Il public cloud in Italia cresce ancora del 27% e raggiunge un valore di 587 milioni di euro. Questa la fotografia che emerge dall’ultimo report dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service della School of Management del Politecnico di Milano, a conferma di quanto ormai sia riconosciuto il potenziale di un paradigma tecnologico che, nelle parole di Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, “non si esaurisce con l’efficienza raggiunta mediante i singoli progetti ma si esprime al meglio nella sua capacità di abilitare un nuovo modello di It”.
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La sfida per le direzioni It è l’evoluzione verso modelli che permettano ad infrastrutture ed applicazioni di integrarsi in modo veloce e flessibile con i servizi consumati dal cloud. “Questo è un passaggio fondamentale per rispondere alle esigenze di innovazione e agilità richieste in modo mandatorio dai vertici aziendali”, osserva Mainetti. “Il percorso di cloud migration per le infrastrutture e per il parco applicativo aziendale è solo ai primi passi e c’è ancora molto lavoro da compiere, ma proprio in questi casi è stato possibile identificare una significativa trasformazione del modo di gestire l’It in impresa, grazie all’adozione di nuove politiche di sourcing, di modalità di gestione automatizzata delle operation (DevOps), di metodologie iterative (Agile) per la realizzazione di applicazioni e, in generale, di modalità di lavoro collaborative business-It. Questo è il vero beneficio profondo abilitato dall’adozione del paradigma del cloud”.
Esempi di utilizzo del Paas in Italia
Stando agli ultimi dati dell’Osservatorio, il primo ambito che ha beneficiato dell’effetto catalizzante del cloud è stato quello delle infrastrutture: il 58% delle aziende utilizza ambienti di produzione, il 61% ha sperimentato o utilizza stabilmente ambienti IaaS per sviluppo e test, il 53% adotta soluzioni di backup, il 40% di disaster recovery. Sebbene la fotografia del mercato italiano veda una netta prevalenza delle componenti Saas e Iaas (rispettivamente con il 47 ed il 42% di market share), lasciando al Paas una quota dell’11%, è su quest’ultimo fronte “che si giocherà la partita competitiva dei service provider”, afferma Mainetti; “Assisteremo alla creazione di ecosistemi di partnership tra attori della filiera appartenenti a differenti categorie con l’obiettivo ultimo di semplificare la strada delle aziende nell’integrazione di servizi cloud, da un lato, e di questi ultimi con quelli on-premise, dall’altro”.
A confermare la visione espressa da Mainetti ci sono i numeri, che mostrano come il Paas venga oggi utilizzato dalle aziende italiane (figura 1): il 44% se ne serve a supporto dei dati (database e servizi di integrazione delle fonti di dati), il 31% sotto forma di framework applicativi ossia piattaforme per l’accelerazione dello sviluppo e del rilascio delle applicazioni; il 17% come strumento di integrazione applicativa. Tutti ambiti che dimostrano concretamente come si possa esprimere al meglio l’approccio bimodale: da un lato, si continua a lavorare sulla ‘macchina operativa interna’ (magari facendola evolvere anche mediante i servizi Iaas); dall’altro lato, si accelerano i percorsi di innovazione cercando nel Paas quell’elemento di agilità e velocità che permette alle aziende di arrivare sul mercato con nuovi servizi e applicazioni.