Vento in poppa per Cloudera, vendor di soluzioni per la gestione di dati in ambienti cloud. L’anno fiscale 2020, che si è chiuso lo scorso mese di gennaio, ha registrato un fatturato globale di 794,2 milioni di dollari, per una crescita anno su anno del 11%. “Anche l’Europa e l’Italia – ha affermato a ZeroUno Yari Franzini, country manager dell’azienda di Palo Alto (che nel gennaio 2019 ha acquisito la concorrente Hortonworks, con un merger da 5,2 miliardi di dollari) – hanno messo a segno performance analoghe. L’Italia va particolarmente bene, con crescite a doppia cifra. Siamo ben presenti nei mercati finance, telecomunicazioni e utilities e abbiamo effettuato ingenti investimenti nell’assunzione di figure di vendita, prevendita e servizi professionali”.
Quest’estate Cloudera Italia si appresta lanciare anche sul mercato nazionale la versione Private della soluzione Cloudera Data Platform (CDP), annunciata verso la fine del 2019. “L’obiettivo della piattaforma è permettere alle aziende di operare sui dati on premise con un’esperienza analoga a quella che possono avere su un public cloud”. CDP Versione Private, insomma, rappresenta il tassello che mancava nel portfolio di Cloudera per permettere ai suoi clienti di realizzare, con le sue soluzioni, un ambiente cloud ibrido di big data management, analytics e Artificial Intelligence (AI), in grado di espandersi fra il data center e il public cloud in modo aperto, fluido, performante, self service e sicuro.
Focus sulla sicurezza
“La sicurezza – interviene Franzini – per noi è un punto estremamente importante. Nel nostro concetto di piattaforma in grado di abbracciare fino all’AI (dove i dati vengono dati in pasto a sistemi di machine learning e analytics) – è fondamentale mantenere i dati protetti. A tal fine abbiamo creato un layer (strato) chiamato SDX (Shared Data Experience) che ha come missione il mantenimento di regole di sicurezza e di governance dei dati nonostante i loro movimenti fra ambienti ibridi e multi cloud”.
In quanto piattaforma hybrid cloud e multi cloud – come già accennato – CDP può essere usata per creare la parte private cloud di un ecosistema di big data management, analytics e AI. “On premise – spiega Franzini – ci appoggiamo agli ambienti infrastrutturali containerizzati dei nostri clienti, sfruttando la flessibilità per offrire una public cloud experience”.
Il riferimento alle tecnologie container ci richiama alla mente il tema dell’interoperabilità e quindi del supporto agli standard, che è uno dei cardini e degli obiettivi del modello open source. Un tema che è sempre stato molto caro a Cloudera fin dalla fondazione, nel 2008, da parte di ingegneri provenienti da varie aziende e specializzati nell’utilizzo della tecnologia open source Apache Hadoop. Ma lo stesso discorso valeva anche per Hortonworks. “L’utilizzo della tecnologia open source – sottolinea Franzini – è quello che ci permette di promettere ai nostri clienti di non trascinarli mai in ipotetici lock-in nei nostri confronti. Inoltre è ciò che ci permette di proporre soluzioni flessibili e aperte nei confronti di qualsiasi formato di dati: un aspetto imprescindibile dato che dall’edge non si può mai sapere quali tipi di dati possono provenire, per dover essere analizzati e forniti ad algoritmi di ML per produrre risultati in real time. Per le aziende, oggi, essere in grado di ottenere analisi e informazioni operative in real time è fondamentale per essere competitive, personalizzare i prodotti e i servizi per i propri clienti o prevenire frodi o problemi di sicurezza prima che si trasformino in problemi più gravi”.
Sempre nell’ottica della flessibilità e dell’apertura, Cloudera ha da tempo avviato collaborazioni con i maggiori cloud pubblici e vari vendor, fra le più vivaci delle quali, in questo periodo, quelle con Microsoft Azure e con Red Hat-Ibm.