Prospettive

Osservatorio Cloud Transformation 2020: la vera sfida è ora!

Il cloud ha rappresentato una risposta efficace a molti dei problemi di operatività generati dal periodo di lockdown e successivamente nel ritorno a una nuova normalità. E infatti il mercato complessivo registra una crescita del 21% rispetto al 2019. Ma la vera sfida viene adesso: “È cruciale sfruttare questa nuova consapevolezza per costruire una visione di lungo periodo”, è il messaggio dell’Osservatorio Cloud Transformation 2020. Nelle interviste in anteprima ai Responsabili Scientifici Stefano Mainetti e Mariano Corso e al Direttore Alessandro Piva, i principali highlight emersi

Pubblicato il 14 Ott 2020

Il mercato cloud in Italia 2020. Fonte: Osservatorio Cloud Transformation 2020, Politecnico di Milano

+30% rispetto al 2019 per il mercato Public & Hybrid Cloud, con un giro d’affari complessivo di 2 miliardi di euro, con la componente SaaS che guida questo trend con un +46 e oltre 1 miliardo di euro di spesa complessiva. Il mercato Cloud in Italia nel suo complesso raggiungerà nel 2020 i 3,34 miliardi di euro, con una crescita del 21% rispetto al 2019. È questo il primo flash che ci dà Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano che, come ormai è tradizione, ZeroUno ha intervistato in anteprima, insieme ai due Responsabili Scientifici, Stefano Mainetti e Mariano Corso, alla vigilia del Convegno di presentazione dei dati dell’Osservatorio Cloud Transformation 2020.

Oss Cloud Transformation Dati 2020
Il mercato cloud in Italia 2020. Fonte: Osservatorio Cloud Transformation 2020, Politecnico di Milano

Passare da una risposta tattica alla crisi a una visione strategica

“Si tratta di numeri in totale discontinuità rispetto al passato e caratterizzati da un’esplosione di tutte quelle categorie di servizi che hanno permesso alle aziende di restare operative in fase emergenziale: gli strumenti di Collaboration, la Gestione Documentale, i software di Project Management e Agile, i portali eCommerce, l’Office Automation, la Posta Elettronica e la PEC”, specifica subito il Direttore, lanciando subito un alert: “È una risposta a necessità contingenziali, che però rischia di rimanere tale se non supportata da un’adeguata visione di lungo periodo. La sfida è proprio adesso: è necessario passare da una risposta tattica all’emergenza a una vera e propria strategia digitale basata sul cloud, promossa anche tramite i successi ottenuti durante la crisi”.

Alessandro Piva Osservatorio Cloud Transformation 2020
Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Cloud Transformation

Al dato generale, inoltre se ne affianca un altro particolarmente importante per il nostro paese dove il divario crescente tra digitalizzazione sempre più spinta delle grandi e medio-grandi imprese e il passo da lumaca delle PMI rappresenta un serio problema per lo sviluppo nazionale: “Si, esatto – conferma Piva – abbiamo infatti registrato che anche una parte delle PMI più scettiche e meno digitalizzate ha dovuto adeguarsi per non interrompere del tutto le attività, mettendo da parte i dubbi e intraprendendo iniziative cloud in tutta fretta per supportare la produttività e la collaborazione tra i dipendenti. Sono infatti proprio le PMI a registrare la dinamica più interessante con una crescita della spesa Public & Hybrid Cloud del + 39% in confronto al 2019, grazie alla quale guadagnano un punto percentuale nel mix rispetto alle grandi imprese (11% contro l’89% rappresentato da queste ultime)”. Ma l’alert sulla necessità di una visione strategica richiede un’attenzione ancora maggiore in questo caso.

Oss Cloud Transformation spesa PMI
Il mercato della spesa cloud nelle PMI. Fonte: Osservatorio Cloud Transformation 2020

Rallentamento dei grandi progetti di migrazione e innovazione

E un primo indicatore che la strada non è in discesa, viene dall’analisi più in profondità dei trend delle diverse componenti: “Se da un lato la spesa SaaS ha registrato dinamiche sorprendenti rispetto agli anni passati, i grandi progetti di migrazione così come le iniziative di innovazione digitale hanno subito un rallentamento, o addirittura un blocco, nella prima parte dell’anno a causa del lockdown per poi riprendere lentamente nella seconda parte. Questo ha determinato una decelerazione nella spesa IaaS, che ha registrato un +16% contro il +25% del 2019, e della spesa PaaS che, dopo un periodo di grande fervore, oggi si attesta a un +22% contro il +38% dell’anno precedente”, precisa Piva.

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Registra una buona dinamica il Virtual & Hosted Private Cloud (+11%) mentre la Datacenter Automation subisce un rallentamento, crescendo del +6% rispetto al 2019. Decisamente superiori le dinamiche registrate dai servizi SaaS di Collaboration e Gestione Documentale, servizi Media, Project Management e Agile, Office Automation, Posta Elettronica e PEC, Portali B2C e eCommerce, tutti sopra al +50%.

