Introdurre la Business Intelligence in un’azienda significa fornire al management aziendale un prezioso supporto decisionale finalizzato all’ottimizzazione dei processi intesa nel più ampio senso possibile del termine. È una trasformazione radicale, si diventa una data driven company, ovvero una realtà che sceglie di farsi guidare in modo intelligente dai numeri e dai dati, di fatto accettando di compiere dei cambiamenti anche coraggiosi al proprio interno dal punto di vista economico e finanziario ma che possono arrivare ad impattare anche sulla gestione delle risorse umane e sulla valorizzazione del brand. “L’ottimizzazione dei processi attraverso strumenti di Business Intelligence è una scelta che restituisce valore ed è applicabile a qualsiasi organizzazione. È fondamentale per i decision maker, per impostare una strategia che li conduca a una crescita o a un sicuro mantenimento del proprio business, certezza di questi tempi molto preziosa” spiega Luca Franzese, CTO di eNetworks, società di consulenza di servizi di tecnologia informatica e sviluppo software, che accompagna le aziende nell’adozione di una logica data driven che le pervada interamente.
Indicatori e KPI in aiuto ai decision maker
L’impatto più evidente dell’utilizzo di strumenti di Business Intelligence è quello sul fronte economico. Per ottimizzare i processi valorizzando i dati, spesso già nelle mani delle imprese, “il presupposto fondamentale è l’avere una conoscenza approfondita delle attività, non solo di amministrazione e produzione ma anche commerciali e legate al mercato – spiega Franzese – attraverso la Business Intelligence si inseriscono indicatori e KPI che permettono di misurare sia le performance generali che quelle delle singole persone se serve per capire quando il processo di cui si occupano è corretto e porta ai risultati aspettati”. Così si è in grado di fornire ai decision makers tutte le informazioni necessarie per scegliere i futuri passi che l’azienda andrà a compiere costruendo una strategia che sarà finalizzata alla crescita o al mantenimento della stabilità economica conquistata. “Gli stessi strumenti – aggiunge Franzese – sono di supporto anche per la creazione di analisi predittive mirate a comprendere come potrà essere il mercato e, in funzione di quello, ottimizzare organizzazione, costi e processi di produzione. Tutti gli “affinamenti” che si realizzano a seguito del monitoraggio dei KPI permettono ad una qualsiasi organizzazione di avere un servizio o un prodotto migliore ad un prezzo corretto”.
Ottimizzazione delle risorse, anche umane
Non è scontato che accada ma l’adozione di strategie di Business Intelligence può portare anche ad una ottimizzazione dei processi di gestione delle risorse umane. “È un’ipotesi ma nemmeno molto remota – spiega Franzese – se infatti da un’analisi del mercato di riferimento emerge una nuova nicchia su cui puntare o un nuovo prodotto su cui spingere, può risultare necessario ridistribuire le persone secondo nuove priorità. In alcuni casi l’ottimizzazione non solo implica lo spostamento di risorse da un progetto ad un altro ma prevede anche l’inserimento di nuove figure, prime fra tutte, proprio in ottica di data driven company, quelle di data scientist e data analyst”.
In generale la Business Intelligence rende l’azienda molto più reattiva rispetto agli stimoli esterni e capace di compiere prontamente delle trasformazioni al proprio interno se funzionali al miglioramento della performance generale.
Prima di impattare sulla loro organizzazione, però, la Business Intelligence obbliga le risorse umane ad un cambio di mindset spingendole verso un nuovo approccio al lavoro anche nel quotidiano, totalmente focalizzato sugli obiettivi. “Con l’introduzione di indicatori e KPI, tutto gira attorno alle misurazioni effettuate e al loro significato in termini di obiettivi finali. È un forte cambiamento che deve per forza partire dai vertici: sono il CEO o il presidente o il proprietario coloro che scelgono di affidarsi ai dati e ragionare per obiettivi – precisa Franzese – il resto dell’organizzazione seguirà a cascata adottando questa nuova ottica”.
