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Pure Storage: l’It diventa ingegneria per gestire i dati in real-time

Una panoramica sulle ultime tendenze dell’information management, in uno scenario tecnologico che punta alle applicazioni ibride, all’open source e all’obsolescenza dello storage tiering

Pubblicato il 18 Set 2019

foto di alfredo nulli pure storage ai Digital360 Awards 2019

Considerati come semplice substrato tecnologico, e spesa economica, necessario per supportare l’operatività aziendale, i sistemi informativi sono ormai orientati a una nuova visione e considerazione. Abbandonato il ruolo prettamente strumentale, oggi l’IT si avvicina all’ingegneria che abilita la vera innovazione di prodotto e dei modelli di business. Durante i Digital360 Awards 2019, Alfredo Nulli, Emea Office of CTO di Pure Storage, tra i maggiori fornitori di soluzioni all-flash per l’era cloud, racconta i motivi che spingono alla rivisitazione e alla rivalutazione dell’Information Technology, passando in rassegna i trend più significativi nella gestione dei dati.

L’open source per ingegnerizzare ecosistemi flessibili

concept di Alfredo Nulli
Alfredo Nulli, Emea Office of CTO di Pure Storage, durante i Digital Awards 2019

Il discorso si apre con alcune considerazioni sull’allineamento dell’IT alle nuove necessità aziendali, per cui servono tecnologie open source al fine di ingegnerizzare sistemi flessibili.

“Le organizzazioni – osserva Nulli – stanno adottando un modello sempre più focalizzato sul concetto di prodotto, che richiede un IT diverso: non basato su silos, ma integrato e interoperabile così da garantire la massima libertà di scelta delle risorse utilizzate. In questo contesto, i vendor devono offrire soluzioni aperte by design e non contribuire alla costruzione di ecosistemi chiusi”.

Una visione di questo tipo implica un’altra caratterizzazione fondamentale: il dato diventa il prodotto fondamentale di un’azienda e va correttamente gestito, con una precisa conoscenza della sua ownership (appartiene a un’applicazione, all’infrastruttura o a una linea di business?), ma anche adeguatamente protetto.

Cloud e IT tradizionale: verso la convergenza dei modelli

Il cloud può rispondere alle moderne esigenze di Information management in termini di agilità e performance, ma deve essere approcciato con consapevolezza e ponderazione, senza essere considerato la soluzione vincente a priori, bistrattando tout court le logiche dell’IT tradizionale.

“Come Pure Storage – prosegue Nulli – vediamo la necessaria convergenza dei due modelli: il cloud deve ereditare l’efficienza dei data center tradizionali, che invece andrebbero rivisti secondo le logiche di semplicità e controllo tipiche della nuvola”.

Partendo dall’esperienza dei grandi cloud provider, le soluzioni open source, viste come “i mattoni essenziali per la costruzione delle proprietà intellettuali”, e la conteinerizzazione saranno adottate anche nella costruzione delle architetture applicative on premise. Le principali software house già utilizzano i nuovi modelli per lo sviluppo dei propri prodotti.

Il modello ibrido si estende alle applicazioni

Il cuore della questione, secondo Nulli, è il paradigma hybrid, che non va applicato all’architettura IT nell’insieme ma concerne proprio la struttura stessa delle applicazioni: “Troppo spesso – sostiene il CTO – la strategia ibrida invece si riduce nello spostare in cloud un certo numero di applicazioni, mantenendone altre in casa”.

Se le architetture seguono le medesime logiche di implementazione e le applicazioni poggiano sulle stesse risorse elementari, è chiaro che le conoscenze, gli strumenti e le metodologie per costruire un’infrastruttura sulla nuvola o in locale risulteranno identiche.

Nella visione prospettata da Nulli, l’Infrastructure-as-a-service rappresenterà semplicemente un altro piano di implementazione nonché il naturale punto di approdo del percorso evolutivo iniziato con i server fisici passando attraverso la virtualizzazione. Le soluzioni Saas saranno invece il motore propulsore della nuova concezione ibrida.

La vera sfida è capire come sfruttare i dati

Portando al centro della questione il data management, se le architetture coincidono, il punto non è dove si archiviano le informazioni, ma piuttosto quali dati memorizzare e come sfruttarli per estrarre il massimo valore.

In questo contesto, come precisa Nulli, si assiste all’obsolescenza del modello di tiering (l’utilizzo di soluzioni di storage diverse per costi e performance a seconda della tipologia e della criticità dei dati da gestire). Se il focus si sposta sull’utilizzo e sulla monetizzazione delle informazioni, è necessario potere accedere a tutti i dati in ogni istante, da piùapplicazioni, in momenti diversi e con modalità a volte super-parallele. Si richiede quindi la piena disponibilità a qualsiasi informazione sempre e ovunque.

“I dati – dichiara Nulli – devono diventare ‘prontissimi’ per un utilizzo in tempo reale o quantomeno pronti, ma non vanno lasciati a riposo. Spendere dei soldi per gestire dati freddi è decisamente poco smart. In questo caso, il cloud potrebbe servire come punto di atterraggio per le operazioni di mera archiviazione. Chiaramente i costi di gestione del patrimonio informativo aumenteranno, ma proprio perché i dati sono l’unica risorsa aziendale destinata ad aumentare sempre. Nessuna organizzazione si prende il rischio di cancellare le informazioni”.

Da qui l’importanza dello storage che dovrà fare fronte alle future richieste di Information governance, in un contesto economico dove il dato rappresenterà sempre di più la vera benzina per la crescita del business.

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