Si fa presto a dire cloud. Nella sua declinazione pratica, la migrazione di applicazioni su piattaforma cloud richiede processi complessi e, nella maggior parte dei casi, si colloca in una dimensione estremamente articolata. “Ciò a cui stiamo assistendo è un ricorso sempre più frequente a soluzioni ibride che prevedono l’affiancamento di cloud privato e pubblico” spiega Alberto Filisetti, Country Manager Italia di Nutanix. “In questo quadro, l’ulteriore elemento di complessità è rappresentato dalla tendenza ad adottare soluzioni multicloud”.
A fotografare la situazione è la nuova edizione dello studio Enterprise Cloud Index (ECI), che punta a valutare i progressi delle imprese nell’adozione del cloud. Stando ai dati rilevati a livello globale, il 36% delle imprese intervistate utilizzano già soluzioni multicloud, dato che in un orizzonte di 1-3 anni potrebbe arrivare al 64%.
Un nuovo quadro dell’IT
Quello che si sta delineando a livello di infrastrutture IT è un vero “salto evolutivo” che affonda le sue radici sia nel processo di digitalizzazione che sta interessando tutti i livelli del mondo imprenditoriale, sia nei cambiamenti intervenuti in seguito alla crisi pandemica da Covid 19.
L’adozione di modalità di lavoro flessibili, letteralmente esplosa con l’emergenza sanitaria, è destinata a sedimentarsi e trasformarsi nella “nuova normalità” per lavoratori e aziende. Una percezione condivisa dal 61% degli intervistati nel rapporto ECI e confermata anche da tutti gli operatori del settore.
L’uso di piattaforme multicloud rappresenta, in questa ottica, uno strumento fondamentale per garantire l’accesso alle risorse e ai servizi indispensabili per il lavoro in remoto e in mobilità.
Il fenomeno, se si guarda all’Italia, è ancora più accentuato, con il 51% delle aziende che indica il multicloud come ambiente IT maggiormente operativo. Il dato colloca il nostro paese al terzo posto nella classifica del ECI, dietro a Brasile (54%) e Regno Unito (53%). Con prospettive ulteriori di crescita: il 69% degli intervistati ha infatti previsto un ulteriore maggior utilizzo del cloud nei prossimi tre anni.
“Le aziende Italiane hanno ben compreso i benefici del multicloud, lo conferma il fatto che il nostro paese è la capolista in termini di adozione in Europa” commenta Alberto Filisetti. “Allo stesso tempo, le aziende sono consapevoli del fatto che la gestione di ambienti complessi richiede l’uso di strumenti che consentano di garantire visibilità, protezione e controllo dell’intera infrastrutturra”.
Il nodo della mobilità delle applicazioni in un ambiente multicloud
Stando al rapporto, il 97% delle aziende italiane (il 91% a livello mondiale) negli ultimi 12 mesi ha spostato in un nuovo ambiente IT una o più applicazioni, con l’obiettivo di garantire un maggior livello di sicurezza, migliori prestazioni e un miglior controllo delle applicazioni stesse.
Uno degli aspetti più “spinosi”, quando si parla di migrazione tra cloud privato e cloud pubblico, è quello della mobilità delle applicazioni. Le criticità, in questo processo, si differenziano a seconda della strategia adottata. L’adozione di un approccio “lift and shift” consente di migrare facilmente le applicazioni, ma ha un impatto a livello di funzionamento o, quanto meno, di prestazioni.
L’alternativa è quella di modificare l’applicativo per adattarlo alla nuova piattaforma, reingegnerizzandola. Un processo, però, che richiede tempo e comporta costi non indifferenti. Lo stesso problema si pone quando ci si trova in un ambiente multicloud. Ogni cloud pubblico, infatti, ha caratteristiche diverse che possono portare a problemi di interoperabilità tra cloud pubblici diversi. “Il problema si riverbera anche su altri aspetti, dalla gestione alla sicurezza dei servizi” conferma Alberto Filisetti. “Si tratta di un aspetto che le imprese si trovano a dover gestire sempre con maggiore frequenza e che ha anche un impatto sui costi legati al processo di migrazione”.
Proprio quello dei costi è uno degli aspetti critici legati alla scelta di spostare le applicazioni su un cloud pubblico o mantenerle all’interno del cloud privato. La valutazione, secondo il Country Manager di Nutanix, dipende normalmente dalla predicibilità che caratterizza le singole applicazioni in termini di crescita nell’utilizzo e di generazione dei dati. “In linea di massima, è preferibile migrare su cloud pubblico le applicazioni la cui evoluzione è più predicibile, tenendo in casa invece quelle più difficili da monitorare” sottolinea Filisetti.
L’ultimo aspetto, sottolinea il country manager di Nutanix, è quello che riguarda la previsione di una “exit strategy” nella migrazione verso cloud. La logica, qui, poggia sull’effetto “lock in” che si verifica quando si implementano applicazioni su una determinata piattaforma cloud pubblica. In altre parole: come si può tornare indietro in caso di necessità? E quanto può costare riportarle in casa o spostarle in altro cloud?
La soluzione Nutanix: un framework unico per tutte le applicazioni
Le esigenze evidenziate nel rapporto ECI trovano un riscontro nella tendenza a creare sistemi che permettano un dialogo tra i diversi ambienti cloud, superando così i problemi di interoperabilità e facilitandone la gestione. Un approccio che è alla base della soluzione sviluppata da Nutanix, che si colloca come un framework che può essere riprodotto in qualsiasi ambiente. In pratica, le applicazioni si trovano a funzionare sempre nello stesso ambiente, che poi può essere “spostato” su cloud pubblica.
“Il risultato è che il multicloud ibrido diventa una sorta di nuvola, in cui è possibile far galleggiare le applicazioni in modo assolutamente trasparente” spiega Alberto Filisetti. “Utilizzando il nostro framework, infatti, si trovano a funzionare sempre nello stesso ambiente, indipendentemente dalla piattaforma su cui sono collocate”.
In quest’ottica, il sistema di Nutanix offre sia una semplificazione delle impostazioni (per esempio a livello di sicurezza), sia a livello di gestione. Quest’ultima, infatti, è consolidata in un’unica interfaccia di amministrazione (Prism) che permette di gestire il multicloud ibrido.
Per quanto riguarda la sicurezza, l’uso di un framework di questo tipo consente di poter duplicare le impostazioni di sicurezza senza doverne creare di nuove in ogni ambiente. Qualcosa che, oltre a garantire un notevole risparmio di tempo, riduce il rischio legato agli errori nella configurazione e un conseguente aumento del livello di sicurezza.
Sotto il profilo della gestione, l’uso di un’unica interfaccia e di strumenti di automazione centralizzati permette di amministrare le risorse con maggiore facilità. Insomma: l’approccio consente di “risolvere” la complessità del multicloud ibrido mantenendone tutti i vantaggi.
“Soluzioni come quelle che offre Nutanix permettono di integrare differenti ambienti e offrire una gestione semplificata” conclude Alberto Filisetti, che sottolinea un ulteriore vantaggio. “Sgravare le aziende dalla gestione delle infrastrutture permettere loro di concentrarsi sulle applicazioni e, di conseguenza, sulla produttività”.