Nella sua analisi, l’Osservatorio monitora due trend evolutivi, al di là del modello di delivery, nella spesa Public & Hybrid Cloud, intelligence del dato e orchestrazione: “Per quanto riguarda l’Intelligence del dato, ovvero tutti quei servizi IaaS, PaaS e SaaS dedicati alla gestione, alla manipolazione e all’analisi dei dati, tra cui anche l’intelligenza artificiale, la crescita è del +24% rispetto al 2019 e il mercato si attesta su un valore di circa 352 milioni di euro, confermando la propria rilevanza strategica. Edge Computing & Orchestration, che comprendono i servizi e gli strumenti di interconnessione e gestione di sistemi distribuiti, hanno subito un leggero rallentamento pur registrando una buona dinamica di crescita attorno al +28% (contro il +40% evidenziato nel 2019), raggiungendo un valore di 45 milioni di euro”.

Oss Cloud Transformation intelligence del dato
Intelligence del dato, andamento del mercato 2020. Fonte: Osservatorio Cloud Transformation 2020, Politecnico di Milano

Migrazione e modernizzazione applicativa: repurchasing, la strategia più adottata

Con Stefano Mainetti andiamo quindi ad analizzare quali sono le caratteristiche del percorso tecnologico verso il cloud rilevate dall’Osservatorio 2020 e affrontiamo in primo luogo il tema della modernizzazione del patrimonio applicativo per capire qual è l’orientamento delle aziende nei confronti, da un lato, della migrazione delle applicazioni aziendali verso il cloud e, dall’altro, l’ammodernamento del parco applicativo mantenuto on-premises: “Guardando al percorso di migrazione – risponde Mainetti – laddove le applicazioni attualmente in uso siano basate su un’architettura tecnologica che non consente un facile trasferimento in cloud, la strategia di migrazione più comune è quella del Repurchasing verso soluzioni SaaS. Si tratta dell’approccio più diffuso, implementato dal 70% delle aziende per almeno un’applicazione e adottato prevalentemente per migrare applicazioni di supporto. Il secondo approccio più diffuso è il Lift & Shift dell’applicazione nel suo stato as is verso un ambiente cloud infrastrutturale, utilizzato dal 67% delle aziende per migrare almeno un’applicazione”.

Stefano Mainetti Osservatorio Cloud Transformation 2020
Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation 2020

Le dinamiche sembrano abbastanza simili anche per la modernizzazione delle applicazioni che rimangono on premises: le strategie di modernizzazione privilegiano la dismissione dell’applicazione esistente per acquistare una nuova soluzione tramite licenze in logica Repurchasing (strategia adottata per modernizzare almeno un’applicazione dal 49% del campione). Seguono strategie più complesse, come il Replatforming e il Refactoring on-premises, adottate rispettivamente dal 40% e dal 38% del campione.

“Il Repurchasing si conferma dunque la strategia maggiormente adottata sia nella migrazione al cloud sia nella modernizzazione dell’esistente”, fa presente il responsabile Scientifico che commenta: “L’emergenza sanitaria evidenzia un mercato ancora focalizzato su una prima fase di adozione del cloud, finalizzata a migrare le applicazioni con minor impatto sul business, adottando in prevalenza servizi SaaS pronti all’uso, e a integrarle in modo efficace con l’esistente. Tuttavia, seppur in modo rallentato rispetto al passato, a causa della crisi generalizzata vissuta in questo 2020, le realtà più avanzate si stanno avviando verso una seconda fase in cui poter sfruttare a pieno le potenzialità del cloud, anche ripensando le architetture con cui si sviluppano le nuove applicazioni e riprogettando le più importanti”.

Si riconferma il trend verso l’hybrid e il multi cloud

“Creare una configurazione ibrida è ormai la via privilegiata per l’evoluzione dei sistemi informativi. Il 74% delle imprese, infatti, integra i servizi IaaS, PaaS e SaaS con i sistemi interni all’azienda in un ambiente di hybrid cloud, un trend che si sta consolidando: nel 54% dei casi si tratta del risultato di una scelta strategica volta a massimizzare i benefici delle due modalità di erogazione delle tecnologie, contro il 46% in cui l’hybrid cloud è invece il risultato di scelte contingenti realizzate nel tempo”, spiega Mainetti che ricorda come ormai la media dei cloud provider attivi dichiarati dalle aziende italiane, 4, è in linea con i trend internazionali.

