Prima che le nuvole portino tempesta…

Pubblicato il 31 Mag 2012

Era dai tempi antichi di Aristofane che le nuvole non si riuscivano a scrollare di dosso l’immagine simbolo di ragionamento impalpabile e basato su argomentazioni tanto sottili quanto inconsistenti. Oggi, con uno strabiliante “colpo di teatro”, le nuvole paiono al contrario essere diventate solidissime fondamenta su cui edificare tanto ragionamenti ed analisi quanto interi data center materiali. Effetti del martellante marketing IT certo, ma anche verità oggettiva: mai come in questi anni la smaterializzazione del lavoro e dei suoi strumenti stanno cambiando radicalmente l’immagine stessa dell’azienda nel nostro immaginario.

Nuvole rapide

Un esempio interessante di quanto il cloud computing sia lo specchio di un passaggio ben più complesso di quanto possa apparire l’ho trovato in un recente editoriale pubblicato sull’edizione italiana del MIT Technology Review.
Red Bank è una minuscola cittadina degli Stati Uniti che nel giro di poco tempo s’è ritrovata con due-tremila abitanti in più (sugli undicimila di partenza), oltre 300 studi legali e più di 100 società d’investimento. Il motivo sta in tre lettere: HFT, High Frequency Trading. Dal 2010 si stima che il 70% delle transazioni sui mercati americani non vengano più effettuate da operatori umani ma da specifici algoritmi automatici (algos, robots) in grado di prendere decisioni in linea ed in tempo reale su cosa vendere ed acquistare. Di più, secondo Nomura, il mercato dei titoli di Stato è pressoché controllato da questi robots e non più da operatori umani. Ma perché proprio a Red Bank? Cos’ha di così speciale un micro paese sperduto negli States? Nel momento in cui ad operare non sono più gli uomini ma le macchine, la scala di riferimento dei tempi passa dai minuti e dai secondi ai millesimi di secondo e anche meno. E a quelle scale temporali, ad esempio anche il tempo di latenza rappresenta non più un battito di ciglia durante una chiacchierata ma una intollerabile perdita di tempo. Così, una volta scoperto che nei vicini ed anonimi capannoni del New Jersey stazionano le gigantesche server farm del NYSE o del NASDAQ, pur di minimizzare i tempi di comunicazione (!) è partita la caccia al luogo geograficamente più vicino dove posizionare i propri server; in questo caso Red Bank. Certo che se pensiamo che da noi basta uscire dalle grandi città per non avere nemmeno la fibra ottica non c’è proprio di che stare sereni…

Organizzazioni iperliquide

Minimizzazione spinta dei tempi di comunicazione, algoritmi non più strumenti esecutori di ordini ma generatori di tattiche operative codificate in strategie sempre più sofisticate (a quando un organigramma misto umani-algortimi?), nuove tecnologie social a supporto del telelavoro: senza troppa fantasia è facile immaginare che il prossimo passo sarà trasferire l’intera azienda sul cloud. E fuori dai confini italiani la fantasia è già diventata realtà.

Sono più di 10 anni che un vecchio compagno di studi ha lasciato l’Italia per trasferirsi in Inghilterra e proprio lui mi ha portato un esempio concretissimo di cosa succede quando immaginazione, iniziativa e nuove tecnologie vanno a braccetto. L’azienda per cui lavora, leader nel settore dei servizi informatici per il mercato oil&gas, da più di due anni non ha più né una sede fisica né un data center proprietario. Di più: tutti i dipendenti lavorano comodamente da casa propria, vedendosi di tanto in tanto in un ufficio affittato per l’occasione. Costi in discesa, produttività in aumento, flessibilità ai massimi livelli, continuità di servizio garantita, resilienza virtualmente infinita (in uno scenario del genere business continuity e disaster recovery appaiono quasi un sottoprodotto naturale, garantito by design). E stiamo parlando di una società che eroga complessi servizi business critical in tutto il mondo.

E in Italia? Anche ignorando gli oggettivi ritardi infrastrutturali, il punto è che il dibattito sul cloud è ancora sostanzialmente fermo alle roadmap e alle disquisizioni tecnologiche: senza una visione sistemica, senza una reale disponibilità a ridisegnare profondamente le aziende e i processi in un’ottica immateriale si rischia solo di arrivare a modelli oramai largamente superati dai fatti. Sapremo per una volta cambiare passo prima di renderci conto di essere fuori tempo massimo o staremo incantati a guardare le nuvole mutarsi da candide rotondità in ostili messaggere di tempesta? Staremo a vedere. Di sicuro se il tessuto delle PMI riuscisse a cogliere la palla al balzo ci ritroveremmo con un grande potenziale sistemico basato su un’infrastruttura tecnologica le cui potenzialità sono ancora tutte da esplorare…

* Simone Bosetti è ICT Manager di RBM Salute

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