco una sintesi dei contributi

Pubblicato il 20 Nov 2020

Intelligent edge apertura

Dopo un’introduzione del tema dell’Intelligent Edge (vedi articolo L’Intelligent Edge amplia e integra la trasformazione abilitata dal cloud), il risultato dell’implementazione più moderna e integrata con il cloud e i data center aziendali dell’Edge Computing, l’evento organizzato da Accenture in collaborazione con ZeroUno è proseguito con una tavola rotonda. A moderare il dibattito, cui hanno partecipato rappresentanti di Accenture, di Cisco, di quattro grandi aziende italiane (Eni, Enel, Snam ed Esselunga) e Stefano Mainetti (direttore scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano), Patrizia Fabbri, Direttore di ZeroUno, Digital360.

Durante il primo giro di tavolo si è chiesto a Mainetti di commentare i contenuti dell’introduzione effettuata da Accenture e, quindi, ai rappresentanti delle aziende di raccontare le loro esperienze nell’Edge Computing, i progetti futuri in questo ambito, e quali consigli darebbero per evitare errori nell’approccio a questo tema ancora di frontiera.

Progetti di data center automation rimandati

Il direttore scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano ha esordito partendo da alcuni risultati dell’Osservatorio, che raccoglie dati da due diversi campioni: 200 grandi aziende e 500 PMI. “Il motivo per cui abbiamo tenuti separati questi due panel – spiega Mainetti – è la differenza di comportamento che abbiamo riscontrato, dopo ormai 10 anni di ricerca, di fronte a diverse problematiche IT. Ebbene, quello che abbiamo riscontrato in generale, dall’inizio della crisi sanitaria ed economica legata all’epidemia di Covid-19, è stato un cambio di passo nella direzione della Cloud Transformation. Questo è dovuto soprattutto a una crescita del 30% del consumo di servizi Public Cloud. Se però andiamo a vedere gli investimenti in tecnologie di data center automation, che sono necessarie nell’Edge Computing, che richiede di effettuare nuovi progetti architetturali, troviamo che sono cresciuti solo del 6%, segno che le decisioni intorno a questi temi sono state spostate un po’ più avanti”.

Un peccato in quanto non consente alle aziende di cogliere diversi dei vantaggi di un Edge Computing che, come aveva sostenuto nell’introduzione all’evento Maurizio Salvaderi, Managing Director Accenture Technology, si configura anche come un vero e proprio Distributed Cloud. “Un cloud distribuito – continua Mainetti -, soprattutto se arricchito di automazione, cioè di capacità di intelligenza, permette alle aziende anche di ovviare alle variabilità nel tempo delle politiche di pricing dei cloud provider, legate al volume dei dati che attraversano i loro data center”. Ma non è solo una questione di costi: “L’Edge Computing – prosegue Mainetti – permette anche di affrontare con una modalità diverse e con maggiore maturità temi che oggi pongono importanti sfide, come, per esempio, la latenza e la sicurezza”.

Un altro dato interessante che Mainetti mette sul tavolo è questo: “Il 14% delle grandi imprese del nostro panel aveva già progetti attivi di Edge Computing prima dell’avvento del Covid. Le PMI erano e sono rimaste in una situazione di stallo. In prospettiva, però, c’è che quando parliamo di Edge Computing entriamo in temi come l’Industry 4.0 e lo smart manufacturing, che toccano il ventre economico del nostro Paese, in buona parte manifatturiero. Aziende in grado di muoversi su scenari internazionali, esportare e produrre valore”. E che quindi potrebbero recuperare presto il tempo perduto.

Edge computing giusto per il contesto appropriato

Chi non l’ha già perso in passato sono le aziende come quelle invitate alla tavola rotonda. “Non è un caso – sottolinea Patrizia Fabbri – che la maggioranza siano aziende attive nel comparto dell’energia. Realtà, quindi, che devono gestire infrastrutture molto ramificate e complesse, e che devono affrontare sfide cruciali come, per esempio, quello della transizione energetica. Non meraviglia, neanche che ci sia un’importante azienda di grande distribuzione come Esselunga che, pur operando in un settore completamente diverso, deve affrontare anch’essa problemi complessi su ampia scala”.

