Analisi

Ma è proprio vero che il Cloud privato assicura l’efficienza energetica al data center?

Non tutti sono d’accordo ma, in generale, la risposta è: sì. Ecco come, attraverso la deduplica dei dati e la sostituzione dei vecchi sistemi di server e storage con apparati di nuova generazione, si può utilizzare meglio lo spazio del CED e ridurre la bolletta della luce.

Pubblicato il 06 Apr 2012

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Poiché sempre più aziende virtualizzano il datacenter, in molti si domandano se creare un Cloud privato comporti anche una maggiore efficienza energetica.

Secondo Neil MacDonald, vice presidente di Gartner, più della metà dei carichi di lavoro dei datacenter sarà virtualizzata entro la fine del 2012, fornendo la base per le funzionalità di cloud privato utili per ridurre i costi e aumentare l’efficienza energetica all’interno dei CED.

Tuttavia, l’indagine Data Centre Decisions 2011, presentata di recente da TechTarget, ha rilevato che il 57% degli utenti europei non utilizza o non intende utilizzare i cloud privati nel corso dei prossimi 12 mesi.

Sono molte le offerte di infrastrutture per realizzare questo tipo di ambienti – vSphere di VMware, Microsoft HyperV e System Center e i nuovi prodotti pre-confezionati come Dell Vstart 200 – che promettono di assicurare alta efficienza energetica ai datacenter, ma sarà proprio vero?

L’IT si veste di verde

La virtualizzazione viene utilizzata per ridurre in modo significativo il consumo di energia negli ambienti di calcolo aziendali.
Secondo Rich Lechner, vice presidente per l’energia e l’ambiente in IBM, “il consumo di energia nei data center sta crescendo 12 volte più velocemente rispetto al consumo energetico di tutto il mondo”.

Una metrica chiave per la razionalizzazione dei CED è il Power Usage Effectiveness (PUE). Un PUE di valore pari a 1 (tutta l’energia consumata viene utilizzata per fini computazionali) è perfetto. Secondo Bill Weihl, esperto di energia di Google Green, un PUE di 2 è considerato positivo per l’industria, ma Google ha deciso di attestarsi su un PUE di 1,2, attraverso la costruzione in proprio di server e data center, che è poi uno dei suoi vantaggi competitivi. Tuttavia, non va dimenticato che un PUE di 1,2 significa che il 16,7% dell’energia viene utilizzata per scopi diversi dal calcolo, ovvero in gran parte sprecata.

Il GreenLight Project, attuato presso il California Institute for Telecommunications and Information Technology, sta cercando di affrontare le tematiche ambientali che si presentano nei moderni datacenter. All’interno delle sue facility, si sta creando un datacenter completo con tutti gli strumenti utili a farlo diventare un banco di prova per capire come migliorare i processi di gestione del consumo energetico. Con il fatto che la battaglia tra vendor in merito alle nuove generazioni di supercomputer si gioca proprio sull’ottimizzazione energetica, gli interessi dei produttori risultano perfettamente in linea con la ricerca di soluzioni di nuove forme di energia sostenibile all’interno dei macro ambienti di calcolo.

Portare l’intero settore verso pratiche di consumo energetico più etiche e responsabili è, quindi, la vera sfida.
La Consumer Electronics Association ha elaborato una relazione di sostenibilità che fornisce una panoramica di come i prodotti sono stati progettati per avere il minor impatto sull’ambiente. Tra i punti salienti, vi è l’impegno sulla maggiore efficienza energetica nella produzione di server, computer e workstation, attraverso l’impiego di materiali riciclati e facilmente riciclabili e grazie alla riduzione drastica dei materiali utilizzati per l’imballaggio. Accanto a questo, esistono numerose opportunità per rendere più efficiente dal punto di vista energito il modo in cui le persone utilizzano i computer. Secondo Lechner, per esempio, in media, all’interno di una società un unico set di dati viene salvato circa trenta volte su vari computer e server. I software di deduplica dei dati potrebbero ridurre questa ridondanza e aumentare l’efficienza complessiva.

Gli analisti di Gartner ritengono che una soluzione percorribile al problema sia legata alla progressiva diffusione dei cloud privati, che mirano a rafforzare l’efficienza energetica di sistemi server e storage attraverso la virtualizzazione. Queste piattaforme permettono alle aziende di proteggere i dati utilizzando una rete aziendale interna soggetta alla protezione di un firewall.

