La gestione IT non può prescindere dal cloud. Anzi dai servizi cloud che le grandi aziende usano in gran numero in ottica di IT Ibrido, in affiancamento con quelli gestiti nel proprio data center. Al Discover di Madrid, HPE ha presentato con OneSphere l’ultima incarnazione della famosa genelogia di soluzioni di gestione integrata dei sistemi (OpenView, OneView) pensata per l’automazione in ambienti complessi. “Con OneSphere diventa possibile mappare e gestire in maniera modulare e integrata i flussi di lavoro che coinvolgono i servizi di cloud pubblico – spiega Ric Lewis, Senior Vice President and GM del Software-Defined and Cloud Group di HPE –.
Una soluzione adatta a qualsiasi tipo di carico, infrastrutture multicloud, on premise ed esterne. È inoltre la prima ad essere offerta in modalità as-a-service”. OneSphere non richiede alcuna installazione diversa dal collegamento (protetto) con i sistemi; sfrutta servizi basati su container e un sistema di orchestrazione. Gli strumenti che mette a disposizione promettono di rendere veloce il deploy delle nuove applicazioni e di servizi su cloud pubblico, privato, risorse locali in ottica SDI (software defined infrastructure). In particolare permette di automatizzare il deploy di cloud privati con la piattaforma modulare HPE Synergy. Connesso a un sistema di macchine virtuali, inserite credenziali e parametri di costo dei cloud utilizzati (Lewis cita espressamente AWS e Azure) il tool HPE è in grado di mappare in un catalogo i servizi disponibili per permetterne la gestione da portale self service.
“OneSphere valorizza i server virtuali già esistenti, eliminando le discontinuità di gestione tra i servizi erogati on premise e in cloud pubblico”, precisa Lewis. Secondo il manager, il nuovo tool aiuterebbe l’IT a mitigare le frizioni tra sviluppatori e LOB generate dall’evasione dei ticket. “Da una parte, grazie alla comodità dei servizi in self service, dall’altra, alla visibilità che viene data ai livelli di servizio e ai costi”. Le viste di OneSphere permetterebbero infatti di valutare i costi dei servizi interni o esterni per reparto, progetto, provider, ambiente di sistema e così via. “Permette di fare drill down per capire cosa ha determinato eventuali sforamenti. Gli stessi strumenti consentono di evidenziare le risorse sottoutilizzate da togliere per ridurre i costi oppure riutilizzare”.
Il data center aziendale diventa pay-per-use
Altra novità del Discovery è HPE GreenLake, l’ultimo grido in fatto di servizi IT “pay-per-use” che di fatto punta ad assimilare la gestione economica dell’on premise con quella dei servizi di cloud pubblico. Anna Piczuk, Senior Vice President and GM di HPE Pointnext (l’organizzazione creata per semplificare ambienti IT orientati al modello ibrido), spiega che GreenLake mette a frutto sette anni d’esperienza sulle infrastrutture as-a-service e investimenti, tra i quali l’acquisizione nel febbraio scorso di Cloud Cruiser. “Abbiamo l’esperienza e gli strumenti per offrire l’IT as-a-service allo stesso costo del public cloud”, vanta la manager. Almeno nelle realtà sufficientemente grandi, GeenLake promette di assolvere in modalità pay-per-use compiti IT che – per esigenze di compliance di legge, riservatezza dei dati o alto motivo – le aziende preferiscono gestire al proprio interno. GreenLake nasce come famiglia di servizi di cui HPE Pointnext ha già rilasciato tre opzioni. GreenLake Backup, “con la quale i clienti hanno capacità di backup gestito on premise, pagate in base ai dati che copiano mensimente”, spiega Piczuk. Ci sono poi Greenlake Database, “che mette a disposizione la piattaforma open PostgressSQL” e GreenLake Flex Capacity “per avere in pay-per-use e con metriche comprensibili le componenti modulari Flex Capacity, completate da soluzioni pacchettizzate dei partner e del canale”.
Rob Brothers, Vice President di IDC, presente durante la preview di GreenLake, conferma l’interesse delle imprese per servizi “sotto il proprio controllo, ma pagati a consumo”, come alternativa al cloud. In un sondaggio preliminare di IDC su figure aziendali CxO di cui non sono stati forniti dettagli sul campione, il 53% ha dichiarato di aver considerato di riportare su fornitori tradizionali d’infrastruttura i progetti di cui è stato fatto il deploy presso cloud provider. A fronte di un 60% di CFO che dichiara interesse per l’IT a consumo, il 57% ha risposto affermativamente alla domanda “se la mancanza del pay-per-use abbia causato in passato l’abbandono di un fornitore”. Secondo l’analista IDC, oltre a risolvere problemi di sovranità sui dati e di conversione Capex-Opex, GreenLake consente di decidere in modo più granulare il livello di controllo e di rischio nel delegare all’esterno la gestione dei servizi IT. “Nel portafoglio GrenLake entrano anche le soluzioni dei partner per big data o SAP Hana – precisa Piczuk -. Rispetto ad altre formule a consumo, su GreenLake conta ciò che esce dai sistemi. Cloud Cruiser è lo strumento che calcola l’uso delle risorse dandone visibilità al cliente”.
HPE ha sviluppato casi d’uso significativi. Come Siemens che usa GreenLake Flex Capacity per le proprie esigenze di high performance computing. Altro caso è quello dei supermercati Dansk nei Paesi scandinavi che usano GreenLake Flex Capacity per gestire gli inventari: circa un petabyte di dati a settimana, in continua crescita. “I clienti ci chiedono capacità di data mobility e data orchestration – precisa Piczuk -. Stiamo lavorando con i partner per estendere le soluzioni a consumo a tutta l’infrastruttura IT e le nostre capacità di consulenza. Il portafoglio di soluzioni GreenLake è destinato a crescere”.