I freni? Il principale rimane la complessità generata da un sistema informativo di questo tipo e infatti, Mainetti evidenzia l’importanza dell’orchestrazione dove emerge un nuovo paradigma, il FinOps, legato al tema dei costi. “Il consolidamento delle strategie hybrid e multi cloud richiede di strutturarsi dal punto di vista dell’orchestrazione, trend anticipato anche dai nuovi servizi offerti dalle startup, al fine di ottenere visibilità e controllo a tutto tondo e in modo centralizzato, nonché flessibilità architetturale e tecnologica per poter usufruire degli ambienti in modo dinamico, rispondendo alle esigenze aziendali (tecniche, funzionali o economiche). Oggi, il 54% delle aziende che utilizza il cloud dichiara di aver adottato almeno uno strumento di orchestrazione”, dice Mainetti che sottolinea come al tema tecnologico si affianca la particolare rilevanza della gestione dei costi associata ai servizi cloud: “La variabilità dei costi del cloud genera una difficoltà nella loro gestione e previsione, per cui sta emergendo il paradigma FinOps, che introduce il concetto di responsabilità finanziaria in relazione al modello di spesa flessibile del cloud, ridefinendo il processo decisionale e la metodologia di pianificazione della spesa grazie alla collaborazione tra i professionisti dell’IT, del finance e del business al fine di ottimizzare la propria gestione dei costi”.

La percezione del rischio di lock in da parte delle aziende

Con Mariano Corso affrontiamo due grandi temi che animano il dibattito della cloud transformation: il timore del lock in da parte delle aziende e la trasformazione organizzativa.

Partiamo dal primo perché il rischio di lock in è stato storicamente una preoccupazione comune nelle aziende in fase di valutazione di servizi cloud: “Con il maturare delle strategie cloud nelle imprese, gli elementi di valutazione del rischio nei confronti di un’implementazione on-premises sono diventati più chiari. Nelle realtà più avanzate, il lock in ha smesso di rappresentare un freno a fronte di un suo inserimento tra le variabili da considerare all’interno di una strategia complessiva di adozione del cloud”.

Mariano Corso Osservatorio Cloud Transformation 2020
Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud Transformation

Infatti, la survey rileva che per il 64% delle imprese medio-grandi il cloud non presenta un rischio di lock in maggiore rispetto all’on-premises, ma pari o addirittura inferiore. “Ma abbiamo voluto approfondire questo tema e abbiamo ha analizzato la percezione di rischio secondo tre dimensioni: il contratto, le tecnologie e le competenze”, precisa il Responsabile scientifico che prosegue: “Partendo dagli aspetti contrattuali, si tratta di un tipo di lock in rilevato dal 56% delle imprese, a causa dell’assenza di un’exit strategy, che comporta uno sbilanciamento verso il fornitore in termini di tempi e costi di recesso e di standardizzazione delle clausole che non garantisce spazi di manovra al cliente. Per quanto riguarda la componente tecnologica, evidenziata come dimensione di lock in dal 62% delle imprese, il tema è la poca interoperabilità tra offerte di diversi provider, l’utilizzo di API proprietarie e di formati di dati non standard, che possono generare una difficoltà per il cliente nel migrare le proprie risorse presso un altro fornitore. Infine, guardando alle competenze, la specializzazione del personale sulle tecnologie di un determinato provider crea un lock in consapevole, rilevato nel 52% delle imprese, per cui l’azienda che decide di cambiare fornitore deve intraprendere un percorso di cambiamento organizzativo”.

Un nuovo modello di gestione

“La vera sfida della trasformazione, dopo una prima fase di adozione del cloud, sta nel saper costruire una visione univoca a tutti i livelli organizzativi e indirizzare un percorso di change management che accompagni le persone verso un nuovo modello di gestione”, afferma Corso, che prosegue: “Il cloud scardina un modo di operare a silos, tipico di una gestione tradizionale dell’IT, dove i diversi comparti organizzativi vivono priorità e obiettivi diversi che spesso portano alla quasi contrapposizione tra le parti e nei confronti dell’utente di business. Ma la sfida non è di poco conto perché bisogna guidare le persone verso un nuovo modello di lavoro”.

Il tema delle competenze è sempre in primo piano: “La necessità di acquisire nuove competenze relative al cloud come elemento chiave per poter affrontare un percorso di adozione e migrazione rispondendo adeguatamente alle esigenze tecniche e di business”.

Si tratta di un portafoglio di competenze ampio e complesso, per cui le aziende applicano sinergicamente diverse strategie: la partnership con fornitori e consulenti specializzati (52% dei casi), il potenziamento delle competenze interne alla Direzione IT tramite corsi di formazione (44%) e l’assunzione di figure dedicate (21%).

La trasformazione verso nuove modalità di lavoro non può ovviamente prescindere dall’adozione di metodologie come Agile e DevOps e la Ricerca 2020 evidenzia una significativa crescita dell’adozione di metodologie DevOps, utilizzate dal 48% del campione (contro il 36% registrato nel 2019), di cui un 13% che le utilizza come standard per tutti i progetti, un altro 12% che le introduce come standard solo sulle nuove progettualità e un ulteriore 23% che le adotta almeno in maniera sporadica e puntuale su alcune iniziative. “Ma nonostante il trend positivo, le imprese evidenziano ancora diversi ostacoli da superare: innanzitutto le resistenze organizzative e le complessità tecnologiche, ovvero la mancanza di competenze, seguite dagli oneri di adozione della metodologia e degli strumenti a essa associati in termini di tempi e costi, la difficoltà ad affrontare il cambiamento culturale, l’obsolescenza del legacy aziendale e la rigidità organizzativa”.

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