Una svolta epocale quella che le aziende e i rispettivi dipartimenti It si trovano a fronteggiare. Parallelamente al “business as usual”, devono rispondere allo sviluppo continuo di modelli di business e di tecnologie digitali radicalmente nuovi. Aziende che nascono da poche persone con un’idea rivoluzionaria che sfrutta i paradigmi del cloud e della mobility per offrire servizi tradizionali in modo più flessibile ed economico: si pensi a Uber, nel trasporto personalizzato con conducente, o ad Airbnb nell’hospitality. Modalità di ingaggio dei clienti alternative, basate sull’utilizzo dei social. E solo per non proseguire con un elenco infinito, l’Internet of Things (IoT), che porterà, nel giro di pochi anni, a sovvertire le modalità in cui si gestiscono i processi in settori come la logistica, le utility o l’healthcare.
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Di “Digital Business e It Transition” necessaria per poterlo abbracciare, si è parlato nel corso di un Executive Dinner di ZeroUno tenutosi a metà ottobre nella cornice di Expo 2015 e organizzato in collaborazione con il gruppo italiano Dedagroup Ict Network e Cisco Italia. Sottotitolo, “La roadmap verso l’hybrid cloud: criticità ed elementi cardine”. Per fornire uno scenario di inquadramento di tendenze a livello business, tecnologico, organizzativo e di mercato, è stato invitato Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service della School on Management del Politecnico di Milano.
Introduzione d’obbligo da parte del direttore responsabile di ZeroUno, Stefano Uberti Foppa. Dopo aver sottolineato il verificarsi di forti cambiamenti in tanti mercati (dal bancario all’assicurativo, dall’ospitalità alla musica, dai trasporti alla moda) dovuti all’avvento di società innovative che mettono sotto pressione le aziende “incumbent”, Uberti Foppa ha sostenuto che “ in un momento di trasformazione come questo non si tratta solo di aggiornare le tecnologie, ma di abbracciare paradigmi nuovi di interazione con il mercato. Per esempio, diventa sempre più necessario passare da una logica inside-out, in cui sono le aziende che cercano di definire i comportamenti d’acquisto dei consumatori, a un outside-in, in cui i clienti finali sono coinvolti nello sviluppo di nuovi prodotti e servizi. In questo scenario si può prevedere uno sviluppo sempre maggiore del one-to-one marketing. Tutto ciò – prosegue il direttore – richiede uno sforzo di innovazione continua, in grado di sfruttare, da un punto di vista tecnologico, le opportunità offerte da fenomeni come il cloud, i big data, gli analytics real-time, la mobility e l’IoT. È dunque proprio il momento di attuare quell’approccio che Gartner definisce ‘bimodale’, in cui devono convivere l’atteggiamento del maratoneta, che in questo caso significa continuare a gestire in modo coerente e innovare costantemente le infrastrutture It alla base dei processi di business tradizionali e non, e l’atteggiamento del velocista, declinabile nella capacità di intercettare e introdurre novità tecnologiche e organizzative in modo agile e veloce per restare competitivi in un contesto di trasformazione in senso digitale del business”.
Il mercato dà ragione ai sostenitori del cloud
Il cloud, come emergerà nel corso del dibattito, non è da considerarsi il paradigma da adottare a tutti i costi per tutto, ma rappresenta senz’altro il modello tecnologico di riferimento per l’It Transition verso il Digital Business. E quando si parla di cloud, ci si riferisce a tutte e tre le sue declinazioni: Private, Public, ma soprattutto Hybrid. Una tendenza confermata dai dati e dalle analisi esposti da Corso: “Quest’anno abbiamo visto una crescita degli investimenti in cloud, nelle aziende italiane, superiori perfino alle nostre aspettative. Finora quelli in Public Cloud sono aumentati del 21% e quelli nell’Hybrid del 35%. In media l’incremento complessivo di spesa in cloud si attesta intorno al 25%, per raggiungere una quota di circa 1,5 miliardi di euro. Questi dati, in realtà, non rendono abbastanza giustizia al trend che li sottende. Nelle medie e grandi aziende il cloud è una realtà con un peso superiore a quanto le analisi passate lasciavano prevedere, e nelle Pmi, nonostante un ritardo generalizzato, si è assistito a un’impennata del 70% degli investimenti. Inoltre, quest’anno – prosegue Corso – abbiamo assistito a un sorpasso del modello Software-as-a-Service (SaaS) nei confronti dell’Infrastructure-as-a-Service (IaaS). Questo significa che il cloud sta crescendo anche nelle componenti It più collegate al core business delle aziende, come gli Erp o i sistemi di Supply Chain Management”.
Il docente ha poi concluso il suo intervento con un’affermazione chiave: “L’adozione del modello Hybrid Cloud introduce nuove complessità che bilanciano i sicuri effetti positivi sul fronte di flessibilizzazione, risparmi e così via. Le complessità riguardano, ad esempio, l’integrazione: si allontana il tempo in cui si pensava che i sistemisti It non servivano più e che tutto funzionasse da sé; c’è un crescente bisogno di nuove professionalità, anche tecniche e molto specializzate, oltre a un reskilling di quelle esistenti”. Il professore della School of Management del Politecnico di Milano non ha mancato di sottolineare anche un altro aspetto, più culturale e attitudinale, del cambiamento organizzativo necessario per poter compiere con successo il passaggio all’Hybrid Cloud: “Anche il modello organizzativo deve diventare ibrido per far integrare le nuove opportunità provenienti dal mercato con i processi e le infrastrutture più tradizionali. L’approccio bimodale dovrebbe essere abbracciato non solo dalle aziende, ma da ciascuna singola persona”.