In un recente report, l’analista di Gartner David Cappuccio sostiene che i Cloud privati e l’organizzazione in pool delle risorse sono in grado di migliorare la scalabilità verticale nel datacenter e, allo stesso tempo, anche il rapporto produttività-per-kilowatt. Entro il 2018, prevede Cappuccio, i datacenter occuperanno solo il 40% dello spazio attuale perché ospiteranno quasi esclusivamente i servizi legati al core business.

Anche Sanjay Mirchandani, Chief Information e Chief Operating Officer di EMC, si dice convinto del fatto che il deployment di cloud privati sia in grado di dare una spinta notevole verso il traguardo della miglior efficienza energetica dei datacenter.

Nel 2010, EMC ha iniziato la migrazione dei dati provenienti da 47 vecchi sistemi storage Clariion su 11 nuovi array di ultima generazione della stessa famiglia. Per completare l’operazione senza interrompere le applicazioni ci sono voluti due anni ma Mirchandani sostiene che sarebbero bastate un paio di settimane per mettere online i nuovi sistemi storage “verdi” se la società avesse utilizzato un Cloud privato.

L’efficienza dei Cloud privati

L’Hillingdon Council di Londra ha optato per una piattaforma di cloud privato per il suo datacenter, con l’idea di ridurre i costi e il consumo energetico. La struttura ha realizzato un cloud privato dopo aver virtualizzato la propria infrastruttura, che contava su 180 server suddivisi tra le due sedi, riducendoli a soli 5.

Il Consiglio, in questo modo, è riuscito a ridurre le proprie emissioni di anidride carbonica di 171 tonnellate. Roger Bearpark, assistente capo dell’ICT a Hillingdon chiarisce che, oggi, il Consiglio utilizza l’80% di energia in meno e l’ambiente server consolidato ha ridotto i costi energetici di circa 94.000 sterline l’anno.
Bearpark sostiene anche che il suo cloud privato permette all’Hillingdon Council di prepararsi per l’utilizzo futuro di piattaforme di cloud pubblici come le Google Apps.

I limiti dei cloud privati

Ma non tutti gli esperti concordano sulla certezza dei benefici in tema di green IT di un cloud privato. Werner Vogels, CTO di Amazon, dice: “L’Uptime Institute stima che la maggior parte dei datacenter al mondo abbia un valore di PUE pari a 2,0. Questo significa che, per ogni watt consumato dai server, uno viene sprecato. Le aziende devono, quindi, essere superefficienti per ridurre i costi energetici e ottimizzare l’utilizzo dei private cloud e delle applicazioni che hanno in casa”.

Gartner consiglia di virtualizzare quanto più possibile le applicazioni utilizzando tecnologie di efficienza dello storage quali la deduplica dei dati e l’acquisto di server di ultima generazione, massimizzano il rapporto tra energia consumata e spazio occupato. Anche Accenture sostiene che le aziende che utilizzano cloud pubblici in ambienti multi-tenant sono in grado di ridurre il consumo energetico e le emissioni di anidride carbonica del 30% rispetto a quelle che insistono nel mantenere in casa e su sistemi vecchi le applicazioni aziendali.

La nuvola che inquina

Alcuni esperti ritengono che i benefici ambientali complessivi delle infrastrutture cloud-based siano, in ultima analisi, limitate a causa proprio della cattiva condotta dei fornitori di servizi “nella nuvola”. Mentre aziende come Microsoft, Google e Amazon hanno incorporato le energie rinnovabili nelle loro strategie di cloud, Gary Cook, analista internazionale per le materie IT di Greenpeace, ritiene i problemi di “energia sporca” stiano influendo negativamente, riducendoli in maniera sensibile, i benefici per l’ambiente e l’energia della nuvola.

“La rapida espansione a livello globale di infrastrutture di telecomunicazione e datacenter che alimentano i servizi cloud sta facendo crescere a dismisura la domanda di energia in gran parte proveniente da fonti non rinnovabili come carbone o diesel – conclude –. Questo, ovviamente, ci deve far riflettere bene prima di prendere qualsiasi decisione in proposito”.

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