Impatto sul brand nel lungo periodo
Il valore di un approccio data driven emerge sul lungo periodo anche dal punto di vista del brand. Non c’è un rapporto diretto tra l’ottimizzazione dei processi e il miglioramento del posizionamento lato marketing e comunicazione ma, come spiega Franzese, “un’azienda che misura performance e KPI e si dimostra ben centrata sui propri obiettivi e proattiva sul mercato, diventa un punto di riferimento, quindi il brand acquista autorevolezza. È quindi indubbio che una maggior autorevolezza del brand porti anche vantaggi dal punto di vista dell’employer branding” attraendo risorse di qualità superiore. Questo è ciò che avviene in generale, quando qualsiasi organizzazione basa la propria strategia sulla misurazione e il monitoraggio dei dati, ci sono poi casi in cui proprio la Business Intelligence diventa uno strumento utile direttamente a chi si occupa di marketing suggerendo particolari campagne di comunicazione più mirate ed efficaci nel momento in cui si affronta un nuovo mercato.
Investire in Business Intelligence ai tempi del Covid
Anche in un periodo come quello attuale in cui parlare di strategia predittiva e di previsioni a lungo termine può risultare complesso, la scelta di affidarsi alla Business Intelligence è vantaggiosa perché permette di monitorare nel dettaglio tutti gli aspetti economici. “Sapere quanti soldi si ha in tasca oggi è fondamentale perché assicura il mantenimento di una certa stabilità economica in attesa di tempi migliori in cui si potrà sviluppare una programmazione di più ampio respiro” spiega Franzese che con l’approccio consulenziale di eNetworks aiuta le aziende a trasformarsi in data driven company. “Ogni organizzazione in cui interveniamo è diversa, quindi assieme ai decisori analizziamo ogni volta le problematiche più urgenti. Spesso sono quelle legate al controllo dei costi e alla sostenibilità ma possiamo prevedere delle attività di Business Intelligence anche mirate ad ottimizzare il processo di produzione, monitorandone e analizzandone ogni passaggio si possono così risolvere molti problemi che, senza l’uso dei dati, avrebbero trovato risposte meno precise ed efficaci. Un esempio è quello di un’azienda di tessuti per l’alta moda che doveva stabilire il prezzo di un suo prodotto particolarmente pregiato. Grazie alla Business Intelligence abbiamo trovato il modo di stimare in modo preciso il costo di produzione tenendo conto di tutte le complessità del processo produttivo che contemplava diversi utilizzi delle materie prime all’interno delle sue linee, trattamenti particolari e una peculiare domanda di mercato”.
Oltre a dare la “certezza di stabilità” ai tempi del Covid, le strategie di Business Intelligence possono affiancare gli imprenditori anche nell’individuazione di nuove opportunità di guadagno o di ottimizzazione di processi strettamente legate al “new normal” affermatosi con l’emergenza sanitaria. Ci sono aziende che hanno infatti saputo convertire la propria produzione per soddisfare i nuovi bisogni e ci sono aziende che hanno scoperto i vantaggi di un nuovo modo di operare, costrette ad adottarlo dalle misure di distanziamento sociale. “Proprio nei primi mesi di pandemia abbiamo introdotto strumenti di Business Intelligence in un’azienda di broker assicurativi abituati a lavorare tutti in uno stesso ufficio da cui gestivano le richieste dei propri agenti corrispondenti, per permettere loro di continuare a controllare attività e trattative altrettanto attentamente anche da remoto – racconta Franzese – grazie ad un sistema di automazione del panel con tutti i processi in corso e ad una serie di strumenti per la misurazione di indicatori e KPI delle performance di operatori, agenti e prodotti, ora il team è in grado di monitorare al 100% tutto ciò che viene fatto e si è accorto di lavorare meglio rispetto a prima. L’introduzione forzata di questi strumenti sta portando enormi vantaggi inaspettati, tanto che sono intenzionati a proseguire con altre automatizzazioni che ovviamente resteranno anche a pandemia finita”.