I benefici del cloud, e in particolare del SaaS, stanno progressivamente conquistando il contact center. I dati a nostra disposizione lo dimostrano in modo inequivocabile: a fronte dei $3,48 miliardi del 2020, il mercato delle soluzioni di contact center as-a-service (CCaaS) è previsto in forte crescita, con un CAGR addirittura del 15,7% tra il 2021 e il 2029 (fonte: Grand View Research). La crescita sostenuta di questo mercato riflette la centralità della Customer Experience (CX) nei modelli di business contemporanei, laddove un’ottima gestione del cliente – di per sé sempre più esigente – rappresenta il fondamento del vantaggio competitivo. Non solo: il cloud abilita una trasformazione pervasiva dei modelli di erogazione del servizio, permettendo di creare contact center omnichannel capaci di accompagnare il cliente lungo tutto il percorso di contatto con il brand (customer journey), a prescindere dai canali impiegati e dalla complessità del percorso stesso. Senza contare, aspetto tutt’altro che secondario, la perfetta integrazione del cloud con i nuovi modelli di lavoro, basati su paradigmi sempre più agili e diffusi: nell’ultimo anno anche i contact center hanno adottato lo smart working e hanno dovuto fronteggiare le sfide di sicurezza, agilità e produttività insite nel modello, trovando nel cloud un alleato affidabile e flessibile.
Cloud e flessibilità operativa, a beneficio del business e dell’IT
È proprio in ambito di flessibilità operativa che il cloud garantisce i benefici più brillanti. La scalabilità della piattaforma è la caratteristica più evidente e riconosciuta di una soluzione CCaaS, che in questo modo è in grado di adattarsi facilmente alle esigenze operative delle aziende (picchi compresi) senza bisogno di investimenti in hardware e competenze, ma ce ne sono altre che sono parimenti determinanti ma meno appariscenti.
Per approfondire il discorso e disegnare una panoramica del mercato abbiamo interpellato Marco Tommasucci, Key Account Manager Finance di ComApp (Gruppo Present), system integrator italiano che può vantare esperienza ed expertise specifica nell’ambito della progettazione, realizzazione, sviluppo e manutenzione di sistemi di Omnichannel Contact Center. “Oltre alla scalabilità nel contesto IT, c’è anche una forte componente di utilizzo che riguarda il business. Nel modello classico, quando si ha esigenza di abilitare più persone per un breve lasso di tempo [una promozione, un evento… ndr], non si può far altro che acquistare più licenze, che non sempre vengono sfruttate. Con il cloud, grazie ai modelli pay-as-you-go e on-demand, si possono abilitare nuovi utenti pagando solo la differenza di tempo o di risorse in più. Per non parlare del time-to-market, che viene estremamente accelerato: nel classico modello on-premise il business deve accordarsi con l’IT e poi acquistare le licenze extra dal vendor, il che significa avviare complesse procedure di procurement per asset che magari sono utili per circostanze e tempi ristretti. Con il cloud, l’intervento dell’IT è marginale, e il business ottiene ciò che vuole con tempi e costi ottimizzati”.
Tornando all’IT, le soluzioni CCaaS rendono poi superflue le tradizionali finestre operative che sono sempre state indispensabili per aggiornare i sistemi, implementare nuove funzionalità e applicare le patch. Il CCaaS introduce come caratteristica architetturale il continuous deployment, che fa sì che nuove funzionalità entrino in produzione senza che – di fatto – l’utente se ne accorga. Non esiste più la finestra operativa e gli SLA sono monitorati e pubblici: anche questo si riflette sulla flessibilità operativa, poiché riduce fortemente il time-to-market in tutte le circostanze in cui il contact center richiede nuove soluzioni e funzionalità per massimizzare la sua efficacia. Infine, le soluzioni CCaaS abilitano sempre la valorizzazione dei dati, e si può arrivare ad un’elevata granularità e ad una reportistica estremamente dettagliata, che aiuta l’azienda ad essere più efficiente e, soprattutto, a comprendere ciò che sta realmente accadendo nel contesto del contact center. Per quanto ciò possa apparire paradossale (il contact center è la definizione tangibile di attività data-driven), ben poche strutture hanno piena visibilità su tutti i processi ed eventuali sacche di inefficienza, fondamentali per ottimizzare le performance dell’intera struttura.
