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Oracle: dal Data Mesh passa la trasformazione digitale delle imprese italiane

L’Oracle Technology Summit è stato l’occasione per fare il punto sulle strategie tecnologiche della multinazionale sul mercato italiano, a pochi mesi dall’inaugurazione della Cloud Region di Milano

Pubblicato il 13 Apr 2022

Oracle Technology Summit

Cosa significa oggi digitalizzazione? Soprattutto trovare la strada giusta per convincere le imprese e le organizzazioni di tutti i settori (e dimensioni) a sposare un nuovo approccio tecnologico anche per quanto concerne i carichi mission critical, rendendo possibile beneficiare al massimo dai dati a disposizione. Può essere vista così la mission di Oracle, che nei giorni scorsi ha organizzato un evento in presenza a Milano, l’Oracle Technology Summit, che ha visto la partecipazione dei responsabili IT di clienti e i partner tecnologici.

Un appuntamento che è caduto in un momento internazionale complicato, tra le conseguenze della pandemia e la crisi russo-ucraina, ma che presenta anche prospettive favorevoli: “Complesse sfide, portate anche dagli scenari internazionali, si affiancano a eccezionali opportunità di innovazione legate ai progetti da mettere a terra nel quadro del PNRR” ha rimarcato il Country Manager e VP Technology di Oracle Italia, Alessandro Ippolito.

Oracle, per consentire a clienti e partner di cogliere al meglio queste possibilità, vuole continuare a giocare le stesse carte di questi ultimi anni: una posizione di forza nell’offerta di soluzioni IT di gestione dei dati on-premise, di cloud infrastrutturale (IaaS) e di PaaS, unita a una proposta in ottica di data platform per rispondere a ogni tipo di esigenza critica, compresa la possibilità di realizzare un cloud pubblico nel perimetro dell’infrastruttura aziendale, con i modelli Cloud @Customer e Dedicated Region.

Sul cloud, ovviamente, l’interesse è stato recentemente catalizzato dalla cloud region di Milano, inaugurata nel dicembre 2021, che mette a disposizione delle aziende italiane uno stack IT completo, dal bare metal al SaaS. La cloud region si caratterizza anche per un approccio multi-cloud, offrendo interconnessione o facile integrazione con i cloud degli altri maggiori vendor (Azure, Google Cloud, AWS e VMware).

I punti di forza del Cloud Oracle

Michele Porcu, Vice President, Business Value Services & Strategy EMEA di Oracle ha sintetizzato i punti di forza del cloud Oracle, che di recente ha ottenuto giudizi estremamente lusinghieri da parte di Gartner. “Sinora sul cloud sono andati soprattutto i workload periferici. Al contrario, on premise tendono a rimanere i carichi mission critical, la cui migrazione continua a incontrare degli ostacoli: i cloud vendor chiedono spesso una standardizzazione, modificando le app e i servizi già esistenti, con costi e tempistiche non sempre accettabili per le imprese.

Esistono poi temi di sicurezza, performance, sovranità dei dati e latenza, che spingono ancora le organizzazioni a rinviare una scelta di questo tipo”. Il cloud Oracle di seconda generazione si propone proprio di risolvere queste problematiche, garantendo al contempo efficienza e flessibilità. Per gestire qualsiasi tipo di carico, con una crescente disponibilità di soluzioni Saas: “Abbiamo lavorato a fondo su governance e gestione del cloud, grazie alla disponibilità di motori di AI e a una sicurezza built-in che garantisce la massima protezione dei dati. Inoltre, il nostro cloud è pensato in una logica di superamento di tutti i colli di bottiglia, basandosi allo stesso tempo su flessibilità e standardizzazione”.

Oracle non intende “forzare la mano” ai suoi clienti, pensando soprattutto a quelle organizzazioni di tipo enterprise che nel corso degli anni hanno effettuato importanti investimenti nell’IT legacy e non possono migrare dall’oggi al domani tutto quanto il proprio stack nel cloud pubblico. La promessa, quindi, è quella di permettere a queste realtà di trasferire nel cloud Oracle i propri software e le app accumulati nel corso del tempo, ottimizzandone costi e gestione, ma senza alcun tipo di vendor lock-in e con grandi vantaggi anche in termini di sicurezza.

Il concetto di Data Mesh

Oltre al cloud, Oracle intende mantenere la leadership rispetto al suo storico asset, quello del dato: anche in questo caso la strategia è volta a consentire di sfruttare tutte le risorse, tutte le tipologie di dati, in piena integrazione con lo ‘storico’ dei clienti, in modo da consentire sia la valorizzazione degli investimenti fatti, sia una rapida innovazione. In questo senso, già da anni Oracle non propone più (o non soltanto) il classico database relazionale. Piuttosto, la data platform di Oracle è convergente, adottando i modelli semantici più diversi in modo da garantire consistenza e coerenza, nonché per consentire di gestire tutti i tipi di carichi di lavoro e tutti gli approcci di sviluppo.

La chiave di volta è quella dell’Autonomous Database: un modello che sfrutta il potenziale dell’automazione per la gestione, la protezione, l’aggiornamento e allineamento di un universo dati sempre più ricco e complesso – in tempo reale. Un dato che, tra l’altro, è sempre più “in movimento” – da un database all’altro, da un servizio all’altro e che può essere intercettato con un approccio “data mesh”.

Si tratta di un punto cruciale nella strategia Oracle, secondo cui occorre rispettare le esigenze di gestione dei dati dei diversi dominii aziendali (per esempio i dati del finance, delle risorse umane e simili) ma anche metterli a disposizione in modo trasversale ovunque ce ne sia bisogno in azienda. Le soluzioni Oracle, come ha messo in evidenza Maria Costanzo, Senior Director Technology Software Engineering Sud-EMEA di Oracle, consentono a chiunque produca dati in un’organizzazione di fornire in tempo reale una copia univoca, “etichettata” – cioè descritta – così da definirne con esattezza contenuto e scopi, che diventa disponibile come fosse un prodotto su uno scaffale, a cui tutti possono attingere per alimentare processi, applicazioni, analisi.

Le esperienze dei clienti Oracle

Nel corso dell’evento, alcuni clienti Oracle hanno descritto concretamente come l’utilizzo del dato possa alimentare progetti di innovazione in svariati ambiti. Tra questi Mauro Giancaspro, Direttore ICT di ANAS, che ha riassunto il percorso intrapreso per la messa in sicurezza ed efficienza della rete per il trasporto gestita, che consta di 32.000 km di strade e autostrade, con 18.600 opere infrastrutturali tra cui 2.000 gallerie – ben la metà delle gallerie di tutta Europa.

“Abbiamo creato una architettura logica end-to-end per monitorare lo stato di salute delle infrastrutture, con una sperimentazione su 40 ponti che si concluderà a fine anno; è un progetto complesso che convoglia dati molto diversi – informazioni dai sensori in real time che registrano a intervalli regolari vibrazioni e rumore, dati da immagini satellitari, rilevamenti elettromagnetici etc – per tenere sotto controllo le opere, che a oggi vengono seguite con un piano di manutenzione non più solo reattiva ma predittiva e programmata, anche in base al traffico che vi insiste”.

In prospettiva, ha spiegato il manager, grazie a un sistema di “bridge management” sempre più evoluto, le infrastrutture potranno essere seguite anche con una manutenzione di tipo preventivo. Un compito affidato alle conoscenze umane e a un algoritmo ad hoc che si sta studiando con i Politecnici di Milano e Torino.

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