Il modello private cloud consiste nell’usufruire di pool di risorse virtuali da parte di determinati utenti, cioè servirsi di servizi erogati in un ambiente distinto e sicuro che è accessibile da una sola organizzazione e non dal pubblico in generale come accade per il public cloud.
Private cloud cos’è e perché è utile
Come accade in generale per il cloud computing, i private cloud garantiscono capacità di elaborazione quale servizio all’interno di un ambiente virtualizzato, sfruttando un insieme di risorse fisiche.
Che cos’è private cloud dunque? Si tratta di una parte di cloud “isolata” a uso esclusivo di una certa azienda. Sono servizi erogati da sistemi dedicati e gestiti da coloro che effettivamente li utilizzano.
Questa opportunità nasce dall’esigenza di rispondere a una serie di necessità aziendali. Premesso che in qualsiasi dipartimento IT si devono assicurare le attività standard, spesso legacy, ma allo stesso tempo si vuole fare innovazione si deve riuscire a conciliare il tutto, società del calibro di Gartner a questo proposito indicano delle difficoltà. Proprio Gartner ha coniato il concetto di Bimodal IT osservando che bisogna far collaborare due metodi diversi di agire, prendendo a esempio la corsa, i sistemi core solitamente procedono come maratoneti, gli innovativi come sprinter. In questo senso il ruolo del private cloud è quello di offrire risorse fisiche aggiuntive di elaborazione, facendole lavorare in un ambiente pre esistente in piena sicurezza.
Proprio la security è, tra l’altro, un elemento che contraddistingue questa soluzione, la sicurezza aggiuntiva garantita dal cloud protetto rappresenta la soluzione ideale per tutte quelle realtà che svolgono attività sensibili e vogliono avere pieno controllo sull’infrastruttura.
Private vs public ecco alcune variabili da considerare
La distinzione tra private cloud e public cloud rappresenta in fondo lo scontro ideale tra conservatori e innovatori, con tutte le sfumature e le eccezioni del caso. Ecco alcune riflessioni da considerare per risolvere il dilemma public vs private. Per private cloud si intende avere presso un outsourcer (o addirittura in casa) delle tecnologie, che in termini di stabilità e di flessibilità siano paragonabili al public cloud. Si tratta per lo più di applicare tecnologie mature, come i classici hypervisor (virtual machine monitor), i gestori dello storage (software-defined storage) e del networking.
Il public cloud al contrario promette scalabilità, tempi di provisioning e livello di servizio altissimi. Il public cloud va oltre l’infrastruttura, mette a disposizione anche servizi come IoT, Artificial Intelligence, Database gestiti, Big Data, strumenti per gli sviluppatori, integrazione tra applicazioni, content management system, blockchain, di solito usati secondo una logica a consumo.
Un confronto di migrazione della sola componente infrastrutturale tra private e public, soprattutto per sistemi come SAP che hanno un dimensionamento statico delle risorse, quasi sempre porterà a preferire la prima in termini economici.
Un altro tema importante da valutare quando si pensa public vs private è quello legato alla security, soprattutto in tempi di GDPR. I principali provider di servizi cloud, mettono a disposizione livelli di sicurezza molto elevati, di solito ereditati da leggi e regolamenti americani. Oltre alla sicurezza fisica dei loro data center, però, scaricano ogni responsabilità sul cliente o sul partner che compra il servizio, a fronte di un cattivo utilizzo dei loro strumenti. Gli outsourcer invece dovrebbero introdurre maggiore sicurezza by default, e di solito non lasciano al cliente accesso ai loro strumenti di security (quali ad esempio un firewall). In entrambi i casi per il principio di accountability del GDPR, in caso di contenzioso, sarà piuttosto improbabile coinvolgere il provider o l’outsourcer. La sicurezza sul cloud in fondo è un falso problema: esistono tutti gli strumenti per proteggere i propri dati e il proprio business.