La sopravvivenza dell’on-premise e i limiti di compliance
Tra benefici e rischi, l’ago della bilancia del cloud pende sempre dalla parte dei benefici. Eppure, chi vive quotidianamente questo mercato non può che rilevare la presenza ancora marcata di sistemi on-premise. “Il cloud è certamente il futuro – aggiunge Tommasucci – e tutti i Customer Service Manager si stanno orientando verso soluzioni CCaaS, ma non c’è dubbio che ancora molte strutture siano vincolate all’on-premise. Di fatto, dipende molto dagli investimenti già fatti: le realtà più grandi, quelle che gestiscono migliaia di operatori, puntano a passare al cloud in maniera molto graduale. Anche perché l’approccio corretto non è quello di erogare lo stesso servizio attraverso un’infrastruttura diversa, scalabile, distribuita e gestita, ma approfittare del cambiamento per rinnovare i processi, la attività e gli strumenti. È un passo importante che va seguito e governato con cura, perché si tratta di passare da un modello fondato sulla personalizzazione totale delle applicazioni (on-prem, ndr) a uno in cui l’azienda attinge a ciò che il mercato gli offre in quanto risultato di un processo di continuo perfezionamento”. Le aziende, in altri termini, riducono con il cloud le pretese di estrema customizzazione accogliendo soluzioni più standardizzate, ma al tempo stesso ottimizzate in funzione di ciò di cui il mercato ha realmente necessità. Chiaramente, spiega ComApp, chi vuole investire ora sul contact center, sta avviando un progetto nuovo o ha un sistema non adeguato a gestire le esigenze di CX, punta direttamente sul cloud.
L’integrazione non è più un limite del SaaS, bensì al massimo un punto di forza, mentre una certa resistenza la sta esercitando il tema della compliance, che ovviamente dipende molto dall’industry di riferimento: “Soprattutto in ambiti come il finance, prima di adottare una soluzione cloud si dà molta attenzione ai temi relativi al trattamento del dato, alla storicizzazione, registrazione e valorizzazione dello stesso, per cui se devo rilevare un fattore che rallenta l’adozione del cloud, è senza dubbio la parte normativa. D’altronde, è anche vero che qualche anno fa si discuteva della stessa cosa a proposito dei CRM, che oggi sono in cloud, per cui il passaggio è inevitabile”.
CCaaS e il valore della consulenza
Nell’articolato percorso di modernizzazione del contact center, le aziende hanno sì bisogno del cloud, ma soprattutto di consulenza. Ciò che va fatto, ci spiega Tommasucci, è approfittare del cloud per trasformare il contact center in modo profondo, facendo perno sull’esperienza di chi conosce il mercato e ne segue le continue evoluzioni. Il rischio del cloud è proprio questo: le piattaforme CCaaS recepiscono gli input del mercato ed evolvono (continuous deployment) con una rapidità impressionante rispetto alla staticità dei modelli precedenti. Gli aggiornamenti vanno recepiti e sfruttati al massimo, il che significa adeguare processi, risorse, cambiare il modo in cui il servizio viene erogato: solo con un affiancamento professionale si è in grado di recepire al meglio le repentine evoluzioni del mercato e di adeguarsi di conseguenza. Per questo ComApp unisce un animo tecnico, che deriva dall’essere system integrator da sempre, con una competenza specialistica nel segmento dei contact center, che invece permette di erogare servizi consulenziali tailor-made in funzione delle esigenze dei clienti. Il tutto, rigorosamente supportato da soluzioni CCaaS all’avanguardia.