I mille punti di partenza dei progetti
Il tema dell’integrazione fra Digital Business, i processi e le infrastrutture preesistenti, soprattutto attraverso il paradigma Hybrid Cloud, è stato ripreso anche da Dedagroup Ict Network e Cisco Italia. “Negli ultimi tempi abbiamo deciso di rendere la nostra organizzazione più simile possibile a quella dei nostri clienti, proprio da un punto di vista culturale”, ha raccontato Gianni Camisa, Amministratore Delegato di Dedagroup. “Ci siamo sforzati di rendere la nostra azienda più flessibile e adattiva, mettendo a disposizione dei clienti le nostre intelligenze per sfruttare tutti i driver e le leve che possono creare valore attraverso il Digital Business, ma senza rischiare quello che è stato costruito nel passato. Il rapporto con l’It nelle aziende è profondamente cambiato. Una volta le direzioni It erano i templi della tecnologia e gli unici detentori delle conoscenze necessarie per sfruttarla. Oggi le tecnologie sono pervasive, e i progetti di Digital Business possono partire da chiunque: dal basso, per esempio da una campagna di marketing innovativa lanciata da una Line of Business, o da un’alta direzione illuminata. Le direzioni It dovrebbero sempre di più trasformarsi in hub di servizi capaci di intermediare fra l’organizzazione interna e i partner, fra quello che può essere costruito in casa e i Public Cloud, nonché fra se stesse e gli utenti, accettando quei contenziosi positivi dai qual può nascere l’innovazione”.
La pervasività dell’innovazione digitale, che porta a rendere sempre più “liquido” il rapporto fra business e realtà digitale, ha portato a cambiamenti radicali persino per un vendor storico di tecnologie per Ict come Cisco. “Fino al recente cambiamento del Ceo, avvenuto tre mesi fa – spiega Enrico Mercadante, Cloud Leader South Europe, – nella corporate avevamo un Chief Futurist che, quando identificava un nuovo trend, aveva il compito di spiegarne le future implicazioni ai colleghi. Oggi abbiamo un Chief Digitalization Officer, che riporta direttamente al Ceo e ha la responsabilità, insieme al Cio, al Cso o al capo delle strategie, di cavalcare questi nuovi trend per rivoluzionare l’azienda. Anche noi, quindi, abbiamo provato sulla nostra pelle cosa significhi diventare un’azienda digitale”. Quanto al lato più tecnologico del tema oggetto dell’Executive Dinner, Mercadante ha rimarcato che “l’Hybrid Cloud è al centro e abilitatore del Digital Business in quanto è il punto di controllo fra i Private Cloud, che continueranno ad esistere per molti processi e dati che si preferisce non portare all’esterno, e Public Cloud, che si rivelano imprescindibili quando diventa necessario processare e analizzare enormi moli di dati, come quelli, ad esempio, provenienti dall’IoT”. In conclusione, il cloud è un modello rispetto al quale “non si può tornare indietro”. L’Hybrid Cloud è l’architettura It del prossimo futuro, che – come auspica Mercadante – “deve però consentire facilità di mobility di dati, applicazioni, e consistenza delle regole di security e così via, da e fra Private e Public Cloud diverse”. Anche perché, hanno concordato tutti, non esiste un modello unico,”one size fits all” di Cloud e di Digital Business. L’importante è che le ricette e gli ingredienti siano i migliori possibili.
Dedagroup Ict Network e CiscoSi autodefinisce “Federazione delle competenze”. Questo la dice già lunga sull’organizzazione e sulla filosofia di Dedagroup Ict Network, un gruppo italiano e internazionale con sede a Trento che fornisce, in un’ottica consulenziale, progettuale, di implementazione e di gestione, soluzioni innovative e di integrazione “creativa”, compreso l’hybrid cloud con progetti ritagliati a misura del cliente. Per simboleggiare in modo efficace il proprio concetto di offerta, Dedagroup Ict Network ha coniato un neologismo: Innogration. Il gruppo vanta già una centinaio di clienti fra gli enti della Pubblica Amministrazione Centrale e le aziende di trasporto pubblico, oltre 1.200 Pubbliche Amministrazioni Locali, 250 banche in Italia e 130 all’estero, 15 assicurazioni, 1.700 aziende private e pubbliche di vari settore, 200 imprese in quello particolare della moda, oltre a numerose Università, organizzazioni Non Profit, di sport e salute. Cisco, storico e primario fornitore mondiale di tecnologie per il networking e le comunicazioni, sviluppa tecnologie utilizzate per costruire e gestire numerosi cloud privati e pubblici. Nel 2014 ha varato una propria strategia completa e aperta per l’hybrid cloud: Intercloud. Alla base prevede un framework (Fabric) che permette la portabilità in tutte le direzioni dei workload fra public cloud differenti e fra cloud privati e pubblici, mantenendo dipendenze e regole di security. Un’apposita soluzione (Application Centric Infrastructure, Aci) si preoccupa di garantire che i workload girino al meglio in tutti gli ambienti eterogenei, grazie all’automazione del provisioning delle risorse di cui hanno necessità. Intercloud è una soluzione standard-based; fra i cloud già compatibili, si segnalano Amazon Web Service, Microsoft Azure e quelli di molti partner Cisco. |