Aziende, quindi, che con l’Edge Computing hanno già iniziato a cimentarsi da tempo. Come Eni. “Nel nostro gruppo – racconta Gabriele Provana, Head of Infrastructure Operations & Delivery, Direzione Digital & IT, Eni – abbiamo realizzato già da tempo progetti vicini all’Edge Computing, come sistemi che raccolgono dati in real-time da sensori inseriti nei processi continui dei petrolchimici, o degli impianti produttivi situati nell’Artico e nei deserti, li elaborano con un’intelligenza locale per poi inviare i dati giusti da gestire centralmente. Abbiamo anche altri tipi di realizzazioni in diverse contesti”. Alla parola contesto Provana attribuisce un valore molto importante: “Con maggiori capacità di elaborazione locale e maggiori interoperabilità è possibile, sulla base delle specificità di un contesto, realizzare use case di Edge Computing che arrivano a gestire processi completi”.

Intelligent edge apertura
Dall’alto a sinistra verso destra: Claudio Farina, Executive Vice President Digital Transformation & Technology Snam, Francesca Vergara Caffarelli, CIO Esselunga, Fabio Veronese, Head of Infrastructure & Networks Digital Hub Enel, Gianmatteo Manghi, Direttore Commerciale Cisco Italia, Patrizia Fabbri, Direttore di ZeroUno-Digital360, Gabriele Provana, Head of Infrastructure Operations & Delivery, Direzione Digital & IT Eni, Stefano Mainetti, direttore scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, Maurizio Salvaderi, Managing Director Accenture Technology

Cloud e virtualizzazione delle reti sono indispensabili

Un’altra azienda già attiva sul tema dell’Edge Computing, a livello di progetti ambizioni, è Enel. La sua esperienza dimostra la complementarietà fra Intelligent Edge e Cloud. “Secondo noi la Cloud Evolution è qualcosa da cui non si può prescindere”, spiega Fabio Veronese, Head of Infrastructure & Networks Digital Hub. “Tre anni fa abbiamo completato il programma Cloud Only e siamo ad arrivati ad automatizzare al 70-80% il provisioning delle risorse IT. Internamente ora stiamo valutando l’utilizzo di tecnologie serverless, perché siamo convinti che non basti più essere in cloud, ma occorra anche avere applicazioni cloud-native. Il passo successivo di questo percorso sarà rendere ‘cloud’ tutte le nostre reti. Se da una parte le reti hanno permesso di costruire il cloud, dall’altra sono ancora molto legacy, bare metal, asset fisici, poco virtuali. Dal momento che esistono diversi tipi di connessioni (dirette, Adsl, ‘over the air’ con SIM e così via) se si ha una visione legata al supporto fisico non si riesce a virtualizzare i servizi dal punto di vista delle esigenze. Bisogna superare la separazione fra il control panel con cui i responsabili delle reti controllano queste ultime e gli user panel o data panel [che sono legati alle esigenze di business, ndr]. Se un ufficio periferico ha tre tipi di connessioni fisiche diverse, non deve essere l’utente a doversi preoccupare di scegliere quale usare; deve essere la rete stessa a deciderlo. E questo sistema può essere gestito centralmente ricorrendo al Software Defined Networking (SDN). Andare verso l’Edge – conclude Veronese – il tutto implementando nell’edge le metodologie e tutto ciò che di buono si fa nel cloud. Se si implementa l’Edge Computing solo per avvicinare la capacità elaborativa allo use case locale, rischiamo di ricadere in quell’incubo che si chiamava client-server. Per virtualizzare bisogna standardizzare: un conto è virtualizzare le connessioni nelle sedi Enel, che sono qualche migliaio, un altro è farlo sulle più di 400mila cabine secondarie che abbiamo in Italia”.

L’Intelligent Edge abbatte le barriere fra IT e OT

Questo percorso verso l’Intelligent Edge non è avulso da sfide che non sono solo di tipo economico, ma sono legate a obiettivi etici e sociali molto importanti, come quelli green. “Il fatto che siano arrivate a livelli di maturazioni abbastanza simili tecnologie cloud, di Intelligence Edge, di digitalizzazione e tecnologie che permetteranno un’accelerazione della transizione energetica, costituisce un parallelismo che ci suggerisce che i due mondi [IT e OT ndr] dovranno procedere di pari passo”, sostiene Claudio Farina, Executive Vice President Digital Transformation & Technology, Snam. “In questa visione Snam è un po’ un prototipo. Noi desideriamo che tutto sia sempre più smart, meno bare metal, e sempre più basato sui dati e sul digitale. Siamo convinti che la tecnologia Intelligent Edge sarà quella che farà convergere davvero l’IT e l’OT (Operational Technology). Solo grazie alla capacità di calcolo, di storage e di reazione locale che caratterizzano l’Edge Computing sarà possibile far rispettare anche nel mondo dell’infrastruttura e dell’architettura ICT la gerarchia naturale che per ovvi vincoli fisici, c’è sempre stata nelle reti fisiche. Senza uno strato di Intelligent Edge sarebbe molto complicato portare le tecnologie cloud su reti distribuite come quelle di Snam, che ha 30 mila chilometri di rete in Italia e alcune migliaia all’estero da monitorare. Penso che l’Edge sia un passo fondamentale non solo per Snam, ma per tutte le aziende che hanno infrastrutture di rete molto distribuite”.

Edge Computing e 5G per la omnicanalità

Infrastrutture di rete molto distribuite (che poi significa supporto ad applicazioni remote che possono girare solo in ambito solo locale oppure dover interagire con data center centralizzati) le hanno anche le aziende retail. “Da anni – spiega Francesca Vergara Caffarelli, CIO Esselunga – l’azienda utilizza processi che sfruttano la digitalizzazione avanzata a livello di punto vendita. Dall’inizio dell’emergenza Covid sono risultati molti utili servizi che permettono di evitare il contatto ravvicinato delle persone come il Presto Spesa [che grazie all’autolettura dei prezzi dei prodotti acquistati permette di evitare il passaggio alle casse e di pagare la spesa ad appositi totem, ndr], il Locker [uno spazio del negozio dove i clienti possono venire a ritirare la spesa effettuata da remoto, ndr] o l’e-commerce. Ma non dimentichiamo che oggi Esselunga non è solo retail ma anche una food company. Di conseguenza utilizziamo molto le tecnologie digitali anche nei nostri centri di produzione e di logistica. Questi use case, comunque, sono prevalentemente ancora gestibili con software e infrastrutture in buona parte tradizionale e collaudate. Dove vedo più l’esigenza di adottare modelli di Edge Computing è nell’ambito della omnicanalità. Che per me significa uniformare e migliorare l’esperienza del cliente sia quando acquista online sia quando visita i punti vendita fisici. Il primo obiettivo è riuscire a portare i vantaggi dell’esperienza digitale nel negozio fisico e il secondo è quello di replicare i benefici dell’esperienza fisica in quella digitale. Questo realmente richiede dei cambiamenti nelle architetture e nelle applicazioni. Per il primo obiettivo credo che il maggiore contributo possa arrivare dall’Edge Computing, con l’impiego sempre maggiore delle tecnologie di intelligenza artificiale; per il secondo dal 5G”. “Il 5G – commenta più tardi Mainetti – ha il vantaggio di supportare la tecnologia MEC, che consente di portare funzionalità di computing, con veri e propri server, vicini alle antenne 5G”. Una feature impossibile, anche per motivi di velocità di connessione, con il 4G e le tecnologie radiomobile precedenti.

Attenzione alla trappola del POC non scalabile

Gli esempi di prospettive di impiego dell’Intelligent Edge appena lette rendono chiari quali livelli di benefici di business può apportare l’Edge Computing, ben integrato con i cloud pubblici e con i data center centrali delle aziende. Ma come tutte le tecnologie di frontiera richiede di essere affrontata con le metodologie, gli strumenti, gli skill e gli investimenti giusti.

A livello metodologico, un aspetto da non sottovalutare è l’elaborazione di use case che non si dimostrano validi sono nel momento del Proof of Concept (POC), ma anche quando sono implementati su larga scala.

La scalabilità, l’interoperabilità e l’automazione sono, fra gli ingredienti più importanti di un progetto di Intelligent Edge, fra i principali per garantire risultati in termini di Return on Investment (ROI) e di sicurezza. “Nel realizzare Intelligent Edge è importante che le risorse siano Zero Touch Provisioning, Zero Touch Deployment e con capacità di Policy Enforcement”, spiega Gianmatteo Manghi, Direttore Commerciale Cisco Italia. Inoltre, dato che si prevede la connessione di un numero crescente di nodi locali, a loro volta collegati a una quantità sempre maggiore di sensori o attuatori, è importante pensare a un’architettura che preveda diversi livelli di concentrazione delle attività elaborative. “Questo – continua il manager di Cisco – perché consente di diminuire la latenza negli scambi di dati ma anche perché non tutti i dati devono essere trasportati in rete. Questo approccio consente sia di ridurre i costi IT sia di abilitare servizi che migliorano gli indicatori di performance di business e quindi la top line”.

Manghi, infine, sostiene che, sia poiché l’Edge Computing è destinato a utilizzare idee, competenze e tecnologie molto eterogenee e in continuo sviluppo, sia poiché bisogna tenere presente il contesto di business in cui è implementato, “è necessario ricercare la massima collaborazione fra diversi attori, dare molto importanza all’ecosistema. Uno dei motivi per cui esiste il Cloud Innovation Center di Accenture, a cui Cisco contribuisce, è rendere possibile proprio questa collaborazione”.

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